Quello sulla legge elettorale è un dibattito « infinito », che tormenta da decenni l’Italia e la sessantina di milioni di anime che la popolano. Anime in pena, almeno in questo caso, visto che la soluzione ideale non esiste. Per un motivo molto semplice : una legge elettorale perfetta soddisferebbe due obiettivi tra loro contraddittori. Il primo è quello dell’assoluta rappresentatività degli elettori; il secondo quello di far sgorgare dalle urne una chiara maggioranza di governo.
Il primo è dunque la fedele adesione alla volontà popolare; il secondo è l’adattamento della medesima alla fondamentale esigenza della governabilità. Capra e cavoli. Per adesso sono cavoli nostri, visto che l’Italia si è impantanata per sua stessa responsabilità (responsabilità di tutte le forze politiche) su un terreno da cui non si può uscire senza un’iniezione di pragmatico buon senso.
L’esempio spagnolo è sotto i nostri occhi. I cugini iberici si sono recati due volte alle urne nel giro di pochi mesi per rinnovare (alla proporzionale) i loro deputati e alla fine si sono trovati di fronte a un dilemma perlomeno imbarazzante : governo di minoranza (con l’astensione di una parte dell’opposizione) o nuove elezioni anticipate (col fondato pericolo di nuova impasse) ? Alla fine è saltato il capo del partito che, col proprio cocciuto comportamento, rischiava di imporre al paese una sequenza indefinita di elezioni anticipate.
La gente vuole poter votare, ma vuole anche un po’ di stabilità. L’esempio italiano è nella nostra memoria. Quello della Prima Repubblica, quando il sistema proporzionale ha favorito sia i pateracchi tra i partiti per trovare una maggioranza sia l’instabilità dei governi (perché partiti e correnti mettevano in crisi le maggioranze quando pensavano di poter rosicchiare nuovo spazio politico per sé e magari nuovi appalti pubblici per i propri finanziatori).
Un proverbio dice che « la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni ». Il proporzionale e il voto di preferenza sono frutto di intenzioni ottime. Purtroppo nell’esperienza della nostra Prima Repubblica sono diventati macchine infernali, che hanno moltiplicato i rischi di corruzione e di opaca gestione della cosa pubblica.
Bisogna dunque farci una croce sopra ? No di certo. Ma bisogna sapere che le insidie vengono da tutte le parti, anche da quelle che teoricamente meglio esprimono le esigenze democratiche. E’ bene ripeterlo : la legge elettorale perfetta non esiste. Tutte quelle che esistono e tutte quelle che si possono immaginare hanno punti deboli.
Concepire una legge elettorale è in un certo senso come partecipare a una riunione di condominio, in cui le posizioni sono definite sulla base di elementi oggettivi. Chi è al pianterreno sarà sempre contro l’ascensore, mentre chi è al quarto piano sarà sempre favorevole. I partiti piccoli – soprattutto se gelosi della propria indipendenza – saranno sempre portati a simpatizzare per un sistema proporzionale. Quelli più grandi, con un miglior radicamento sul territorio e con evidenti ambizioni di guidare un governo, saranno favorevoli a ottenere dalle urne un premio in direzione della governabilità. Sotto forma di scrutinio maggioritario o di vero e proprio « premio di maggioranza » alla lista o alla coalizione. Una buona legge elettorale deve combinare gli interessi degli uni e degli altri con quelli del paese, che ha bisogno sia di democrazia sia di stabilità. Soprattutto in tempi come gli attuali, ogni paese rischia di andare alla deriva se l’instabilità politica lo costringe a navigare a vista.
Un’altra cosa è evidente. I continui cambiamenti della legge elettorale disorientano la popolazione e fragilizzano la democrazia. Ci sono paesi (come la Gran Bretagna) in cui un pessimo sistema elettorale (il maggioritario a un solo turno) è talmente entrato nelle tradizioni democratiche da identificarsi con le istituzioni stesse e da consentirne il funzionamento.
Per contro anche il miglior sistema che si possa concepire verrebbe inficiato da frequenti modifiche alla sua concreta applicazione. Un corpo elettorale di circa 50 milioni di persone, com’è quello italiano, deve nutrirsi di certezze e anche di abitudini. Le norma del sistema elettorale devono entrare nel DNA dalla popolazione.
L’Italia della Prima Repubblica si era abituata al proporzionale con tanto di preferenze. Poi, nel 1993 è arrivato il Mattarellum, che (nell’elezione dei deputati) combinava maggioritario a un turno e proporzionale. Nel 2005 (quando il governo in carica volle cambiare le carte in tavola nella prospettiva delle imminenti elezioni politiche) è arrivato il Porcellum, che combinava anch’esso (in un modo completamente diverso) gli ingredienti del proporzionale e del maggioritario. Come tutti sappiamo, ci sono stati in seguito i capitoli della sentenza anti-Porcellum della Corte costituzionale, l’approvazione dell’Italicum da parte del Parlamentum e infine (infine ?) la decisione governativa di mandare l’Italicum in soffitam. Che casinum ! Un eterno Purgatorio, che ricorda le parole di un fiorentino, scritte in tempi in cui le leggi elettorali erano peraltro più rudimentali : « Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello! ». Appunto.
Alberto Toscano
PS: Se siete interessati dall’argomento, la redazione Altritaliani vi suggerisce di leggere anche questo articolo a firma di Alberto Toscano: https://altritaliani.net/una-legge-elettorale-perfetta-non-ce-meglio-il-doppio-turno-di-collegio/