Venezia ha già chiuso i battenti sulla settantaseiesima Mostra del cinema, ma vogliamo fare un passo indietro per andare a ricordare alcune (solo alcune) delle opere restaurate presentate al Festival. Un viaggio nei ricordi e nell’immenso patrimonio cinematografico che va restaurato, difeso e appunto ricordato. Ecco tre esempi interessantissimi di Venezia Classici restaurati 2019.
LO SCEICCO BIANCO – Regia di Federico Fellini (Italia, 1952, 86’, B/N)
Restauro: Fondazione Cineteca di Bologna nell’ambito del progetto “Fellini 100”, in collaborazione con RTI-Mediaset e Infinity
È con « Lo sceicco bianco » che Fellini esordisce alla regia. In precedenza, nel 1950, aveva collaborato con A. Lattuada alla realizzazione di « Luci del cabaret« , ma due anni dopo è pronto per il suo primo film che porterà a Venezia per la mostra del cinema. La storia de « Lo sceicco bianco » porta già in sé quasi tutto il mondo onirico di Fellini perfezionato poi nelle pellicole successive che gli valsero premi e riconoscimenti internazionali (L’Oscar per La Strada, I Vitelloni ecc.)
Wanda e Ivan vanno in viaggio di nozze a Roma dove sono attesi dai parenti di lui. Giunti all’albergo è Ivan ad avere bisogno di un po’ di riposo. Ma Wanda ne approfitta per uscire ed andare alla redazione del giornale che pubblica le storie del suo eroe preferito Lo sceicco bianco di cui è grande ammiratrice. Alla redazione, visto l’entusiasmo manifestato, le chiedono se vuole unirsi alla troupe che sta girando a Fregene alcune scene del prossimo numero. La proposta inaspettata è per Wanda solo l’inizio di una giornata memorabile. Come in un sogno sarà proprio lo sceicco bianco ad apparirgli per primo davanti ai suoi occhi, mentre dondola dall’alto di un’altalena. Le parlerà come forse non ha mai sentito da nessuno. Alla pausa del pranzo lo sceicco bianco avrà attenzioni solo per lei. La porterà su una piccola imbarcazione al largo da occhi indiscreti. Un vento teso impedirà loro di tornare a riva in tempi utili per proseguire le riprese. Ma appena questo cesserà di soffiare, per Wanda sarà come uscire dal sogno. Tornati a riva sentirà le parole ingiuriose che il regista rivolgerà allo sceicco bianco, mettendolo alla stregua di una persona qualsiasi. Il caos tra la troupe ormai si è esteso a tutti, impedendo la conclusione del lavoro. Wanda è presa da delusione profonda, non sa dove si trova, l’albergo è lontano… Passa momenti drammatici dove tenta un goffo suicidio, ma viene ricoverata all’ospedale. Ivan, per tutto il tempo della scomparsa della moglie, è travolto da un’ansia indicibile, non sa capacitarsi dove possa essere andata. I parenti chiedono di lei, lui gli risponde che non si sente bene ed ha bisogno di riposo. Il tempo passa, l’indomani c’è l’udienza dal Papa…
Ivan si sente perso, esce dall’albergo senza dire dove andrà. Viene allertata anche la polizia che si metterà sulle sue tracce ma lui saprà svincolarsi. Troverà la moglie impaurita in una stanza di un ospedale. Assieme ritorneranno all’albergo. Il film si concluderà il giorno dopo, con buona pace per tutti, in Piazza S. Pietro.
Il film, alla sua uscita, non ebbe alcun successo. Rimase accantonato per sei mesi, per poi ritornare timidamente ancora nelle sale. Quelli non erano ancora i tempi del cinema di Fellini. Poi sarà la svolta. Nel breve svolgersi di qualche anno Federico Fellini sarà il regista più osannato e non solo in Italia. Il mondo di Fellini incanterà tutti ed ogni suo nuovo film atteso come mai era accaduto prima. La fama che l’Oscar gli aveva dato lo porrà come indiscusso maestro.
