L’Italia non è un paese per vecchi.

Anziani sempre più a rischio povertà: Per il peso della crisi e gli effetti delle manovre correttive « danno di più e ricevono di meno ». L’INCA CGIL Francia riprende i contenuti della II Indagine nazionale sulla condizione sociale degli anziani, presentata in questi giorni a Roma dall’AUSER

Peggiorano sensibilmente le condizioni sociali ed economiche degli anziani nel nostro Paese. La crisi prima, le manovre effettuate dai governi nel 2010 e 2011 poi, hanno pesato sulle fasce d’età anziane peggiorandone le condizioni di vita e facendo crescere i fenomeni di esclusione sociale. E’ quanto emerge dai dati della II Indagine nazionale sulla condizione sociale degli anziani, presentata oggi a Roma dall’Auser nazionale nel corso di una Conferenza Stampa.

« Gli anziani, insieme alle donne ed ai giovani sono fra le categorie di cittadini che più di altri stanno soffrendo gli effetti della crisi e delle manovre economiche – ha detto il presidente nazionale Auser Michele Mangano – Il potere d’acquisto delle loro pensioni si è ridotto del 30% negli ultimi anni con la conseguenza di una drastica riduzione dei consumi, difficoltà se non impossibilità ad affrontare le spese impreviste, e tante rinunce purtroppo spesso legate alla tutela della propria salute ed alla prevenzione.
La parola scomparsa è Equità -ha proseguito Mangano- chiediamo al Governo di non puntare solo sulla Social Card e di dare maggior peso alla questione sociale. Le risorse si possono trovare, soprattutto dalla lotta alla corruzione e all’evasione fiscale ».

La riduzione dei servizi comunali per gli anziani, crescono le liste d’attesa
Nel periodo ottobre 2011 – gennaio 2012, in base alla rilevazione annuale effettuata dall’Auser, sui bandi comunali per l’affidamento di servizi sociali, si registra una sensibile riduzione, pari a circa il 28%, del numero delle proposte di bando dedicate ai servizi per gli anziani. Le variazioni in negativo riguardano soprattutto i comuni con più di 50 mila abitanti.
Le liste di attesa regionali per gli interventi domiciliari di contrasto alla non autosufficienza sono inoltre in crescita in tutte le Regioni soprattutto in Calabria, Campania, Lazio, Piemonte.

I consumi degli anziani: in crescita abitazione ed energia, ma si riducono i calo risultano essere invece tutte le altre voci di spesa, anche se in modo più ridotto rispetto alla categoria degli anziani over 65 soli.
Nel 2012 le cose non andranno meglio, si stima un aumento della spesa fino al 5% per l’abitazione e i consumi energetici¸ ne pagheranno le conseguenze soprattutto gli anziani soli che si troveranno costretti a tagliare su altri capitoli di spesa come il tempo libero, l’abbigliamento e l’alimentazione.
A questo proposito va ricordato che da gennaio 2012 le tariffe di luce e gas sono aumentate rispettivamente, del 4,8% e del 2,7%, con un maggiore spesa annua di oltre 53 euro (stime Nomisma Energia) mediamente per ciascun nucleo familiare.

Il disagio economico e l’aiuto alle generazioni giovani. Il forte incremento delle vendite della nuda proprietà
In base alle rilevazioni statistiche di immobiliare.it nel 2011 il numero delle offerte di vendita della nuda proprietà è cresciuto di quasi il 13%. Da notare anche che negli ultimi mesi il prezzo di partenza, negli annunci di questi immobili, è sceso mediamente del 6-7%, a conferma che l’offerta ha superato la domanda.

