Al di là delle dichiarazioni mediatiche e dei sentimenti incontrollati di chi cerca sempre voti, quanto c’è da imparare dai “Dialoghi italo-francesi” della LUISS e di Sciences Po di Parigi? Una risposta si è avuta il 20 giugno scorso nella sede di quest’ultima, dopo il precedente incontro dello scorso anno alla LUISS, facendo seguito agli accordi tra le due Università come ricordato dai rispettivi Direttori Frédéric Mion e la Vice Presidente Paola Severino.
Tra gli intervenuti Marc Lazar, assistito da Paolo Modugno, che insegna nelle due Università e che, quale esperto, presiede il “Comitato Scientifico dei Dialoghi italo-francesi per l’Europa”. Con lo Studio Ambrosetti è stato presentato un sondaggio realizzato dall’IPSOS fra il 5 e il 13 giugno su un campione di 1000 francesi e 1000 italiani, secondo cui il giudizio positivo sulla Francia da parte di questi ultimi è inferiore (53%) mentre quello dei francesi sull’Italia è positivo al 61%. Inoltre le relazioni attuali tra i due Paesi sono giudicate buone dal 45% di italiani a fronte del 63% di francesi (e, rispettivamente, dal 48% a fronte del 66% per quanto riguarda i rapporti culturali). Dunque l’impatto mediatico delle dichiarazioni di Salvini è stato tale da fargli avere l’approvazione del 48% degli italiani anche per quanto riguarda queste relazioni, il ché appare consistente rispetto al 27% per Di Maio, tuttavia il 91% degli italiani e il 93% dei francesi riconoscono l’importanza delle stesse relazioni.
Brice Teinturier (dell’IPSOS) ha esposto ulteriori dettagli del sondaggio, secondo il quale: francesi e italiani (di tutti i partiti) ritengono in maggioranza il proprio Paese in declino, ma non irreversibile (rispettivamente: 68% e 70%); per quanto riguarda le relazioni bilaterali, il sentimento rimane più forte da ambo le parti per quelle culturali, mentre i giudizî su quelle economiche e industriali, quelle sul TAV Torino-Lione, sulla politica estera e la gestione della crisi immigratoria rimangono meno favorevoli in Italia (rispettivamente: 39%, 29%, 24% e 12%) che in Francia (rispettivamente: 47%, 45%, 31% e 16%). Presso gli elettori di tutti i partiti sia in Italia che in Francia è comunque percepito l’osteggiamento recente di queste relazioni (rispettivamente per il 59% e il 52%, attribuito principalmente al governo dell’altro Paese e che non può – rispettivamente per il 53% e 51% – compromettere l’importanza del mantenimento delle buone relazioni).
I sentimenti a favore dell’UE rimangono più forti in Francia (59%) che in Italia (54%), nonostante gli scontenti delle ultime elezioni (rispettivamente il 41% e il 43%); nonostante in Francia siano a sfavore dell’UE in maggioranza quelli nell’ambito degli elettori del RN (52%), e nonostante in Italia siano più a sfavore quelli nell’ambito degli elettori della Lega (46%) e del M5S (41%), a fronte di quelli del PD (2%) e di FI (24%).
Infine, al ritorno al franco e alla lira s’oppongono il 68% dei francesi e il 72% degli italiani.
Allora, poiché Francia e Italia insieme pesano nell’UE per circa il 26% del PIL, per circa il 22% degli occupati e per circa il 23% degli investimenti in ricerca e sviluppo; poiché il loro interscambio, di 85 miliardi di Euro nell’2018, è in crescita per il quinto anno consecutivo; e poiché la bilancia commerciale è strutturalmente a favore dell’Italia (per oltre 11,7 miliardi di Euro nel 2018), la necessità d’una cooperazione ulteriore non può non distanziarsi dagli egoismi anche per esempio sulle immigrazioni, dalle dichiarazioni e dagli atteggiamenti politici nei confronti dell’altro Stato prevalentemente propagandistici ai fini elettorali interni, e neanche dalle dichiarazioni o “fake” solo propagandistiche in materia economica.
