Nessun trait d’union è migliore del nome “Leonardo da Vinci” tra la cultura italiana e quella francese, artistica e scientifica, com’era stato ricordato nel 2019 nelle celebrazioni del cinquecentenario della sua morte ad Amboise dai Presidenti Macron e Mattarella. Nessun nome è allora migliore di questo per la Scuola Italiana di Parigi, come ha ricordato agli studenti Mattarella quando l’ha visitata nel giugno 2023.
Lo confermano di nuovo sia gli studenti attuali delle Scuola intitolando “Il Leonardo” il loro giornale on line, sia gli “ex” riuniti nell’Associazione omonima presieduta da Daniela Giacchetti, la quale (come Francesco Sacco, Paolo Romani, Umberto Vattani, Paolo Casardi e altri nei diversi periodi) ha ricordato per esempio quanto il compianto Professore di francese Silvestri fosse severo anche con gli alunni appena arrivati proprio per imporre la cultura della sua lingua allo stesso livello di quella italiana. L’ironia del suo cognome italiano, come quella del nome del Preside italiano Jeanclaude Arnod, sembra quasi una conferma dell’eccellente “melting pot” ossia del cosmopolitismo riconosciuto a questa scuola, come ha ricordato Arnod il 4 maggio alla celebrazione del 75° anniversario dalla fondazione.
Cosmopolitismo riconosciuto perfino nella struttura del palazzo a Rue Sédillot 12, poiché dietro la facciata “Art Nouveau” (o “Liberty”) dell’Architetto Jules Lavirotte, che risale al 1899 per l’allora Hôtel de Montessuy (nome della famiglia che l’aveva commissionato) e che è soggetta ai controlli delle autorità artistiche francesi, all’interno l’adattamento alle norme attuali completato (con una seconda scala, l’ascensore e le altre misure di sicurezza) nel 2009 sotto la supervisione dell’Architetto Marco Martucci s’intona sia con il rispetto della struttura originaria che con le esigenze d funzionamento. E lì tanto dalle voci degli studenti quanto dai loro lavori (artistici o chimici, o multimediali o altri) non ci si accorge se si parla italiano, francese o inglese.
Cosmopolitismo, allora, riconosciuto anche dopo che nel 2005 il Presidente Ciampi era intervenuto (su segnalazione del Presidente dell’Associazione dei Genitori Charles Alunni) in difesa di quest’istituzione, allora in crisi come ai tempi in cui il Segretario amministrativo siciliano Cumbo sollecitava con il suo accento i “concibuti” ai figli dei genitori in mora !
Al di là delle contingenti situazioni di cassa, la scuola fin da quando nel 1949 è stata creata dalla Direzione delle Relazioni Culturali del Ministero degli Esteri (in sostituzione di quelle delle comunità italiane fino a prima della 2a Guerra Mondiale), nell’edificio che era stato la Casa degli Italiani (e del Fascio) e che è stato poi restituito dai francesi, ha attirato in questo cosmopolitismo anche i docenti a cui sembrava originariamente un “oggetto misterioso”. Lo conferma il precedente Preside (2011-2020) Aurelio Alaimo, nel descrivere i suoi sforzi appunto cosmopoliti anche con i francesi, essendo per loro “l’école” solo quella elementare (tra l’altro quella italiana è in Avenue de Villars 3), ed essendo o essendo stato il loro criterio di competitività in antagonismo a quello di gradualità nell’insegnamento (seppure per 4 anni nei Licei Scientifici all’estero anziché 5). Ė con la gradualità che si affrontano meglio le varie difficoltà, da quelle del teleinsegnamento durante il covid a quelle degli inserimenti degli alunni arrivati dall’Italia o altrove in una nuova realtà sociale per loro: da Carla, Valeria o Virginio Bruni Tedeschi, ai figli anche di coloro che sono a Parigi per periodi relativamente brevi ma che bastano per formarli ancora più internazionalmente per quando ripartono o per quando decidono di rimanervi.
La competitività da una parte e la gradualità dall’altra diventano allora un costruttivo confronto tra i sistemi, come nei rapporti tra il “Leonardo da Vinci” e il Lycée Chateaubriand a Roma, i cui diplomi finali sono reciprocamente riconosciuti dai rispettivi Paesi in seguito ai loro accordi culturali del 1949.
Ma la gradualità permette anche di prendere in considerazione altre realtà collaterali: ad esempio all’apertura del “maggio dei libri” con la conversazione del 24 aprile con l’autrice Anna Vinci del libro su Tina Anselmi, gli studenti hanno pure menzionato il culto regolare del giorno prima (in cui è attribuito il premio Cervantes) del libro in Spagna, il che può assolutamente far parte delle soddisfazioni della Vice Preside Paola Visone nell’ottenere delle riflessioni e degli atteggiamenti lontani dai rischi di precipitazione dei tempi attuali, caratterizzati dalla rapidità e dalla quantità di conoscenze via Internet o con le maggiori mobilità (Erasmus, ecc.) che possono essere foriere di confusioni.
II “Leonardo da Vinci” rimane allora una scuola sì avanzata per aver internazionalmente formato anche un gran numero di diplomatici (tra gli “ex” presenti: gli Ambasciatori Magliano e Cavallari), ma anche per continuare a dare, sia alla Console Generale Castagnoli e ai suoi successori come supervisori, sia a tutto l’organico, le soddisfazioni in proporzione alla giusta misura di distribuzione tra le quantità di conoscenze e il loro uso appropriato. Anche nei prossimi 75 anni!
Lodovico Luciolli
Caro Lodovico,
ma che sorpresa ci hai fatto!!!
Grazie da parte degli « ex » ai quali manderò il link per leggere il tuo articolo. Erano 80 gli ex-alunni presenti a questa festa, dai diplomati nel 52-53 passando per i nostri « focosi » anni ’60 (dato che eri una classe dopo la mia), i « ruggenti » anni ’70 (quelli di Giandomenico Magliano, di mia sorella Biba), i « favolosi » anni ’80 con una classe, (promozione 83-84) che si è presentata quasi al completo (20 su 24), fino ai tanto « attesi » anni 2000 (20 ex-alunni presenti!) con la nascita dell’associazione ALDV che ci ha riunito il 4 maggio. Il tutto immortalato con le foto raccolte dai nostri « ex » per realizzare una mostra fotografica presentata a scuola.
Ci siamo tanto divertiti, abbiamo riso e ci siamo anche commossi, il che dimostra che non siamo cambiati, basta mettere i piedi nella nostra scuola, salire e scendere per la famosa scala di Lavirotte (forse un po’ più lentamente e tenendosi alla ringhiera…), ritrovare la nostra classe quasi uguale e lo stesso spirito che aleggia, cosi ben descritto nel tuo articolo.
Non resisto alla voglia di mostrare la « foto di gruppo » delle « ragazze e ragazzi » presenti il 4 maggio. Eccola, nello square Rapp, guardando la Torre Eiffel.
Grazie ancora e a presto
Daniela