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Dalle interviste a campione che ha effettuato Immobiliare.it tra i venditori-inserzionisti è emerso che si tratta sempre di persone over 60, ma molti sono gli ultraottantenni. «Dietro questa scelta – commentano i responsabili di Immobiliare.it – c’è l’esigenza di liquidità, che spesso serve ad aiutare i figli a comprare a loro volta casa».
Il grande vantaggio per chi compra la nuda proprietà è infatti il prezzo: dal 5% fino a oltre il 40% più basso rispetto alla quotazione di mercato della piena proprietà. Un prezzo che va calcolato in base a una perizia sull’immobile, a cui vengono applicati specifici coefficienti fissati dall’Agenzia delle Entrate, dove lo « sconto » è inversamente proporzionale all’età di chi vende.
Secondo l’Agenzia del Territorio, nelle vendite della nuda proprietà c’è una quota significativa di atti tra familiari.

La recente manovra « Monti », inoltre, ha reso di fatto meno conveniente vendere la nuda proprietà dell’immobile. A partire dal 1° gennaio 2012, infatti, la misura del tasso d’interesse legale è aumentata dall’1,5 al 2,5% annuo e conseguentemente il ministero dell’Economia e delle Finanze, ha modificato la tabella per il calcolo del valore dell’usufrutto, basato, appunto, sul tasso d’interesse (D.M. 22/12/2011).

I nuovi coefficienti, hanno aumentato quindi il valore dell’usufrutto e, di conseguenza, diminuito il valore della nuda proprietà. Ciò vuol dire quindi che, a parità di condizioni e di età dell’anziano, vendere una nuda proprietà nel 2012, sarà per lui maggiormente svantaggioso rispetto all’anno passato.

Redditi degli anziani: non si naviga nell’oro in base alle statistiche ISTAT nel 2010 le famiglie italiane composte di soli anziani sono il 28,06% del totale, erano il 27% nel 2007. E i pensionati poveri risultano essere 2,3 milioni, una cifra destinata a crescere.

L’ISTAT ricorda anche che le pensioni fino a 915,52 euro (cioè la soglia che nella prima versione del disegno di legge sulla manovra Monti è stata esentata dal blocco delle indicizzazioni) rappresentano in media il 27,3% del reddito totale delle famiglie con pensionati.
Nel 2011, in base ai dati INPS, su un totale di 5.269.493 pensioni di vecchiaia (il dato si riferisce al numero delle prestazioni), circa il 52% ha un importo inferiore ai 500 euro mensili e ben il 78% non supera i 750 euro. Relativamente invece alle pensioni di anzianità, più del 30% delle prestazioni non supera la soglia dei 900 euro.

Da sottolineare le forti differenze di genere: relativamente alle pensioni di anzianità e di vecchiaia, gli importi medi mensili delle pensioni percepite dalle donne risultano, mediamente a livello nazionale, inferiori di quasi 600 euro rispetto a quelle degli uomini.

Gli anziani e la povertà

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La stima dell’incidenza di povertà relativa tra gli anziani fornita dall’Istat, mostra una sostanziale condizione di stasi nell’ultimo triennio 2008/2010, con circa il 13% degli anziani che vivono in Italia in condizioni di povertà. Segnali di peggioramento si osservano, invece, tra gli ultra65enni residenti al Nord, dove l’indice, sebbene rimanga il più basso tra le ripartizioni geografiche, sale dal 6,4 al 7%. Di contro nelle regioni del centro Italia l’indice mostra una flessione di quasi 1 punto percentuale tra il 2009 ed il 2010, portando di fatto Nord e Centro sullo stesso piano per ciò che concerne la povertà relativa tra gli anziani. Forte invece la disparità geografica con il Mezzogiorno dove oltre il 26% degli anziani vive, secondo i dati Istat riferiti al 2010, in condizioni di povertà relativa.

Nel 2010, in Italia, il 5,5% degli anziani risultano in condizione di povertà assoluta, circa lo 0,2% in più rispetto al 2009.
L’incidenza di povertà assoluta tra gli anziani è in aumento, nel biennio 2009/2010, nelle regioni del Nord (+0,5%), confermando i risultati evidenziati per la povertà relativa, ed in quelle del Centro (+0,5%) mentre, di contro, risulta in flessione nel Mezzogiorno (-0,5%).
Si conferma comunque lo svantaggio delle regioni del Sud (7,2% degli anziani vive in condizioni di povertà assoluta) e del Nord (5,1%) rispetto quelle del Centro Italia (3,7%).