La complementarietà tra i due Paesi si dimostra irreversibile in tutti i settori: in quello giurisdizionale (sono tra l’altro state ricordate dal Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi e dal Vice Presidente del Conseil d’État Bruno Lasserre le collaborazioni tra i rispettivi organi per rendere più omogenee, anche in ambito europeo, le disposizioni in alcune materie); in quello navale (Giampiero Massolo, Presidente di Fincantieri, ha ricordato come gli accordi d’acquisizione della STX di St. Nazaire dovessero essere a vantaggio reciproco anche dei governi); in quello bancario (Andrea Munari, Amministratore Delegato della BNL, del Gruppo BNP Paribas, ha ricordato come anche in questo settore “il dialogo è un metodo d’incontro e confronto, che porta ad un maggiore livello di integrazione e d’intesa”; Yves Perrier, CEO di Amundi, ne ha ribadito la necessità su scala europea a fronte dei mercati mondiali); in quello energetico (Simone Mori, Direttore dell’ENEL, ha ricordato i vantaggi d’una cooperazione strategica tra le imprese del settore per le energie rinnovabili e le mobilità a zero emissioni: in questo quadro può essere valutata anche l’ipotesi di fusione FCA-Renault; Marc Benayoun, Direttore dell’EDF, ha ricordato i vantaggi della collaborazione scientifica su quelli dei limiti nelle acquisizioni azionarie tra le Società del settore); in quello agroalimentare (Rosario Ambrosino, CEO di Elior Italia, ha dichiarato che la parte dei due Paesi in questo settore sul PIL è tale da poter influire in conseguenza sia della concorrenza reciproca che della complementarità come modello di sviluppo -con le sue caratteristiche salutistiche- nelle economie più arretrate); e, infine, in quelli della ricerca e accademico in cui anche in Francia la nuova immigrazione di italiani eccelle per la sua preparazione e le sue qualità (a tal punto da dover ulteriormente apprezzare il lavoro della Console Generale Emilia Gatto al fine di conoscere meglio, quantitativamente, questa nuova generazione nella sua circoscrizione).
Nella giornata di “dialoghi italo-francesi per l’Europa” s’è tenuto obiettivamente conto anche dei contrasti in corso, in particolare quello sull’immigrazione nel Mediterraneo. Christine Ockrent, giornalista televisiva, ha moderato l’’incontro sull’argomento con Frédéric Jung (Consigliere Diplomatico del Ministro degli Interni Christophe Castaner), Stefano Manservisi (Direttore Generale alla Commissione dell’UE), Khulud Abed Alrazac (studentessa siriana di Sciences Po), Ahmad Zhoon (studente siriano della LUISS) -chiamati a testimoniare le rispettive esperienze- e Catherine Wihtol de Wenden (esperta a Sciences Po e in altre istituzioni sulla materia), ove s’è ancora una volta ribadito quanto quest’ultima ha ancora sostenuto su “L’Humanité” del 28 giugno, ossia la necessità di revisionare gli accordi di Schengen e Dublino essendo questi obsoleti di fronte all’ampiezza continentale (e non più interstatale -come per es. a loro tempo le emigrazioni all’Algeria o dalla Spagna e dal Portogallo in Francia o quella dall’Albania in Italia) del flusso di arrivi, per cui non basta più il primo Stato d’arrivo a gestirli (sia numericamente, sia amministrativamente per le richieste d’asilo, che spesso sono volute non lì ma negli altri Paesi ove già si trovano parenti e conoscenti, e sia economicamente).
La necessità d’una revisione comunitaria che tenga conto del regolamento dei flussi immigratori anche di fronte all’invecchiamento della popolazione in Europa, in sostituzione agli sfoghi degli egoismi nazionali di fronte a quelli d’esasperazione dei Paesi di provenienza dei migrati, può allora diventare prioritaria tra le proposte all’UE che Alain Le Roy (ex Ambasciatore di Francia in Italia) e Anais Ginori de “La Repubblica” hanno sollecitato, rispettivamente presiedendo e moderando il dibattito a questo fine: nel quale è stata a sua volta auspicata come prioritaria la riduzione degli scetticismi verso l’UE: sia da parte francese: secondo Loïc Azoulai, di Sciences Po: anche nei riguardi di Macron se egli si dimostra più a favore della centralizzazione a Bruxelles, come nel discorso alla Sorbona del 2017; e sia da parte italiana: secondo Sergio Fabbrini, della LUISS: indipendentemente dal fatto che la Lega non sta nel gruppo maggioritario al Parlamento europeo, anche a proposito delle nomine dei nuovi Commissari; e secondo Alessio Rossi, Presidente dei Giovani Imprenditori della Confindustria: per l’impossibilità ormai anche delle imprese italiane mediamente più piccole di quelle francesi di non tener conto che è solo in un contesto europeo che si superano le crisi di fronte ai colossi economici degli USA e della Cina.