MORTE DI UN BUROCRATE – Regia di Gutiérrez Alea (Cuba, 1966, 85’, B/N)
restauro: Academy of Motion Picture Arts and Sciences (Archive) e Cinemateca di Cuba
« Morte di un burocrate » del regista cubano Gutierrez Alea. Girato nel 1966 questo film è una spassosa commedia sulla grottesca macchina burocratica cubana. Girato in bianco e nero, racconta la storia dell’impossibilità di una vedova di rientrare in possesso della tessera del sindacato del marito rimasta nella tomba in cui è custodito. Senza di questa non potrà fare la richiesta per ottener la pensione che le spetta. Si farà allora aiutare dal nipote. Ma qui cominceranno i guai per lui perché passando da un ufficio all’altro, entrerà in contatto con l’imbecillità del sistema impersonata dagli impiegati agli sportelli. « Vada al numero 26, lì troverà un collega che le darà quanto chiede, mi raccomando numero 26 ». Ma nemmeno il 26 sarà l’ufficio giusto perché della pratica se ne dovrà occupare quello del 34, che poi lo manderà in un altro piano perché lì sono depositate le richieste urgenti. A questo piano troverà un altro impiegato che gli assicura che solo la conoscenza diretta di un alto funzionario gli farà ottenere la raccomandazione per ottenere il documento in tempi più veloci. L’odissea si concluderà con l’uscita di senno del nipote che tenterà di farsi giustizia inseguendo l’ennesimo impiegato che lo vorrebbe depistare nuovamente.
Gutierrez Alea, formatosi alla scuola italiana di cinematografia, in questo film ci racconta di una Cuba diversa, che pur nel suo socialismo reale, sembra non decollare. La folle e divertente cavalcata lungo le assurdità del sistema burocratico, ci dà l’occasione per riflettere anche su di noi che ci sentiamo sopraffatti dalla burocrazia. Rivedere questo film, che consiglio vivamente, non è facile, per le poche copie in circolazione. Ma gli appassionati veri sapranno come vederlo.
LA STRATEGIA DEL RAGNO di Bernardo Bertolucci (Italia, 1970, 110’, Colori)
restauro: Fondazione Cineteca di Bologna e Massimo Sordella in collaborazione con Compass Film
Un figlio che insegue le orme del padre. Porta lo stesso suo nome e cognome: Athos Magnani. Arriva a Tara paese sperduto della bassa padana, per scoprire chi fosse. Immerso tra sogno metafisico e luogo leggendario, il paese è abitato da persone che sembrano appartenere ad un’altra epoca. Sono quelle che servono ad Athos per ritrovare ciò che resta della memoria di suo padre, antifascista, ucciso da un proiettile sparatogli alle spalle non si sa ancora da chi. Di lui, a Tara, chi lo ha conosciuto ne parla ancora come di un eroe, uno di quelli che quando parlava tutti lo ascoltavano in silenzio. Ritrova tre suoi amici con i quali tenta di ricostruire la trama che portò alla morte del padre. Un po’ alla volta il mosaico si ricompone. Tra mangiate e bevute i ricordi si fanno più precisi, le verità escono a galla. Suo padre, quella sera al teatro, non era stato ucciso da un fascista come il racconto leggendario aveva trasmesso, ma da un suo compagno perché lui, Athos Magnani, li aveva traditi andando a raccontare ai carabinieri dell’attentato che volevano fare al duce, in visita lì, la sera stessa al teatro. Ma avvertiti da Athos stesso che non ci sarebbe stato nessuna bomba da lanciare verso il Duce, preferisce « punirsi » chiedendo ai suoi compagni di sparargli alle spalle inscenando un omicidio per conto dei fascisti. Scoperta la verità ad Athos non rimane che tornare a casa.
Inserito nella sezione Classici restaurati il film è uno dei due omaggi che la Mostra del cinema ha voluto offrire a Bernardo Bertolucci (l’altro è “La Commare secca”) ad alcuni anni dalla sua scomparsa. Nel film Giulio Brogi è Athos Magnani a cui Bertolucci affiancò Alida Valli, Tino Scotti ed altri per sostenere questo scenario dove i ricordi sembrano confondersi alla realtà, forse perché nessuno sa dirla. Tara, luogo dei ricordi di Bertolucci, sembra una gigantesca tela di ragno su cui le vicende si incastrano fino a fermarsi, invischiando tutti fino alla paralisi. Girato nel 1970, il film è anche un tributo a Verdi col suo Rigoletto, ma anche ad Antonio Ligabue il pittore naif che tutti, allora, consideravano matto. Da rivedere.
In chiusura di questo breve viaggio vale la pena ricordare che il Leone per la sezione CLASSICI, con il primo nudo della splendida Hedy Lamarr, è stato attribuito ad “Extase” – Estasi, il film-scandalo del 1934 scritto e diretto da Gustav Machatý, visto in serata di pre-apertura Mostra e di cui ha parlato il sito Altritaliani, per cui si rimanda a: https://altritaliani.net/venezia-76-estasi-pellicola-osee-del-1934-con-la-mitica-hedy-lamarr-in-pre-apertura/
Da Venezia Massimo Rosin