Il periodo d’esilio di Sturzo a Parigi è stato significativo non tanto per la durata (in paragone a quello inglese o americano), quanto per l’influenza determinante nel suo pensiero e nei suoi scritti: proprio sulle conferenze di Pace a Parigi dopo la prima e la seconda guerra mondiale, fu proprio lui a scrivere che l’Italia non meritava un trattamento cosi iniquo, né, la prima volta, con il debole appoggio di Lloyd George e Clemenceau, di fronte all’intransigenza di Wilson, sulle rivendicazioni nell’Adriatico (malgrado la condivisione dei celebri “14 punti”) né, la seconda, dopo lo storico discorso di De Gasperi ricco di dignità.
Dopo la seconda Guerra Mondiale, Sturzo ha ricordato nei suoi scritti gli errori successivi alla precedente Grande Guerra: i nazionalismi esasperati fino alle dittature (Primo de Rivera in Spagna, Pangalos in Grecia, Pildusky in Polonia, Horthy in Ungheria, Gomez da Costa e Carmona in Portogallo) e, oltre questi, le crisi economiche derivanti anche dal sistema delle riparazioni imposte da Parigi ai vinti le quali favorirono l’ascesa di Hitler al potere. L’ideale wilsoniano della Società delle Nazioni per regolare le controversie internazionali veniva poi meno, non solo a seguito della mancata entrata in questa proprio dei proponenti USA, ma successivamente anche per l’uscita da questa del Giappone, all’atto della creazione dello Stato del Manciukuo, ricevendo poi un ulteriore colpo alla propria credibilità con la guerra d’Etiopia, per cui Mussolini, con il suo nazionalismo, non aveva “perso tempo! » O non ne aveva perso tanto come Laval nel 1935 e più tardi Chamberlain e Daladier con Hitler, quando non furono evitate le rispettive rivendicazioni prebelliche e belliche.
Sturzo, conoscendo dunque la Francia, non meno degli altri posti vissuti (e incontrandovi Sforza e Tarchiani prima del loro comune esilio negli USA), ne ha tratto delle valutazioni sull’Italia che sono presenti nei suoi scritti. Già, per esempio, sui parlamenti francesi ed italiani, dopo la prima guerra mondiale: Nel sistema proporzionale italiano non si erano evitate crisi di governo, meno frequenti di quelle francesi dove questo sistema non era vigente e, mentre in Italia la correzione con il premio di maggioranza era poi stata fatale per il sistema democratico, in Francia il frazionamento dei partiti (anche prevalendo la borghesia dopo la scomparsa di figure come quella di Clemenceau) non era stato meno fatale nei conflitti interni che avevano preceduto il secondo conflitto mondiale. Il liberalismo, più di facciata che di sostanza aveva quindi perso nell’Italia del 1922 e nella Francia del 1940.
Liberalismo che, come ha ricordato il Presidente dell’”Istituto Luigi Sturzo” Nicola Antonetti al colloquio dell’11 giugno su “Luigi Sturzo, Francesco Luigi Ferrari e gli antifascisti in Francia” organizzato dal Direttore Fabio Gambaro all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, ha avuto come errore principale quello di rimanere elitario in tutte le sedi: da quelle intellettuali a quelle economiche, una cosa che emerse bene nei disaccordi tra Sturzo e Gaetano Mosca, cosi come verso le istituzioni quando i liberali con Giolitti, Orlando e Salandra hanno favorito nel 1923 con il premio di maggioranza (“Legge Acerbo”) la dittatura piuttosto che l’auspicata stabilità del governo.
Le descrizioni delle incompatibilità tra i partiti fascista e popolare fatte da Sturzo al loro Congresso di Torino, determinarono le pressioni di Mussolini sul Vaticano, e le sue successive dimissioni da Segretario. Un passaggio questo ampiamente analizzato in libri e poi in numerosi articoli contro il fascismo scritti nei giornali e nelle riviste all’estero durante il suo esilio. In Francia: “La Liberté en Italie” (in “La démocratie”, 1927); “Essai de sociologie”(1935), “Politique et morale” (nei “Cahiers de la nouvelle journée” e poi “Bloud & Gay”, 1938), e altri di stessa intensità pubblicate in Inghilterra e negli USA (es. “Italy and fascism”, 1926, “The international community and the right of war”, 1929, “The true life”, 1943, altri in “People and freedom” ed altri ancora riportati dal sito dell’Istituto).