Quest’ultima considerazione è stata ulteriormente sviluppata dal Presidente della Confindustria Vincenzo Boccia, il quale (dopo che al dibattito -presieduto dal Consigliere diplomatico dell’EDF Erkki Maillard e moderato da Eva Giovannini della RAI- sui giovani erano stati osservati degli isolamenti ancora eccessivi di questi nelle campagne, nelle periferie e nei ceti sociali meno integrati nei sentimenti con l’Europa) ha richiamato (anche da Presidente della LUISS e perciò anche ai giovani) la necessità d’una solidarietà politica in linea con quella economica di fronte a agli USA, alla Cina, alla Russia e a tutte le altre realtà (problemi dell’Africa, sviluppo dell’India, ecc.) al cui confronto l’UE non può più permettersi di presentarsi divisa. Le considerazioni tipo “è colpa di Bruxelles (e non più di Roma)”, o su idee tipo la reintroduzione della scala mobile o l’uscita dall’Euro sono allora delle polemiche anacronistiche o utopistiche di fronte alla necessità d’un’ulteriore solidarietà europea di fronte non solo a queste realtà sempre più colossali, ma anche di fronte al Medio Oriente o alla Libia quando sono in fiamme, o di fronte al Venezuela, o di fronte ai contrasti USA/Iran.
Motivo di più per cercare le armonizzazioni all’interno dell’UE anziché combatterle. Anche nelle nomine più importanti, come la successione di Draghi, il cui prestigio era stato a suo tempo richiamato congiuntamente dall’Italia e dalla Francia per eleggerlo Governatore della Banca Centrale Europea, come ha ricordato il Doyen de l’École des affaires internationales de Sciences Po Enrico Letta, per il quale gli ulteriori scambi (anche di studenti) tra l’Italia e la Francia hanno tra l’altro il vantaggio di controbilanciare il baricentro dell’UE tra Parigi e Berlino.
Christian Masset, Ambasciatore di Francia in Italia, ha tra l’altro ricordato che agli scambi di studenti tra i due Paesi s’uniscono adesso anche quelli tra gli ex studenti nell’altro degli stessi Paesi, in base alla creazione in corso d’una piattaforma dei rispettivi “alumni”. L’ulteriore complementarietà tra la Francia e l’Italia è, secondo lui, confermata anche da una lieve crescita delle esportazioni delle piccole imprese verso la Francia e non solo verso la Germania.
Le potenzialità sostanziali tra l’Italia e la Francia nello scenario europeo emergono anche in seguito ai momenti di crisi. Teresa Castaldo, Ambasciatrice d’Italia in Francia, lo ha ricordato nell’intervento introduttivo ai “dialoghi”, che poi gliene hanno dato la conferma con le cifre statistiche lì esposte. Intanto la conferma l’aveva avuta con la commemorazione del 2 maggio dei Presidenti Mattarella e Macron del cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci a Chambord, poiché il valore simbolico di quella giornata vale quanto i secoli di relazioni tra i due Paesi in confronto ai periodi di crisi. Un’ulteriore conferma l’aveva avuta il 3 giugno con più di 2000 ospiti alla Festa della Repubblica all’Ambasciata, e a conferma della sua stima valgono tanto le collaborazioni che ha menzionato tra i rispettivi ministeri ed enti in tutti i campi, quanto le riunioni che ospita continuamente proprio per queste potenzialità: da quella nel 2018 (all’inizio del suo incarico) in ricordo del ruolo di Costantino Nigra nei rapporti transalpini, a quelle sulla ricerca e quelle sui prodotti “made in Italy”, fino a quella del 28 giugno organizzata dall’Istituto per le Relazioni Economiche Francia-Italia e da Intesa San Paolo sugli sviluppi energetici in Italia e Francia, a margine dell’accordo di collaborazione firmato all’Ambasciata tra la GRDF e l’Italgas; e fino infine a quella del 2 luglio su “Léonard De Vinci et la ville durable”.
“Durable” quanto lo è dunque il legame tra la Francia e l’Italia al di là delle crisi e dei chiassi mediatici.
Lodovico Luciolli