Oltre agli indicatori relativi alla povertà relativa ed assoluta, di notevole interesse è l’indice di « deprivazione materiale » (non riuscire a sostenere spese impreviste; avere arretrati nei pagamenti come mutuo, affitto, bollette, debiti vari; non potersi permettere in un anno una settimana di ferie lontano da casa, un pasto adeguato almeno ogni due giorni, il riscaldamento adeguato dell’abitazione, l’acquisto di una lavatrice, di una televisione a colori, di un telefono o di un’automobile).

Dal rapporto Istat 2011 emerge che la deprivazione delle famiglie residenti in Italia non varia significativamente tra il 2009 e il 2010. Il 15,7% delle famiglie (era il 15,2% nel 2009) presenta tre o più sintomi di deprivazione, mentre si trovano in grave deprivazione il 7,1 per cento delle famiglie residenti (6,8% nel 2009).Pertanto circa il 45 per cento delle famiglie in condizioni di deprivazione lo è in forma grave. E sono i nonni ad aver svolto all’interno delle reti famigliari il ruolo di « ammortizzatori sociali informali ». Tutto questo è indicativo del ruolo dei pensionati all’interno di un sistema in cui le strutture famigliari sono ancora rilevanti per il mantenimento delle giovani generazioni.

La crisi percepita dagli anziani.
Sono gli anziani a risentire di più gli effetti della crisi anche a livello di percezione. La conferma arriva dal Rapporto Italia 2012 dell’Eurispes. Infatti, nel 2011 l’81,5% degli anziani indica un deterioramento della propria condizione economica rispetto al 74,8% dell’anno precedente.

Gli anziani mangiano poco e male.
Più di 400 calorie giornaliere mancano all’appello e aumenta il rischio di ricovero. Le cause? In primo luogo la crisi economica. Questi i risultati principali dell’indagine sul rapporto tra cibo e anziani realizzata nel 2011 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Padova. Dal vasto studio denominato « Nutrage » emerge chiaramente che gli over 65 italiani mangiano troppo poco e soprattutto male. Un dato impressionante se si pensa che la malnutrizione può aumentare del 25% la possibilità di ricovero in ospedale.

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Secondo i ricercatori la ragione principale della malnutrizione negli anziani del nostro paese è di tipo economico. La crisi, che ha colpito maggiormente la fascia di popolazione più debole come quella degli over 65, ha fatto calare notevolmente i consumi alimentari. Secondo un’indagine promossa dal Ministero della Salute, inoltre, quasi il 70% degli anziani fa fatica ad arrivare alla fine del mese. In particolare carne e pesce mancano all’appello dei consumi alimentari6.

Gli effetti delle manovre correttive, un peso di 3002 euro all’anno
Gli anziani sarebbero doppiamente colpiti dalle manovre correttive. Da un lato, infatti, stanno contribuendo quali ammortizzatori sociali d’emergenza al reddito delle generazioni più giovani grazie alla sostanziale stabilità degli introiti che percepiscono. Dall’altro, tuttavia, sono visti dalle recenti manovre governative messe in atto per far fronte alla crisi strutturale del Paese come « soggetti privilegiati » sui quali poter applicare riduzioni della spesa pubblica.

Prendendo come unità di misura la famiglia e come limite temporale il presente – e quindi la manovra del Governo Monti cosiddetta Salva Italia – una volta che la manovra sarà a regime, le ricadute saranno pari a 887 euro annui a famiglia, ai quali bisogna aggiungere la cifra già prodotta dalle precedenti manovre, che porterebbe il totale a 3.002 euro annui a famiglia.

