“Una sintesi drammatica del nostro secolo”. Così Giovanni Paolo II definiva Edith Stein in occasione della sua santificazione. Era poco più di tre anni fa, domenica 11 ottobre del 1998. E dopo un anno il Papa polacco, lo stesso che da giovane ha vissuto gli orrori dell’Olocausto in Polonia, fa di questa Santa la Patrona d’Europa, come Santa Caterina. E’ la prima ebrea della storia, dopo gli Apostoli, ad essere elevata agli onori degli Altari.
Ma chi era Edith Stein? Nata a Breslavia (in Polonia) nel 1891 in una colta famiglia ebrea. Studiò filosofia con Edmund Husserl, il filosofo tedesco della Fenomenologia, del quale divenne assistente. Praticò anche la docenza, ma per poco tempo, presso l’Università di Munster.
Si convertì al Cattolicesimo nel 1922, (contribuì non poco la lettura di Santa Teresa d’Avila), quando ricevette il battesimo, nonostante gli ostacoli della famiglia. Continuò intanto ad esercitare la propria attività intellettuale a sostegno dei diritti della donna, e nel contempo intensificava gli studi filosofici nel tentativo di contemperare il pensiero di S.Tommaso d’Aquino con la Fenomenologia di Husserl.
Ma dopo la conversione, avvertì sempre più forte il bisogno di entrare in convento. E lo fece nel 1933 entrando a far parte delle Carmelitane di Colonia e diventando suor Teresa Benedetta della Croce. Non fu certo senza traumi e conflitti interiori la scelta di Edith Stein, consapevole della “fede e fedeltà al Dio dei padri”, cui la famiglia era legata. La quale, come lei stessa scriverà, “pur rispettando la scelta della figlia, non riuscì mai a condividerne le ragioni”. E scrisse ancora: “E’ duro dover assistere al dolore di coscienza di una madre, senza poterla aiutare con mezzi umani”. Dopo di lei, anche la sorella si convertirà e diventerà suora: sarà l’unica della famiglia a seguirla nella conversione.
Con le persecuzioni naziste iniziarono i problemi e le sofferenze per la Stein. Dopo la eccezionale ondata di violenza esplosa con la “notte dei cristalli” (era il 1938), la suora, anche per garantire la incolumità delle consorelle, lasciò la Germania per trasferirsi nel Carmelo olandese di Echt. Ma anche lì incomberà lo stesso destino di milioni di altri ebrei. Finì insieme alla sorella ad Auschwitz, dove morirà il 9 agosto del 1942, e seppellita in una fossa comune.
Della sua drammatica quanto illuminante vicenda umana il Cinema si è occupato qualche anno fa. Il film è “La settima stanza” diretto dalla regista ungherese Marta Mészàros, già autrice di opere sulla condizione femminile come “Nove mesi” (del ’76) e “Una madre, una figlia” (del 1980).
La Mészàros ripercorre le tappe più importanti della vita della Stein con fedeli ambientazioni storiche e tentativi di esplicitare concetti filosofici di non comune approccio. La fede e la Fenomenologia sono alla base della scrittura cinematografica, e pure gli orrori dell’Olocausto sono trattati senza incidere troppo sull’emotività. La complessità e la semplicità (a un tempo) di Edith Stein fanno del film un’opera di grande valore artistico e culturale, tenendo fede alla sua “passione per la Verità” e alla “Verità come passione”. Dagli scritti di Santa Teresa d’Avola, da cui scaturì per la Stein la “rivelazione”, trasse “Il Dio personale che ti ama personalmente: ecco la Verità”.
Armando Lostaglio