A proposito della mostra del grande fotografo italiano « Luigi Ghirri (1943-1992). Cartes et territoires » visitabile al Jeu de Paume, Concorde, fino al 2 giugno 2019.
Quante emozioni scatena una fotografia?
Quanti odori sostituisce la visione di un’immagine familiare?
Quanto senso di accoglienza può scatenare una foto vista in una città alla quale non si appartiene?
Come può la normalità essere poesia e ricerca dell’infinito?
Domande che facilmente si accendono nella testa di chi visita la mostra « Cartes et Territoires », al Jeu de Paume di Parigi, dedicata a Luigi Ghirri. Spazio che a mio avviso manca un po’ di coerenza, poiché ci si trova talvolta a leggere descrizioni di foto appena trascorse o a guardare quadri che data la posizione non si riescono veramente a collocare in una determinata serie. A parte tale personale mancanza, quello che vi sto per raccontare ha solo che di positivo, e penso sia una esperienza che possa gratificare diverse categorie di persone.
In primis gli Emiliano-Romagnoli come me, espatriati in terre più o meno lontane. Perché finalmente avrete la possibilità di ritrovare la spiaggia di Rimini dove vi siete innamorati per la prima volta, o la casa con la terrazza dove avete mangiato i tortellini a pranzo dalla nonna nonostante i 30 gradi di luglio, o il luna park dove scappavate i pomeriggi dopo scuola durante la festa patronale, o ancora il ponte che avete fatto e rifatto miliardi di volte per andare a lavoro. Colazione sull’erba vi darà lo stesso piacere che provate quando rientrate a casa in primavera, dopo un inverno a base di nuvole e pioggia costante. Ogni foto è la messa in immagine del rapporto carnale che Ghirri ha con la sua terra d’origine, quel paesaggio dell’anima legato alla sua famiglia e alla sua infanzia. Ghirri era molto legato a questa Italia che stava sparendo e proprio da qui parte la sua ricerca.
In secondo luogo gli Italiani. Perché per la prima volta negli anni Settanta, Ghirri porta l’Italia al policromatico come nessuno aveva ancora osato. E lo fa visitando durante il weekend posti vicini e lontani: dall’innevato Sasso Lungo Sudtirolese, alla vista scogli di Polignano a Mare, passando per l’anonimo ristorante bolognese, sarà impossibile non trovare un luogo in cui avete trascorso un pezzo più o meno ampio della vostra vita. Le immagini sono prive di shock cromatici, forse proprio perché è una fotografia rilassata, della domenica. Ghirri, nato geometra, si trasforma settimana per settimana in fotografo a tempo pieno. Ed è una passione che muta lentamente, senza la smania di scatti originali o di momenti catartici. Luigi mette su pellicola la normalità, come fosse un silenzioso testimone del suo tempo. Ed è lui stesso che lo afferma:
«Je m’intéresse à l’architecture éphémère, à l’univers de la province, aux objets considérés comme de mauvais goût, kitsch, mais qui, pour moi, ne l’ont jamais été, aux objets chargés de désirs, de rêves, de souvenirs collectifs […] fenêtres, miroirs, étoiles, palmiers, atlas, globes, livres, musées et êtres humains vus par l’image».
Nessuna appartenenza ad una categoria precisa, il fine ultimo dei suoi scatti è quello di sfamare la ricerca di infinito che anima ciascuno di noi. E la sfida sta proprio in questo: passeggiare fra le sue opere e far uscire l’infinito nella normalità. Di normalità ci parla anche attraverso la serie Km. 0,250, serie che prende il nome dalla lunghezza del muro dell’Ippodromo di Modena qui ritratto.
Protagonisti sono i manifesti pubblicitari dell’epoca, assieme ai loro colori un po’ sbiaditi, le politiche sociali, la cultura del momento, il pudore. Te la immagini subito la nonna che passa davanti al muro ed abbassa lo sguardo, tirando il nipotino per la mano. E sta in questo la magia di Ghirri, nel rievocare la normalità della tua famiglia, della tua nonna, di un’Italia che oggi non esiste più.
Ancora, gli abitanti del mondo. Ghirri è un uomo interessato alla cultura e ai viaggi, come dimostrano le fotografie della sua libreria, colme di vinili e di guide Touring Club. Identikit è ancora una volta una storia di quotidianità, piena di cose fatte e cose da fare, di passioni comuni: leggere, ascoltare musica, organizzare un tour. Un risvolto inedito per Ghirri, che difficilmente scattava in ambienti chiusi; inedito, eppure coerente con tutta la sua linea artistica. La sua curiosità intellettuale lo porta ad un’autobiografia fotografica, che non parla solo di lui, ma soprattutto della sua epoca: un fondamentale autoritratto figurato che ci aiuta a percepire gli ultimi anni Settanta. In più si aggiunge la serie Atlante, frutto di un’età lontana da Google Maps; qui l’amore per gli atlanti e gli oggetti comuni si mostra di nuovo, perché il viaggio, spiega lui stesso, comincia dall’immagine, dal libro.
Infine per chi vive a Parigi, spesso oggetto dei suoi scatti di vita comune. Una famiglia che scatta una foto ricordo in un museo, la fermata del bus, delle macchine bloccate nell’ingorgo all’ora di punta: Ghirri continua la sua tradizione in terre straniere e tanto amate, traslando la passione per l’Italia in strumento di analisi dei tetti parigini.
E se tutto questo non vi è bastato, tornate alle domande iniziali: perché se mai ve ne siete posti una fra le tante, è proprio grazie a questa visita che troverete la risposta.
Noemi Bilotta
Cartes et Territoires
Fino al 2 Giugno 2019 al Jeu de Paume, Parigi.
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- Per leggere l’articolo in francese di Maria G. Vitali-Volant su Altritaliani (Luigi Ghirri, le photographe de l’apparente simplicité) clicca QUI
- Per avere informazioni sulla serata che l’Istituto italiano di Cultura di Parigi dedicherà a Luigi Ghirri il prossimo 9 aprile e iscriverti clicca QUI
Luigi Ghirri – Teaser de l’exposition au Jeu de Paume, Concorde – Paris from Jeu de Paume / magazine on Vimeo.