Con oltre 200 opere, l’itinerario espositivo di questa bella mostra è un viaggio all’interno dello sviluppo creativo dell’artista, partendo dalla radice liberty della sua cultura figurativa, soffermandosi sul suo amore per l’Italia e individuando nel viaggio a L’Alhambra e a Cordova la causa scatenante di un interesse per le geometrie impossibili già ampiamente presente nella sua vena creativa, per arrivare poi al suo rapporto con le Avanguardie storiche – come il Futurismo – e al Surrealismo, punto nodale del suo intreccio creativo.
C’è qualcosa che sorprende in questa mostra ad effetto del pittore olandese Escher. Non è la solita mostra di dipinti con ameni paesaggi e figure più o meno sorprendenti, o meglio i paesaggi ci sono e pure le figure fantastiche rare, ma in uno stile diverso dal consueto.
E’ che Maurits Cornelis Escher appartiene al surrealismo e pertanto è inutile aspettarsi da lui rappresentazioni dal vivo, piuttosto giochi labirintici dell’intelligenza, illusioni ottiche, costruzioni oniriche fantastiche, luoghi impossibili, frutto di una creatività che è una sfida al reale.
Il disegno è illusione– ebbe a dire egli stesso, suggerendo dimensioni che raramente si trovano nel mondo reale.
Nato nel 1898 a Leeuwarden e vissuto fino al 1972, ebbe fin da piccolo la passione per il disegno, disdegnando gli altri studi, ma non si accontentò di semplici rifacimenti. Fu folgorato alla vista degli arabeschi di Granada, durante il suo viaggio in Spagna ed affascinato dagli stupendi paesaggi, durante la visita in Italia dove rimase per dieci anni dal ’23 al ’35 con la moglie Jetta Umiker che sposò a Viareggio nel ’24. Allestì la sua prima mostra a Siena. Ricordò gli anni vissuti in Italia (a Roma comprò casa), come gli anni migliori della sua vita.
Il suo apprendistato si rivela nei suoi lavori giovanili, ma cercava ancora emozioni che fossero sue proprie, forti, per una sorta di sfida al mondo contemporaneo che potesse essere visto dagli occhi della mente. Così usò le tecniche incisorie della litografia e della xilografia dopo gli anni ’40, perché il tratto del suo disegno acquistasse quella evidenza complessa capace di attirare lo sguardo oltre il consueto. Lo spettatore è così attratto dalle sue rappresentazioni come in sogno le cui sequenze lo portano altrove. E’ quell’altrove che l’artista ricerca, mai uguale a se stesso, tra duecento capolavori esposti, per dimostrare che il mondo è più complesso di quanto non appaia con le sue articolate piramidi longitudinali e verticali, segmentato, movimentato, racchiuso nel mistero di costruzioni umane di solito espresse in rapide e concitate scale vertiginose.
Il movimento è l’essenza di questa sua arte che gareggia con la matematica e la fisica, sconfina nella poesia e nella fantascienza. La sua è una geografia dell’animo perturbato e commosso che vuole abbracciare insieme la notte e il giorno (Day and Night del ’38) o guardare al futuro fantascientifico con la tenerezza d’uno sguardo tutto umano (Vincolo d’unione del 56) o sintetizzare, come in Belvedere del 1958, l’essenza della vita.
Francesco Bonanni chiama la sua mostra magica come un libro di Harry Potter, rock come una canzone dei Pink Floyd e lo definisce il Leonardo delle arti grafiche. Infatti nella Mano riflettente con sfera del ’35 l’artista si rappresenta, in un suo autoritratto, come un prestigioso mago.
Ricevette riconoscimenti e benemerenze e la città dell’Aia festeggiò il suo sessantesimo compleanno con una grande retrospettiva. D’altronde egli non fu mai restio ad apparire ed a ignorare i suoi successi e spesso accompagnò le sue mostre con altrettante conferenze illustrative.
La Mostra resterà aperta fino al 29 Gennaio.