In concorso per il Leone d’oro, Anima Nere del giovane Francesco Minzi, tutto in dialetto calabrese per raccontare la tragedia di una famiglia della ‘ndrangheta, un film dalle cupe atmosfere da tragedia greca e il francese: Le rançon de la gioire, tragicomica vicenda del furto della salma di Chaplin, dai toni amari.
ANIME NERE di Francesco Minzi,
Presentato in concorso alla 71 Mostra di Venezia, ci percuote nel profondo. Ci tocca da vicino oppure è lontana anni luce se vista da un osservatorio lucano, così contiguo geograficamente (solo il Pollino ci separa o ci unisce) eppure antropologicamente distante anni luce. Lontani nel linguaggio sonoro e in una violenza di faide antiche, eterne forse, cui il racconto di Munzi cerca di mettere fine.
Una lingua da dover sottolineare e sottotitolare (come si fa per i film stranieri) per la sua asprezza, come lo è l’Aspromonte così chiuso e relegato all’arcaico inferno che riproduce, un contrasto rispetto al paradiso terrestre della costa del mare cristallino.
Così vicino e così lontano. Le faide infinite non sono concluse, hainoi, le lobbyes del crimine organizzato (della coca internazionale) sono lì, in un terminale angoscioso che produce violenza e morte.
Persino la scuola (riuscita metafora, almeno così ci appare) abbandonata come edificio, diventa il non-luogo di un degrado da bandiera ammainata: è lì che il giovane rampollo della ndrina cerca di commettere l’ennesimo omicidio di faida; una pedagogia che alimenta crimine e non cultura, evoluzione. La stessa evoluzione che paradossalmente deve chiudere il finale da tragedia greca, con le armi rivolte contro la sua stessa famiglia. Per porre fine ad una assurda e infinita guerra, prima interiore e poi di famiglie.
Da Venezia Armando Lostaglio
« La Rançon de la gloire » ( il prezzo della gloria) di Xavier Beauvois
Il film racconta di un fatto di cronaca accaduto in Svizzera negli anni 70. A Corsier-sur-Vevey accadde un fatto, per quei tempi, nuovo e sorprendente: l’occultamento di una bara per il conseguente riscatto. dentro a quella bara c’è un cadavere eccellente: Charlie Chaplin…
La storia su cui si sviluppa il film prende avvio tra due persone che si ritrovano dopo anni. Uno dei due, Eddy, uscito dal carcere, trova ad aspettarlo l’unico amico che gli era rimasto fedele e con il quale cercherà di riprendere in mano la sua vita. Osman, così si chiama l’altro, gli chiederà, in cambio di prendersi cura della figlia fintantoché sua moglie ritornerà dall’ospedale. Eddy in realtà non sa che fare, una vera e propria svolta alla sua vita non la sa trovare e non è nemmeno tentato a trovare un lavoro.
Tra i due amici sembra esistere un profondo legame solo in parte intuito dalla figlia di Osman. Intanto le condizioni di salute della moglie non migliorano, servono soldi e tanti per poterla portare in una struttura che la curi in modo adeguato. Osman non sa proprio che fare, 50000 franchi svizzeri sono una somma non facilmente restituibile ed il direttore di una banca a cui si è rivolto cerca di dissuaderlo « l suo lavoro non gli consentirà di restituirlo entri i tempi previsti ».
Una sera, all’approssimarsi del natale Eddy chiama in disparte l’amico per proporgli l’affare che cambierà le loro vite. Alla televisione ha sentito della morte del celebre attore Charlie Chaplin e gli è venuta la bella idea di dissotterrarne la salma e poi chiedere il riscatto alla famiglia. Nessuno dei due è esperto in dissotterramenti di salme, ma l’estremo bisogno di denaro, soprattutto da parte di Osman, spingerà entrambi a portare avanti il « progetto ». Trovato il cimitero, rubata una macchina per il trasporto della bara, in una notte i due riescono nella loro impresa. Trovato infine, un campo dove riseppellire la salma, ai due non rimane che la parte conclusiva: patteggiarne il riscatto in cambio di un milione di dollari. Inutile dire che in mezzo cercano di infilarsi altri « concorrenti » che chiedono altre somme.
Ma i due sono determinati e non vogliono altri intrusi. Il finale è amaro per i due amici. La magnanimità della corte giudicante, tuttavia, saprà in parte accogliere la riduzione di pena prevista in un primo momento. La famiglia Chaplin poi, saprà farsi carico della salute della moglie di Osman pagandole le cure necessarie.
Terza prova per Xavier Beauvois che qui a Venezia era già venuto altre due volte con « Selon Matthieu » nel 2000 e « Le petite lieutenant » nel 2005. Film in concorso che difficilmente raccoglierà consensi nonostante la buona prova di Benoit Poelvoorde nella parte di Eddy.
Da Venezia Massimo Rosin