Un filo d’olio… Le lattine d’olio (e il loro imballaggio) sono un originale tassello nella storia dell’emigrazione italiana nel mondo e emblematiche del nostro ricchissimo patrimonio culturale e imprenditoriale. La collezione Guatelli di lattine d’olio d’oliva e il suo museo a Chiusanico (Imperia), un esempio dell’industria e delle tecniche italiane d’eccelenza.
L’imballaggio fa parte della nostra cultura, ne diventa un elemento importante, un’icona del nostro tempo. La storia degli imballaggi è collegata anche nel nostro paese ai cambiamenti del sistema economico. La rapidità della crescita dell’Italia, dalla fine del XIX° secolo ad oggi, ha comportato un rivoluzionamento delle economie tradizionali, dei mercati e, di conseguenza, della struttura stessa del sistema produttivo e della sua distribuzione sul territorio. È cambiato il modo di vivere, di rapportarsi con il territorio e quindi di consumare. Le distanze sono aumentate, le merci, prodotte in un luogo, vengono trasportate altrove per essere consumate, le persone vivono in un posto e lavorano in un altro. Si ridisegnano così i meccanismi di produzione, di circolazione e di consumo dei prodotti e, di conseguenza, dei loro imballaggi.
Che cos’è l’imballaggio? In sintesi è qualcosa che permette lo spostamento nel tempo e nello spazio del consumo di un bene. Ma non solo. Oltre le funzioni strettamente strutturali, l’imballaggio è un ‘mezzo’ per comunicare, per entrare in relazione con il consumatore e fornirgli tutte le informazioni necessarie alla conoscenza del prodotto che contiene.
Al volgere del Ventesimo secolo le tecniche di produzione si erano tanto sviluppate da consentire la realizzazione di contenitori in ogni forma e materiale, utili non solo a vendere il prodotto ma capaci di rispondere a nuove esigenze, a modificare la propria immagine in relazione alle condizioni socioeconomiche contingenti e all’orientamento dei diversi movimenti estetici.
L’involucro può essere definito una “ricerca di forme tridimensionali, capaci di contenere in maniera opportuna, funzionale ed estetica” un bene destinato alla vendita; ma i termini opportuno, funzionale ed estetico assumono nel corso del secolo differenti significati.
All’inizio del Novecento si chiede alla confezione di proteggere il contenuto durante il trasporto e di presentarlo all’ipotetico acquirente con un vestito elegante, che ne esalti la forma e soddisfi il desiderio visivo. La bellezza è una prerogativa assolutamente necessaria per l’involucro che, lungi dall’essere considerato entità comunicativa, viene sentito ancora come un oggetto totalmente indipendente dal contenuto: l’uno da consumare, l’altro da collezionare.
In questo senso è da “leggere” la collezione Guatelli a Chiusanico in provincia di Imperia.
In un antico frantoio del Seicento circa 6 000 lattine che contenevano olio d’oliva sono in mostra per evocare i consumi degli emigrati italiani di questo prezioso elisir del ricordo e materia prima che gli italiani consumano da sempre con cura e attenzione cosi’ come tutti i popoli “mediterranei”.
Come in uno “studiolo” di antica memoria, ritroviamo le immagini della nostra storia in un luogo costituito come teatro che concentra saperi tenendoli insieme in maniera virtuale. La lattina d’olio rappresenta il significante, l’effimero contenitore di un senso; è come la olla olearia del mondo antico, ma, meno anonima, essa veicola un messaggio, racchiude ancora un filo d’olio che ci lega al nostro passato di migranti, cosi’ come legava allora gli espatriati alle loro tradizioni e culture. Una motivazione in più per fare di questo “Museo” di cultura materiale più di una curiosità: è anche un viaggio nelle nostre abitudini e nei nostri gusti, nonché nel nostro ieri.
Questi “oggetti” sono un’eccellenza italiana che va dalla fine del XX° secolo ai giorni nostri. Da dove vengono? Da tutto il mondo perché seguirono gli emigrati italiani nelle loro erranze.
Dice Tiziana Guatelli proprietaria della omonima collezione:
“Sono sempre stata attratta, fin da bambina, dai colori e dalle immagini delle scatole in latta e questa passione ha accompagnato tutta la mia vita. Poi, dopo l’incontro con mio marito Riccardo Guatelli, erede di una delle storiche aziende produttrici di latte d’olio di Imperia, questo interesse è andato aumentando. È per questa ragione che abbiamo deciso di realizzare, nel 2006, nell’entroterra di Imperia, all’interno di un frantoio del XVII secolo il Museo della latta d’olio.
Nella nostra avventura siamo stati affiancati da molti amici che hanno voluto condividere con noi questa passione: gli eredi della famiglia Renzetti che ci hanno donato un buon numero di pezzi, la dottoressa Daniela Lauria che, coadiuvata da Antonella Tallone, ha studiato e catalogato la collezione che attualmente consta di ben 6 000 imballi.
