Il tentativo di Bersani di formare un governo, con scelte anche coraggiose, sembra scontrarsi con un clima d’isteria generale amplificato dall’informazione. Eppure anche questo tentativo, potrebbe essere l’occasione per fare del bene alla nostra società e per far ripartire quel rinnovamento della politica nei suoi soggetti e nelle sue idee. Ci vorrebbe più calma, consapevolezza e responsabilità.
Mentre scrivo questa breve analisi della situazione politica italiana, è ancora in corso il tentativo conferito a Bersani di formare il governo.
Si tratta di un tentativo coraggioso e da farsi per garantire al paese, in questa difficile congiuntura, di uscire dallo stallo in cui si trova e di evitare ricadute rovinose come quella che nel novembre 2011, porto’ alla caduta di Berlusconi e all’avvento a palazzo Chigi di Mario Monti.
In questi giorni, si sono sentiti, visti e letti, anche in questo sito, molti commenti, spesso appassionati, il dibattito è quanto mai accesso, infuocato. Eppure, proprio la gravità del momento imporrebbe un po’ di pazienza, calma e se è possibile qualche saggezza.
Un mio professore del liceo, quando le cose rischiavano d’ingarbugliarsi, era solito dire: “Calma e gesso”, io non potro’ che dire calma e computer.
Intanto si avverte intorno a Bersani un clima di eccessiva angoscia, quasi fossimo al redde rationem della politica in Italia. In realtà il mandato conferito, sia pure non pieno, costituisce, a prescindere dal suo esito, un’occasione importante per la politica italiana per chiarire, ruoli e scopi e anche per rinnovarsi.
Cosa voglio dire?
Che occorrerebbe capire la vecchiezza di certe formule politichesi che, figlie della prima repubblica, oggi appaiono francamente anacronistiche. A fronte di una situazione certamente seria se non drammatica. Più che cercare formule e contenitori politici, occorrerebbe cercare contenuti e risposte idonee, cosa che nella politica degli annunci, che ha caratterizzato i venti anni della seconda repubblica, è sempre mancata. Parlare di governissimi, governi di solidarietà (Berlusconi ha creato una variante lessicale: il governo di concordia nazionale), governo a geometrie variabili, governo balneare, governo tecnico, governo di scopo, si sono finanche evocate “le convergenze parallele” che coniate da Moro oggi vengono riproposte con soggetti nuovi, ovvero il PD e M5S.
La realtà politica e numerica dice che il paese è ingovernabile e quindi occorre semplicemente un governo che metta mano alla legge elettorale, quindi a regole comuni e condivise possibilmente da tutti, dia un segnale di inizio sintonia della politica con la società, abbassando significativamente i costi della politica e sblocchi con un nuovo cuneo fiscale o attraverso la restituzione alle imprese dei soldi di cui sono creditori verso lo Stato e gli enti pubblici sbloccando il patto di stabilità, per la qualcosa sembra che l’Europa abbia dato il suo via libera, al punto che finanche l’uscente ministro dell’economia Grilli sembra si sia impegnato anche in risposta alle pressanti richieste di Squinzi presidente della Confindustria.
Come diceva Lincoln il bello del futuro è che viene un giorno alla volta e per le altre nobili e giuste questioni tra cui: La legge anticorruzione, l’ineleggibilità dei candidati e quant’altro si vedrà dopo l’approvazione di questi primi provvedimenti e l’elezione, ormai prossima, del nuovo Capo di Stato.
Se non si vedrà, allora vuol dire che si torna alle urne ma, almeno con una legge che consenta la governabilità chiunque sia il vincitore.
Sarebbe bene che come ulteriore segnale di discontinuità con il nulla degli ultimi venti anni, che questo governo vedesse coinvolti, anche con una funzione di garanzia e per avviare tutta la macchina istituzionale, inclusa la formazione delle diverse commissioni parlamentari, gli M5S, i quali, potrebbero giocare un ruolo essenziale nel rinnovamento della politica italiana. La quale sembra ingarbugliarsi sempre di più in polemiche, scontri e rancori, senza dare ascolto a quelle parole di tenerezza e concordia che il nuovo Papa raccomanda agli uomini e quindi alle istituzioni, ai partiti e ai movimenti che da uomini sono composti.
Non è ironia. Effettivamente in una fase cosi difficile l’errore peggiore puo’ essere manifestare contro i giudici violando il palazzo di giustizia, incitare da un blog alla non cooperazione, porre dei diktat ai partiti e alle loro leadership e potrei andare avanti. Come detto: “Calma e gesso”.