A tutto ciò occorre aggiungere la nuova stangata che pesa sulle famiglie italiane: da gennaio le tariffe di luce e gas sono aumentate rispettivamente del 4,8% e del 2,7% con una maggiore spesa annua di oltre 53 euro. Per quanto riguarda la rivalutazione delle pensioni, ci sarà il mancato adeguamento di indicizzazione delle pensioni superiori a 1402 euro, che rappresentano il 22% delle prestazioni previdenziali erogate.

Un secondo fattore impattante il mondo delle pensioni di vecchiaia è l’accelerazione data all’aumento dell’età pensionabile, e soprattutto dell’agganciamento di quella femminile con quella maschile. Si tratta di un fenomeno in atto da molto tempo, che tuttavia con le ultime manovre ha ripreso slancio.
Questa tendenza, messa in atto, oltre che per diminuire la spesa, anche per rispondere alla istanze europee che da anni chiedono al nostro paese un adeguamento tra i sessi in materia di età pensionabile, rischia di portare con sé un aumento delle diseguaglianze tra i due sessi. Le donne infatti, sono già enormemente penalizzate all’interno del mercato del lavoro, con salari mediamente inferiori, con un tasso di occupazione inferiore e con prospettive di carriera inferiori. Agganciare la loro età pensionabile a quella degli uomini, quindi, anziché un atto di uguaglianza tra i generi, rischia di divenire un ulteriore fattore discriminante.

La nuova tassa sulla casa. Penalizzati gli anziani soli
l’Imu, Imposta Municipale Unica, è molto simile alla vecchia Ici, ma dalla quale si discosta per alcune caratteristiche che la rendono più equa, soprattutto nei confronti delle famiglie con figli, ma anche più iniqua, nei confronti, ad esempio, delle persone anziane.

L’Imu, come l’Ici, si basa sull’applicazione di un’aliquota alla rendita anziani.gif catastale della casa. L’aliquota è del 4 per mille, uguale per tutti, perciò simile a quella Ici per la prima casa. Ma la rendita da usare per il calcolo va aumentata parecchio, rispetto a prima, perché va « rivalutata » del 60 per cento. Poi c’è la detrazione di 200 euro per la prima casa, valida per tutti. Perciò l’Imu è più leggera dell’Ici, per la casa di abitazione, e più pesante per le seconde case.
Un ulteriore sconto per le famiglie con figli, di 50 euro a figlio, fino ad un massimo di 200 euro, rende possibile arrivare, in molti casi, a non dover pagare nulla. Chi ci rimette sono le persone anziane che vivono sole, perché non possono usufruire della detrazione per i figli e molto spesso abitano in case più grandi, rispetto alle proprie esigenze, quelle che abitavano quando i figli ancora non se n’erano andati.

Uno scenario preoccupante.

Da questo scenario emerge la necessità di una maggiore tutela della popolazione anziana, che si trova sempre più costretta a ricorrere a forme di aiuto informale, non potendo beneficiare di adeguate politiche pubbliche.

Tuttavia, anche nell’ambito del care giving informale, come sottolineato dal Rapporto Istat 2011, assistiamo ad una notevole diminuzione delle famiglie, soprattutto anziane, che beneficiano dell’aiuto di tali reti (dal 28,9% del 1983 al 16,7% nel 2009)8.

Il rapporto mette in evidenza la diminuzione delle reti di aiuto informali dovuto probabilmente alle trasformazioni occorse nelle strutture famigliari, portando l’attenzione quindi sull’aumento di richieste di aiuto ad enti pubblici e privati.

Tutto questo può facilmente portare alla conclusione che diminuire le fonti di reddito principali degli anziani, le pensioni, tagliando anche risorse alle strutture pubbliche di sostegno alle forme di disagio, potrebbe portare a molti anziani un peggioramento della qualità di vita.

Italo Stellon
Presidente
Inca Francia

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