Il prestigio della nostra raccolta sta nel fatto che si tratta dei primi “cliché” che dovevano servire come riferimento per la tiratura dell’intera produzione che costituiscono una chiara testimonianza di come, a cavallo tra Ottocento e Novecento, in Liguria, in particolare nella città di Imperia, a seguito dell’incremento della produzione dell’olio di oliva, sorsero stabilimenti che fornivano imballaggi in banda stagnata litografata per l’industria esportatrice italiana.
Le lattine di olio erano destinate sia alle famiglie, ma soprattutto agli emigrati, i quali, giunti nel nuovo paese, richiedevano questo fondamentale ingrediente della cucina italiana. Nostalgici della patria, non si accontentavano della solita latta, la volevano bella e decorata con i simboli dell’Italia.
Anche il famoso regista Premio Oscar Francis Ford Coppola, grande appassionato di storia dell’emigrazione italiana, venuto a conoscenza della nostra collezione, ne ha voluto alcuni pezzi che ha collocato in California presso la sua tenuta di Napa Valley e ogni anno sono visitati e apprezzati da moltissime persone.
Pertanto mi sento di affermare con grande orgoglio che la nostra collezione aggiunge un originale ma importante tassello nella storia dell’emigrazione italiana nel mondo.”
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LA STORIA
(Si ringrazia la professoressa Daniela Lauria, curatrice scientifica della Collezione Guatelli, per il prezioso aiuto)
Nei primi anni del Novecento, in Liguria si registrò un forte incremento nella produzione di olio d’oliva, fenomeno dovuto all’introduzione della chimica nel settore alimentare, che permise di rendere commestibili anche quegli oli che risultavano essere inadatti al consumo alimentare.
Imperia, in questa nuova realtà, rivestì un ruolo di primissimo piano, in quanto nell’arco di pochi anni, si concentrarono i più importanti stabilimenti per la produzione e la raffinazione dell’olio d’oliva.[[Cerisola, Storia delle Industrie Imperiese, Editrice Liguria, Savona 1973.]]
Vennero raggiunti livelli tali che si andò ben oltre quelle che erano le esigenze nazionali, pertanto si decise di esportare questo prezioso ingrediente all’estero.
Per mantenere inalterata le qualità e le caratteristiche organolettiche, si scelse di confezionarlo in contenitori di banda stagnata, materiale che, grazie alle sue peculiarità, consentiva una ottimale conservazione del prodotto.
Nel giro di pochissimi anni, si registrò lo sviluppo di importanti opifici dediti alla produzione di packaging (imballaggio) per l’industria italiana dell’olio d’oliva.
Accanto ai grandi stabilimenti dell’imballaggio, come ad esempio l’azienda Domenico Renzetti e C. o la Solertia, per citarne solo alcuni dei più conosciuti, si concentrarono tutta una serie di piccole e medie aziende a conduzione familiare.
Nei nuovi paesi di accoglienza si formarono comunità nelle quali molte attività erano gestite da conterranei; nelle maggiori città vennero pubblicati giornali in italiano, si istituirono società di fratellanza e di aiuto– ad esempio i Figli d’Italia – tutto questo favorì ampiamente il costante sbarco d’immigrati che, oltre al lavoro, portarono le loro culture con loro e quindi anche le tradizioni culinarie. “Olio di gomito” e un filo d’olio d’oliva potrebbe essere la divisa di uomini e donne, famiglie che si spinsero, come oggi, alla ricerca del benessere e della dignità al di fuori dei confini nazionali.
All’estero, questi lavoratori trovarono quasi tutti gli ingredienti necessari per la preparazione dei piatti nostrani, ad eccezione dell’olio d’oliva.
Per tale ragione si iniziò ad importarlo. Ma se la qualità del prodotto era garantita dall’importatore- che era sempre di origine italiana- i nostri connazionali all’estero vollero, come valore identitario, una lattina che ricordasse la terra d’origine.
L’imprenditoria ligure, con largo anticipo rispetto a quelli che sarebbero stati gli sviluppi del commercio internazionale, comprese che per rendere il proprio prodotto più apprezzato dai potenziali consumatori, non solo doveva essere ottimo, ma soprattutto avere una confezione accattivante, in grado di incontrare i desideri e il gusto dei suoi acquirenti.
Per soddisfare le richieste del mercato internazionale, in Liguria si iniziarono a produrre contenitori per la commercializzazione dell’olio prodotto nell’intero territorio nazionale, con effigiate tutte quelle immagini che meglio rappresentavano il nostro paese.
I grafici, necessari alla decorazione delle lattine, furono affiancati anche da importanti disegnatori che si dedicarono alla rappresentazione grafica delle lattine, come ad esempio Gino Boccassile, Aurelio Craffonara, Plinio Nomellini e più tardi Armando Testa.
Iniziò quel felice connubio fra progresso tecnologico- industriale e ricerca artistica che portò a risultati eccellenti, non solo dal punto di vista commerciale ma anche come strumento di trasmissione del gusto e dei nuovi linguaggi dell’arte, che permise di raggiungere un pubblico sempre più vasto…
Inizialmente fecero figure semplici, solo successivamente iniziarono ad essere effigiati quei personaggi o avvenimenti, relativamente recenti, che avevano scosso profondamente l’opinione pubblica.
