Lo abbiamo visto piangere alla vista della chiesa dell’Aquila, ferita dal terremoto. E’ la chiesa nella quale si celebrarono le sue nozze. Ha gli occhi lucidi, mentre il maggiordomo di turno lo consola: la domenica pomeriggio della tv delle lacrime su Avetrana prima e su quelle di Vespa poi, che presenta pure il suo ennesimo libro dell’anno.
Le sue lacrime sembrano finte tanto sia irreale il suo volto di cera, piuttosto scuro, di chi sa di essere un arrivato e sa pure commuoversi, e sa commuovere, come da copione (Blob lo smonta con garbo). Ma nessuno gli suggerisce, (atteso che gli stia davvero a cuore la sua città così duramente colpita, così offesa anche da promesse non mantenute) che con i lauti guadagni che da decenni percepisce (vendite di libri escluse) potrebbe contribuire in maniera consistente a ricostruire quella parte della sua (e nostra) storia, quel bene storico patrimonio di tutti, e suo in particolare. Nessuno glielo suggerisce, anche perché sarebbe ritenuto banale. Invece, con la metà del suo compenso di un anno di tv (un milione e trecentomila percepisce in media) contribuirebbe a risollevare di molto la sua chiesa. Pertanto, commozione non pervenuta, lacrime non accettate, le invii al suo pubblico di fedelissimi, ai maggiordomi che ostentano il suo affetto per timore, visto il suo potere così consolidato in una struttura pubblica, nella quale rimane il caposaldo non scalfito mai da alcuna crisi, né interna ne di governo. Lui è sempre lì, nessuno è come lui, longevo e potente.
Quelle lacrime sono parte del gioco. Al prossimo spot ma, per favore, un po’ di ritegno.
Armando Lostaglio