Bersani fa le consultazioni e propone, poi si discuta di quello, perché è fin troppo evidente che il PD, il PDL , M5S, Scelta Civica e Lega Nord, siano forze troppo diverse fra loro per poter immaginare una lunga e cordiale convivenza. Ma i tre punti proposti da petizioni popolari, finanche venute da quella società civile che si sente non rappresentata da decine di anni, oltre che da esponenti politici di diverso orientamento, sono proposte sostenibili in coscienza dalla gran parte del parlamento.
Ecco si potrebbe coniare, ma non ne sentiamo il bisogno, un’altra formula: “Governo parlamentare”. Lo fa Bersani? Bene, lo fa Rodotà? Bene ancora, lo fa la Cancellieri? Bene comunque. Tanto la questione non è di formule o di nomi, la questione è di uscire dalle presunzioni, sedersi al tavolo e concordare, magari con l’ausilio di Napolitano, i contenuti di tre o quattro punti. Poi se ci si è preso gusto meglio; si continuerà a fare qualche essenziale riforma, altrimenti si scioglie il più giovane parlamento italiano, si va alle urne augurandosi che il prossimo sarà ancora più rinnovato.
Anche per questo credo che a Bersani convenga non fare il passo più lungo della gamba, di evitare progetti troppo ambiziosi in una fase in cui i numeri e la fluidità politica e i limiti imposti da Napolitano non consentono di più.
Quando dicevo che questa crisi è un’occasione importante che richiede mettersi al servizio del paese e non isterie e delegittimazioni come negli ultimi venti anni, l’ho detto pensando che la destra potrebbe finalmente cercare di uscire dal suo arroccamento berlusconiano e dare spazio a visioni nuove. Paradossalmente il sacrificio dei futuristi di Fini che furono la speranza di creare una destra nuova, moderna, europea e non populista,potrebbe riaprire le porte ad un dibattito che esca dall’assillo da badanti di preservare il vecchio cavaliere, dal quale risulta vano attendersi un sussulto di amore per un’ideale che ha vissuto sempre e comunque come solo alibi dei suoi interessi, per riprendere quel filo delle primarie spezzato proprio dall’egoismo berlusconiano.
Non ha torto il PD quando dice che altrove la famosa grossa coalizione sarebbe stata possibile ma in Italia manca il presupposto. Senza voler ripetere quanto è noto, si puo’ seriamente fare una grossa coalizione Berlusconi/Bersani? Quale sarebbe il segnale di cambiamento con il nulla degli ultimi venti anni?
Trovo finanche sconcertante che chi si propone come antisistema e innovatore, come Grillo, possa proporlo seriamente e non solo per tatticismo da politicante, è proprio vero che i sogni muoiono all’alba.
Rispetto al PD va detto che anche in quell’area, occorre, ma l’idea sembra farsi strada, malgrado le resistenze locali e nazionali della vecchia nomenclatura, occorre un processo di rinnovamento. Senza ipocrisie, il rinnovamento non consiste solo nel mettere dei giovani in posti chiave, per cui prendo Speranza e lo faccio fare il capogruppo alla Camera. Il rinnovamento significa che oltre alla sostituzione avviata con fatica della vecchia leadership, occorrono anche idee nuove, il superamento di vecchie logiche basate su destra/sinistra. Capire che essere moderati non significa essere conservatori. E che oggi sono obbiettivamente forze conservatrice alcune che un tempo erano considerate rivoluzionarie.
Significa immaginare un rapporto diverso tra cittadini e politica, andare oltre gli schieramenti, nel rispetto di diverse culture e sensibilità, siano esse riformiste, progressiste o conservatrici e liberali. Il tema per esempio proposto anche nel nostro sito di una diversa considerazione del consumo, prima che diventare un cavallo da battaglia di Grillo è stato un tema trattato da quella che si dice sinistra. Patrignani in un suo bel libro: “Diversamente ricchi” l’ha proposto e ne abbiamo parlato. Ma prima di lui e con lui altri economisti. Prossimamente parleremo di “La trappola”, un’interessante libro di Andrea Ventura dell’Università di Firenze che ci riporta sul tema, che naturalmente è stato trattato anche dai mostri sacri dell’economia d’oltreoceano ed anche da sociologi come, ad esempio, Touraine.
Tutto questo per dire come la parte più viva della politica non resta imbalsamante nei suoi preconcetti, ma cerca una visione nuova e davvero rivoluzionaria ad esempio sul tema della modernità. Un tema cui abbiamo dedicato anche il nostro ultimo mensile.
Mi appare ovvio che a prescindere dall’esito di Bersani, il PD, ma direi il centrosinistra, deve voltare pagina, cosa del resto detta, con grande realismo, dallo stesso attuale segretario.