Sturzo laico? Paradossalmente sì, non solo per essersi orientato più verso i socialisti che verso la destra dopo il delitto Matteotti, non solo per aver avuto lo stesso orientamento successivamente durante la guerra civile in Spagna, non solo come liberista riguardo allo sviluppo del Mezzogiorno tramite le cooperative e le imprese locali (con gli aiuti di Stato tipo IRI nella forma iniziale di questo e non con le cattedrali di colossi industriali nel deserto), infine, per non essersi iscritto alla Democrazia Cristiana al ritorno dall’esilio, e, in particolare, per tutte le sue riserve politiche sulla Chiesa e i Patti Lateranensi. A questo proposito diventa rilevante la comunanza dell’esilio a Parigi con Francesco Luigi Ferrari (capo della FUCI dal 1910 al 1913 e in linea con Sturzo al Congresso di Torino), che aveva sostenuto che il Concordato era servito al regime per attirarsi ulteriore consenso dai cattolici (Croce aveva votato al Senato contro la sua ratifica, temendo le reazioni anticlericali, e finanche l’allora Monsignore Giovanni Battista Montini aveva descritto in una lettera alla famiglia il proprio scarso entusiasmo). Francesco Malgeri, Professore de “La Sapienza”, nel colloquio ha ricordato che lo scetticismo degli esuli verso l’atteggiamento del Vaticano con il fascismo è durato anche dopo che Pio XI aveva condannanto la guerra d’Etiopia. In effetti, l’Osservatore Romano non aveva dato a questo conflitto rilievi più significativi di questa condanna. Ferrari (commemorato al colloquio da Paolo Trionfini, Professore all’Università di Parma) è deceduto nel 1933 dopo aver scritto anche sui giornali belgi (avendo vissuto pure a Lovanio e Bruxelles) numerosi altri articoli critici sui rapporti tra il Vaticano e lo Stato (anche a proposito dell’insegnamento del catechismo in tedesco nel Sud Tirolo).
Da parte francese, i Professori Jean-Dominique Durand (dell’Università di Lione 3) ed Éric Vial (dell’Università di Cergy-Pontoise) hanno opportunamente descritto al colloquio l’atmosfera in cui si sono trovati gli esuli italiani a Parigi in quel periodo: se da una parte poteva essere più facile per Sturzo interloquire e scrivere negli ambienti più liberali di Londra, dall’altra è a Parigi che poteva trovare gli ambienti cattolici di sostegno; ma anche quelli antagonisti, perdipiù con una parte di socialisti anticlericali e in un’atmosfera conflittuale tra popolari e socialisti.
Infine, come ha evidenziato Giampaolo Malgeri (Professore all’Università LUMSA di Roma), la divisione della Francia tra quella di Vichy e quella della Resistenza ha reso sì quest’ultima vincitrice della guerra, ma con il riconoscimento di De Gaulle che non è stato lineare da parte di Roosevelt e Churchill e anche perciò ha infine contribuito a irrigidirne il nazionalismo verso gli USA e l’Inghilterra.
Ma in questa sede di De Gaulle è più opportuno ricordare quanto aveva detto, abbattendo i risentimenti italo-francesi di allora, alla radio dopo la caduta di Mussolini: “Noi non esitiamo ad aggiungere che questa stretta vicinanza e in certa misura interdipendenza dei due grandi popoli, francese e italiano, restano, nella tormenta dell’umanità e malgrado tutti i rancori del presente, elementi sui quali la ragione e la speranza dell’Europa non rinunciano a posarsi”; e quanto aveva detto a Roma nel 1944: “I nostri due grandi popoli latini, il cui destino è legato da una comune eredità, guardano a un futuro di cooperazione e amicizia”. Ce lo ricorda proprio Sturzo ne “L’Italia e l’ordine internazionale”, scritto nel 1944.
Lodovico Luciolli
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EVENTO: 11 giugno 2019, Istituto italiano di Cultura di Paris – 10.30 / 13.00
Luigi Sturzo, Francesco Luigi Ferrari e gli antifascisti in Francia
La democrazia negli anni ’30 ha vissuto una tragica eclissi che ha portato alla tragedia della seconda guerra mondiale. Luigi Sturzo, Ferrari e altri esuli antifascisti hanno sollevato nei loro scritti questioni politiche legate ai tristi eventi dell’epoca: il problema della libertà come elemento vitale di ogni Stato democratico; lo sfruttamento del popolo da parte di leader autoritari; il declino della democrazia sia in termini di partecipazione dei cittadini che di valori fondamentali. La conferenza affronterà queste questioni, a partire dall’analisi del lavoro degli esuli cattolici in Francia e alla crisi della democrazia in Europa. Con la partecipazione di Nicola Antonetti, Presidente dell’Istituto Luigi Sturzo; Francesco Malgeri, Università La Sapienza, Roma; Jean-Dominique Durand, Università di Lione 3; Éric Vial, Università di Cergy-Pontoise; Giampaolo Malgeri, Università LUMSA, Roma; Paolo Trionfini, Università di Parma.
In collaborazione con l’Istituto Luigi Sturzo.