Il fenomeno del populismo – e della sua finta giustizia – non è nuovo, è sempre esistito. Consiste nel credere al potere del popolo come superiore a qualsiasi altra ragione concreta fuori da ogni controllo. Il primo populista della storia letteraria ed indiscusso protagonista è Renzo de I Promessi sposi di Manzoni.
Fa una vera e propria carriera in questo settore e comincia da quando si reca, su consiglio di Agnese, dall’Azzecca-garbugli, l’avvocato che è ospite abituale e cortigiano di don Rodrigo, e che l’intriga al punto da credere che sia un bravo.
La frase celebre che ne consacra il populismo è:
– A questo mondo c’è giustizia, finalmente!
Sdoppiandosi Manzoni commenta che, come si vede, quando uno sta male, sopraffatto dal dolore, non sa più quel che si dica.
La frase è gemella dell’altra di Tancredi nel Gattopardo:
– Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.
Rivela la totale sfiducia nei mutamenti come rinascita della storia, la renovatio, e insieme l’impossibilità che la giustizia già da tempo fuggitiva vi possa far ritorno.
Ma Renzo imperversa con la sua fede populista.
Nel colmo della rivolta per il pane, a Milano, si imbatte nel celebre sbirro che va cercando i rei buon uomini, i capi della rivolta, ossia non quelli reali ma quelli che possano fungere da tali.
Si imbatte in Renzo, gli strappa il nome e cognome e lo consegna agli sbirri.
L’ultimo momento del populista Renzo si ha quando nel colmo della peste viene scambiato per un untore e si sottrae a stento alla giustizia che pure aveva invocato. A quel punto uno dei monatti lo definisce Povero untorello, non sarai tu a cambiare il mondo!
Il monatto conosce bene la dura legge della storia.
Ma soprattutto Manzoni oppone alla fede nella giustizia terrena la fede tout court in qualcosa di nascosto che puntualmente corregge la storia e i suoi camuffamenti.
Nel Gattopardo non c’è nessuna fede, solo l’oscurità ed il concetto che l’evoluzione è falsa in quanto ai ceti sostituiscono altri ceti.
Noi siamo i Gattopardi, dice malinconicamente il principe di Salina, niente a che fare con ceti emergenti, antichi coloni del principe che intendono sostituirli.
Ma, in verità, qualche progresso nella storia c’è se gli schiavi che costruivano le piramidi sono stati liberati.
Il grido di protesta di Pablo Neruda risuona ancora al cuore ed alle orecchie: Non esiste la giustizia nella storia ma i costruttori di essa, sì.
I poveri untorelli vengono superati dalle mutazioni, ma Mose’ il Liberatore che con braccio potente e mano tesa seppellì nel Mar Rosso cavalli e cavalieri, rimane, cioè una giustizia più alta salverà il mondo.