Il PD deve uscire dai suoi rancori interni, dalle sue estenuanti lotte. Bisognerebbe finirla ad esempio, con l’ipocrisia che Renzi è una risorsa del partito, anche perché queste cose, mi ricordano le cose peggiori del PCI, che quando voleva liberarsi di “compagni scomodi” usava questo lessico per poi tenerli in perenne stand by fino a quanto decotti potevano uscire di scena.
Al di là del vetusto politichese, Renzi è il futuro del centrosinistra e prima potrà entrare nella scena politica nazionale e meglio sarà per tutta la politica italiana.
Oltre alla fine delle delegittimazioni un’altra cosa che i cittadini si attendono è la fine o almeno la riduzione della sfrondata ipocrisia dilagante nell’attuale mondo politico. La fine di un modus procedendi bizantino che ha ucciso ogni entusiasmo italico verso l’impegno e la partecipazione. Essere più leali dentro e fuori dei partiti. Essere onesti non solo nei comportamenti con la cosa pubblica e con la sua gestione, ma anche con la propria coscienza. Evitando questi cattivi vezzi che si fondano solo sule vanità personali.
Idealismo? Forse si ma è un’altra cosa che il paese chiede: un ritorno alle idee e alle idealità. Se è vero che bisogna chiudere con le caste e i privilegi, tanto che c’è chi come me chiede azioni radicali come l’abolizione dei titoli di studio e degli ordini professionali, ancora di più, bisogna guardare ad una politica a servizio della società. I modelli non mancano e certo non vanno scimmiottati ma come non apprezzare, il rapporto leggero e partecipe, vissuto senza stress che c’è nelle società nord europee tra cittadini e istiutuzioni politiche?
E’ chiaro che si misurano in politica idee diverse, ma la democrazia richiede arte nel confronto e nessuno puo’ sottrarsi senza assumersene la responsabilità. E’ vero che la crisi delle ideologie ha portato a dei partiti in cui fossero presenti anime e sensibilità diverse, ma proprio queste diversità sono necessarie a creare nuove idee e/o ideologie.
In tal senso, appare un po’ schizzofrenica l’idea di Grillo di imbottigliare la liquidità del movimento da lui certificato, imponendo di non partecipare a niente, vietando finanche di frequentare i luoghi partecipati da Satana (ovvero i partiti), peraltro poi luoghi frequentati dallo stesso comico. La forza dirompente di un partito o movimento liquido, dovrebbe essere proprio quello di contaminare con le sue proposte il campo altrui. Naturalmente in politica si contamina e si è contaminati, e questo non significa acquistare politici, corromperli con il denaro.
In tal senso a proposito d’ipocrisie, sarebbe bello in questo periodo di redenzione pasquale che dalla destra qualcuno si alzasse e dicesse che chi compra i voti non puo’ dirigere la seconda coalizione del paese, ma deve solo andare via. Sono tutti segnali di cambiamento insiti in questa fase politica, mentre Bersani che non ha smacchiato il giaguaro, deve mettere su tre o quattro cose, per poi uscire di scena e permettere con nuove elezioni, anche a questo paese di diventare normale.
Infine, nel dibattito italiano c’è anche chi se l’è presa con il popolo. Noi avevamo sperato che il popolo desse un voto di buon senso, ed invece, sono stati premiati i populismi di Grillo e Berlusconi. Certamente è vero che venti anni di berlusconismo, con una informazione che si è adeguata ad una politica spettacolo, dove il gossip sui festini di Arcore era prevalente sulle inchieste sulla crisi economica, hanno portato ad un indebolimento della coscienza politica collettiva, ma, francamente, credo che giorno dopo giorno gli italiani si siano sentiti più poveri, inascoltati da una politica tutta chiusa nelle sue logiche di palazzo ed infine, la protesta è diventata protesta antisistema. E del resto, razionalmente, pur riconoscendo la perdita di autorevolezza del sistema dei partiti e la perdità di una cultura politica accompagnata da uno smarrimento civico siano elementi essenziali all’origine delle contraddizioni e dell’incompiutezza del nostro giovane Stato, fatico a pensare che i motivi dei mali politici italiani siano in una maggioranza di persone disoneste intellettualmente quanto non penalmente. Quasi che si trattasse di un problema etnico o di insufficienza razziale quello all’origine delle nostre difficoltà politiche.
Credo piuttosto, che le risposte risiedano nelle radici storiche del nostro paese un tema lungo e complesso su cui bisognerà tornare nell’anno del cinquecentenario de “Il principe” di Machiavelli.
Nicola Guarino