« A chi cammina non si muovono solo gli astratti pensieri nel cervello, ma si mettono in movimento carne e sangue, così le sapienze inconsce depositate negli organi possono mobilizzarsi, montare in alto e riaffiorare nella coscienza. »
Camminare ha tanti benefici per la mente e per il corpo. In un viaggio a piedi, un trekking, i nostri sensi come i nostri piedi sono in contatto permanente con la “terra madre”, e questo ha un valore terapeutico inestimabile…
Se camminare smuove la carne e il sangue, sicuramente tra i primi benefici che possiamo riconoscere al trekking ci sono quelli che riguardano la salute del nostro corpo fisico. Tutti i muscoli del nostro corpo, ogni articolazione, il nostro cuore, i polmoni, il sistema vasale, insomma, ogni angolo del nostro corpo dopo qualche ora di cammino inizia a subire una trasformazione, e anche le parti più ferme (prime?) vengono raggiunte dal movimento e dall’ossigeno. Aumenta il ricambio e tutte le scorie cominciano ad essere allontanate da ogni cellula ed eliminate anche attraverso il sudore.
La nostra pelle, sudando, piange fuori dal corpo le nostre tossine e le nostre sofferenze.
A un livello più sottile, qualcos’altro viene smosso: la nostra sensibilità, cioè la nostra capacità di percepire attraverso i nostri cinque (o più) sensi.
Innanzitutto il tatto: tramite l’appoggio fermo e attento dei nostri piedi sulla terra, nella fatica del camminare, possiamo sentire l’energia che la terra ci rimanda, e sentirci sorretti. Se poi, ogni giorno, nelle pause o alla sera, arrivati al campo, ci togliamo le scarpe e camminiamo a piedi nudi sull’erba quest’energia della terra sarà ancora più evidente e benefica.
Attraverso la vista, la luce, i colori della luce e, finalmente, il buio, ci inviano stimoli continui a fluire e a cambiare punto di vista.
L’odore della terra e delle stagioni ci fa essere più vicini alla nostra parte animale.
Gustare gli aromi delle erbe e dei frutti selvatici, e l’acqua delle sorgenti, ci insegna ad essere ricettivi al nutrimento.
Ascoltare le foglie che cadono, lo scorrere di un torrente, il verso di un animale, imparare ad ascoltare il silenzio, o concentrarsi sul suono del nostro passaggio, sentire il nostro respiro sbloccato, tutto questo risveglia l’attenzione e l’abbandono.
Perchè le tossine che eliminiamo a livello fisico lasciano liberi degli spazi dentro di noi, ad ogni piano del nostro essere.
Durante i miei trekking ho avuto occasione di comprendere che l’effetto terapeutico del camminare è simile a quello del digiunare, per molti aspetti: i primi tre giorni servono per eliminare, perciò in questo periodo, nel digiuno come nel trekking, è possibile avvertire disagio, dolori muscolari ed articolari, o anche depressione, a seconda di quali sono e dove si sono fissati i nostri problemi, i nostri blocchi. Bisogna avere il coraggio e la pazienza di accettare il dolore e continuare, non arrendersi, sapendo che si tratta solo di una fase iniziale. Andando avanti nel cammino, il nostro malessere viene metabolizzato e si trasforma, i nostri confini diventano man mano più ampi, il nostro orizzonte si allarga, cominciamo a percepire quello che ci sta intorno, a comunicare in profondità con le persone con cui siamo sulla strada, mentre i pensieri negativi lasciano il posto a quelli creativi, al benessere e alla gioia. La consapevolezza profonda « depositata negli organi » (come dice la Scheffer nella citazione iniziale) emerge alla coscienza, i nuovi spazi liberi vibrano e si riempiono di bellezza e di comprensione.
Possiamo sentirci liberi, in armonia, luminosi, poichè il « digiuno » e la disintossicazione lasciano il posto alla pienezza del nutrirsi e del sentirsi sani.
Cammineremo poi più leggeri anche nelle nostre strade di ogni giorno, nella nostra vita quotidiana che possiamo imparare a leggere altrettanto piena di meraviglie, se alimentata da quella che proviene dalla natura intera, dalla terra e dal cosmo, dalla scoperta di noi stessi e delle nostre potenzialità, e della possibilità che tutti abbiamo di creare, con il nostro pensiero correttamente indirizzato, una realtà di luce.
Perchè la vita è comunque sempre generosa e il sentiero è un sentiero di luce, anche se può essere difficile a volte ricordarsene.
Che cosa allora ci può impedire di beneficiare in maniera naturale di tutte queste potenzialità che ha il trekking rispetto al nostro essere ? Nella mia esperienza, la paura e lo scoraggiamento legato ai propri limiti fisici e la fase di depurazione dai pensieri negativi possono essere gli ostacoli maggiori a utilizzare l’esperienza del trekking in maniera totale, per quella che può essere la propria individuale totalità.
Per compensare questi limiti, consiglio di sostenersi con alcune semplici tecniche di nutrimento dell’energia attraverso i nostri principali centri energetici o attraverso l’attivazione degli stessi, o con l’uso dei rimedi floreali (i fiori di Bach sono rimedi che ci aiutano a uscire dai nostri blocchi psichici), e tutto questo può essere svolto nell’arco della durata del trekking.
Una semplice ed efficace tecnica di respirazione e l’apprendimento degli esercizi di stiramento dei meridiani sono altri validi supporti al fare del trekking un mezzo terapeutico.
Dunque, di cosa possiamo guarire durante un trekking ? Da qualunque cosa noi siamo disposti a mettere in movimento e « spostare » dal nostro corpo fisico o dalla nostra mente. E il risultato può essere più duraturo se lo facciamo avvenire con consapevolezza, se camminiamo dentro e fuori contemporaneamente.
Maria Nicoletta Bucchicchio
In Italia, diverse associazioni lavorano per la diffusione della cultura del camminare, un camminare lento in contatto con la natura e con se stessi. Tutto l’anno propongono viaggi a piedi, un’immersione in angoli sconosciuti dell’Italia accompagnati da guide progessionali.
Ecco qualche nome:
http://www.deepwalking.org/
http://www.cammini.eu/
http://www.naturaliterweb.it/