La registrazione delle mode non fu sempre immediata, pertanto i disegnatori attinsero indiscriminatamente sia dalla tradizione ottocentesca, sia dalle ricerche Liberty e dell’Art Decò: lo scopo era di conquistare i consumatori in maniera più coinvolgente, con un piglio moderno, rinnovando e modificando, secondo le occasioni, la decorazione dei contenitori.
Per i prodotti destinati alle comunità italiane all’estero, i designer lavorarono alla litografia come fosse carta pregiata, creando contenitori dai colori sfumati e raffinati, non solo per l’olio ma anche per il tonno, cercando di riprodurre marchi e simboli che meglio potessero ricordare la lontana Italia.
Ogni contenitore presentava titoli e descrizioni in due lingue, quella d’origine e quella del nuovo paese, e, nel tentativo di renderle più simili, la traduzione nell’idioma d’origine era approssimativa. Esemplare, a tale proposito, la parola inglese packed tradotta con il termine italiano impaccato. Inoltre, in quel periodo, l’olio non prendeva il nome del suo produttore, ma si richiamava a immagini e nomi che ricordavano l’Italia.
Oggi, osservando la lattina dell’Olio Garibaldi, si sorride pensando all’Eroe dei due Mondi come una rinomata marca di olio d’oliva o di tonno, ma per gli italiani di allora, sparsi loro malgrado in tanti mondi, poteva essere un motivo d’orgoglio ritrovare l’effigie del loro campione, cosmopolita avventuroso e fine politico, nella quotidianità.
La maggior parte di questi contenitori in banda stagnata litografata, realizzati intorno alla prima metà del Novecento, compongono il patrimonio dell’Associazione Culturale Guatelli che gestisce la collezione omonima.
Oltre ai contenitori, sono presenti nel “Museo” Guatelli, un grande numero di bozzetti e affiches pubblicitari che le più importanti aziende olearie commissionavano agli artisti.
Le lattine, con ogni probabilità, sono databili ai primi decenni del secolo scorso. Purtroppo la scarsità, ad oggi, di documenti impedisce di avanzare una cronologia precisa.
Al fine di schedare e catalogare la raccolta Guatelli, si è tentato di individuare alcuni temi e soggetti che ricorrono più frequentemente sulle lattine.
Sicuramente la figura femminile ricopre un ruolo privilegiato. Viene rappresentata alternativamente nei panni della donna-angelo, come ad esempio nell’olio Madonna, nel quale la protagonista appare avvolta in un morbido peplo, secondo la tipica rappresentazione liberty che permetteva di sveltire le immagini e imprimere loro uno slancio elegante di forme con simboli grafici floreali o astratti; non mancano, però, rappresentazioni tipiche della Belle Epoque, caratterizzate da vite sottili e décolletés generosi, vistosa sinuosità delle forme come nel caso dell’olio Odalisca, oppure quelle che fanno riferimento alla tradizione popolare contadina come ad esempio nell’Olio Tana, in cui la donna appare effigiata con il tipico costume folcloristico siciliano.
Tra i temi dominanti non mancano quelli che celebravano l’Unità d’Italia. Emblematico il già citato caso dell’Olio Garibaldi. Lo storico personaggio, icona nazionale e eroe internazionale, fu celebrato da molti artisti divenendo il testimonial d’eccezione anche per l’industria dell’imballaggio alimentare. Ricchissima la serie legata ai personaggi simbolo del nostro paese: troviamo ad esempio l’Olio Verdi, Giuseppe Mazzini, D’Annunzio, Tasso e l’Olio Caruso e Giotto, per citarne solo alcuni.
Sono presenti, inoltre, le marche che rievocano le grandi opere teatrali e i melodrammi, come l’Olio Norma o Aida, le tradizioni popolari italiane e quelle che evocano gli eventi storici del nostro paese nei primi del Novecento (come ad esempio l’olio Duce, Edda, Vittoria Tripolitana e Faccetta Nera).
Numerose sono, inoltre, quelle che rendono omaggio ai luoghi emblematici dell’Italia nel mondo: come ad esempio l’Olio Grotta Azzurra oppure le città e i loro monumenti, come ad esempio l’Olio Milano Arco della pace, l’Olio Sanremo, Olio Mole Antonelliana, e molti altri.
Un posto di grande rilievo è infine riservato alla rappresentazione e celebrazione dell’Italia. Sulle confezioni in latta per l’olio, il nostro paese viene rappresentato quasi sempre nelle sembianze di una giovane donna avvolta in un peplo come una figura classica, ispirata alla Nike o alle divinità greche.
Frequentemente è posta ai margini della composizione, in posizione seduta, munita dello scudo sabauda e della tipica corona turrita, come ad esempio nella latta Olio La Patria.
Nell’Olio La Libertà, invece, è ritratta nei panni di una donna guerriera dotata di elmo che, emulando il celebre dipinto del maestro francese Eugène Delacroix, personifica la libertà.
Il nostro ricchissimo patrimonio culturale e imprenditoriale apparve quindi sulle tavole del mondo, condito da un filo d’olio…
Maria G. Vitali-Volant