Terza puntata delle “Vacanze napoletane”, oggi pubblicate in uno dei racconti di: Tutto qui, edito dalla Graphe.it di Perugia e scritti dal nostro Nicola Guarino. Buona lettura e buon divertimento. (La Redazione)
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Sono da qualche giorno a Licola, da mia sorella che è un angelo, ma voglio ancora parlarvi di Napoli e in particolare, del mio recente soggiorno nei pressi di Santa Chiara, nel centro antico della città.
Si dice che Napoli sia svuotata, non è vero! C’è una folla di turisti che si muove lungo via Benedetto Croce, che qui risiedeva e che frequentò il mio stesso liceo, quell’Antonio Genovesi che a piazza del Gesù resiste malgrado la sua crisi di « vocazioni ». Trovandomi lì vorrei visitarlo, ma la guardiana accaldata mi dice, come lo scorso anno, che non si può entrare, che ci sono i lavori in corso. Bah! Da noi i lavori, come gli esami di Eduardo, non finiscono mai. Ringrazio e torno a casa.
Nel mio nuovo B&B, a via Giovanni Pignatelli, che parte dalla zona universitaria antica e che taglia tra la ricordata piazza del Gesù e l’altra celebre di S. Domenico Maggiore, ho l’aria condizionata, ma la calura di questa infinita estate è tale che se apro il balcone per una sigarettina, mi arriva addosso una vampata di vapore acqueo, un effetto sauna… impressionante. Si sente finanche l’odore della sauna, come se qui al quarto piano salisse una colonna di pensieri e l’odore umido del sudore delle mille e mille persone che pigramente percorrono quelle vene di strada.
Qui ho tutto, ma non resisto alla tentazione di uscire di nuovo. Raggiungo via Toledo, una volta, ai tempi del regime, via Roma, e mi avventuro su per i quartieri spagnoli, un tempo territorio proibito per chi non fosse contiguo alla malavita o nativo proprio del posto. La Speranzella, il vico Teatro Nuovo, il quartiere Montecalvario. Nomi che evocano le antiche sofferenze e le speranze spesso affidate a santi e madonne che con le loro candele e bugie illuminavano quei luoghi carichi di sofferenze, ma che esprimono anche l’eterno bisogno spesso vano dei miei concittadini.
Anche lì La città è cambiata.
Tanto folclore ad usum turisti, ovunque striscioni e maschere che evocano una Napoli da cartolina, quella più banale ma più amata dai tanti visitatori, spesso stranieri. Un adescamento ruffiano che tuttavia cattura.
In una piazzetta che si apre improvvisa tra i vicoli, due moderne strutture di ferro (statue?) rappresentano un bambino e una bambina, i veri protagonisti, da sempre, di questi labirinti. Intorno case con muri dipinti, scrostati e ridipinti mille volte e balconi aperti sempre, perché qui si soffoca, sulla vita propria e quella degli altri. I napoletani non si adattano a tutto, ma tutto si adatta ai napoletani, e così anche nei tempi degli Smart-phone e dei tablet troverete persone in canottiera fuori al balcone magari con l’i-phone in una mano e nell’altra la fune di un vecchio paniere.
La coppia che ho difronte, a mezzo metro dal mio balcone, deve essere di stranieri, perché mentre io la mattina spalanco le imposte della cucina, con il mio caffè e la sigaretta, loro mi salutano e poi frettolosamente chiudono le loro e finanche gli « scuri » per paura di essere visti. Da noi essere visti è parte irrinunciabile del teatro e se sei in pigiama o canottiera, tanto meglio.
Ritornando per via Toledo, rivedo il Don Chisciotte stilizzato e modernissimo, sul suo destriero che domina la modernissima metropolitana locale, un vero capolavoro di arte moderna. L’ennesima contraddizione che unisce modernità ad antichità, se penso che poco lontano vi è la barocca chiesa del Gesù Nuovo e difronte la gotica chiesa di Santa Chiara. In un fazzoletto sette secoli di storia e poi la Spagna, la Francia e noi.
Devo segnalarvi che tra le due ricordate piazze, che chiudono la via Croce, vi è un filare di artisti e una sequela varia e folle di Caffè, bar, pizzerie, finanche un locale dove si fanno solo frullati (ottimi) oppure un altro che fa tutto con il liquore Strega, l’italica creazione beneventana che fu di Alberti che, oltre ad aver creato questa bevanda di cui la pubblicità ricordava che: « Al primo sorso affascina, al secondo Strega » appunto, fu attore e raffinato intellettuale. Naturalmente il nome non è casuale, se è vero che un tempo il beneventano fu terra di sabba e di magie con i suoi alberi di noci dove si diceva che la notte si dessero convegno le streghe.
Ma torniamo agli artisti. Rivolgendomi ai miei competitor del lago di Garda dico: “Sì, voi avete Gardeland, siete prossimi alle Dolomiti, avete tante belle cose che ho già ricordato, ma noi abbiamo Hitokhi Ono, la piccola cantante giapponese che si accompagna festante con la fisarmonica.” Hitokhi per amore di Napoli ha lasciato il lavoro e il solenne Giappone, preferendo arrangiarsi pur di restare qui. Studia napoletano, più che italiano, e le sue canzoni sono un po’ improbabili (a dire il vero non si capisce nulla), ma lei distende la voce con entusiasmo vero dimenandosi con la fisarmonica felice all’angolo di Santa Chiara. Lo confesso Hitokhi è il mio manga, è per me un idolo.
E l’artista straniera che vi accoglie all’ingresso dell’omonimo convento, suonando alternativamente arie classiche con classici del repertorio napoletano come la gettonatissima « O’ sole mio » oppure « Palomba ‘e notte »?
E che dire dell’anziano, che tra artigiani di arte povera, che realizzano gioielli in ferro battuto o ammiccanti quadretti, all’imbocco di piazza del Gesù, canta con voce esplosiva, riproponendo le vecchie hit degli anni sessanta e settanta, da Celentano a Don Backy, da Nicola di Bari a Peppino di Capri, con un vocione che rimbalza nitida fino al l’opposto piazza S. Domenico Maggiore, inquietando anche il marchese di San Severo e la sua celebre e negromantica Cappella?
Bevendo il mio fresco frullato incrocio un altro straniero ‘storico’ che vive da tanto qui e che agita a tempo il suo grande pupo violinista che suona brani di Paganini e suonate di Beethoven con un’abilità che ci fa dubitare che vi sia celato un registratore alla base di tanta maestria con le note.
Ma la cosa più bella e forse emblematica la vedo proprio al centro della piazza S. Domenico Maggiore, cinta di caffè e che sulla destra propone il teatro « Il pozzo e il pendolo », nome che non lascia incertezze sui suoi programmi. Ebbene, al centro, appoggiato ad un palo vi è una sedia che reca sulla sua spalliera una scritta: « Cooperativa Teatro Aperto » – e poi sotto – « Chiuso per ferie ».
Ed allora ripenso all’entusiasmo di Hitokhi, ma voi sul Garda, l’avete una così?
Nicola Guarino
LINK INTERNI:
Vacanze Napoletane 1 – Un racconto di Nicola Guarino
Vacanze Napoletane 2 – Un racconto di Nicola Guarino
Vacanze Napoletane 4 – Un racconto di Nicola Guarino
(Pubblicato la prima volta nel 19 agosto 2017)