Vi presentiamo oggi un’intervista alla dottoressa Silvia Ceccomori, residente a Parigi, di nazionalità sia francese che italiana, specialista dell’emigrazione piemontese in Francia e autrice del libro «Les Ramoneurs ‘lombards’ à Paris. Histoire d’une émigration séculaire» (L’Harmattan, 2017, Paris).
Chi erano i “ramoneurs lombards” ?
I ramoneurs erano montanari spazzacamini provenienti dalla Val Vigezzo, una zona depressa che per vari secoli non riuscì a sfamare i suoi abitanti e definita, sin dal Cinquecento, “la valle degli spazzacamini”.
Essi offrirono il loro servizio girovagando per le strade di Parigi. Questi umili lavoratori ambulanti fecero dell’elementare attività di spazzacamino un vero e proprio mestiere capace di garantire la sopravvivenza dell’intera famiglia. In Francia sono tutt’ora conosciuti con il nome di ramoneur, una parola derivata dall’antico francese raim, latino ramus che in italiano significa ramo: la loro abitudine era infatti, spostandosi dalla loro valle a Parigi, di raccogliere rami da compattare in fasci con cui pulire in seguito i camini.
Perché lombards?
La Val Vigezzo, oggi nella regione del Piemonte, fu per lungo tempo lombarda e i francesi avevano l’abitudine di chiamare lombardi tutti gli Italiani del Nord, fossero essi toscani, piemontesi, genovesi o per l’appunto lombardi. In molte città, come a Parigi, esistono vie a loro dedicate (Rue des Lombards) che non ricorda certo gli spazzacamini ma piuttosto i mercanti e banchieri dell’Italia settentrionale che vi risiedevano. Nell’appendice del mio libro riporto, ad esempio, l’articolo di un medico che descrive la movimentata Rue des Lombards di Parigi nel 1841.
Come è venuta a conoscenza del fenomeno e dove ha condotto le ricerche?
La mia famiglia materna è di origine vigezzina, quindi ho sempre saputo della loro esistenza, tanto più che ogni anno (il primo week-end di settembre) a Santa Maria Maggiore si svolge il raduno internazionale degli spazzacamini: vengono a migliaia dal mondo intero. In seguito mi sono decisa a scrivere ciò che avevo trovato negli archivi comunali di Santa Maria Maggiore, scoprendo inoltre che anche i miei due bisnonni materni erano stati, per l’appunto -anche se per poco- spazzacamini (in famiglia nessuno ne aveva mai parlato).
Ben presto mi sono accorta che nessuno aveva mai scritto la storia di questi spazzacamini e che quindi mancasse un testo che ne raccontasse le varie e secolari vicende. Molti ricordi vengono tutt’ora tramandati fra gli abitanti della valle ma non vanno oltre il XIX secolo. Sono le stesse chiacchiere che fino al termine dell’Ottocento venivano scambiate attorno al focolare o addirittura nelle stalle per approfittare del calore emanato dalle mucche e spesso erano soltanto leggende…
Ho condotto le mie ricerche presso gli archivi comunali e parrocchiali di Craveggia e Santa Maria Maggiore, due tra i più importanti centri della Val Vigezzo. Ho effettuato ricerche altrettanto laboriose a Parigi presso le Archives nationales (Archivi di Stato) francesi e presso la BnF (Biblioteca nazionale di Francia).
La parte più divertente del mio lavoro è stata senz’altro la ricerca delle immagini d’epoca: stampe, foto o cartoline postali. Mi è capitato, quindi, di visitare fiere e negozi di ogni tipo alla ricerca di documenti, ed è stato così che ho potuto imbattermi in quella rarissima cartolina che fa da copertina al mio libro: gli spazzacamini a Parigi con Notre Dame de Paris sullo sfondo.
Quando appare il mestiere dello spazzacamino italiano in Francia? Perché?
In Francia e altrove, gli spazzacamini sono apparsi quando si sono iniziati a costruire i camini fissi, murati all’interno delle dimore (nel XII secolo). Inizialmente si trattava di pulire il camino dalla fuliggine, in modo da evitare possibili incendi. I primi spazzacamini italiani si presentarono in Francia probabilmente al seguito dei mercanti lombardi, le prime testimonianze di spazzacamini piemontesi datano infatti la fine del Quattrocento (l’epoca della discesa di Carlo VIII in Italia).
Ma chi poteva permettersi in quei tempi di costruire camini fissi alle pareti? I re, i cortigiani, gli ecclesiastici (monaci per lo più) e i ricchi proprietari. É appunto questa ricca clientela che consente ad alcune famiglie di spazzacamini di raggiungere una notevole agiatezza (i camini da pulire erano migliaia). Alcune di esse, i Padelini di Craveggia e i Varizia diventarono addirittura spazzacamini delle Case Reali.
Gli spazzacamini, con il loro girovagare, hanno imparato anche ad offrire piccole mercanzie (fibbie, spille, nastri). È un’attività che suscita una reazione di contrasto da parte della corporazione dei merciai francesi: ad esempio, nel 1613, sette spazzacamini lombardi, stanchi delle angherie subite, riuscirono ad ottenere un decreto reale (Luigi XIII, reggente Maria de’ Medici) che autorizzò questo piccolo commercio. Sono privilegi storicamente confermati da vecchi documenti di difficile lettura che consentono però di smentire talune delle leggende più ripetute in Val Vigezzo. Una di queste suggerisce che il privilegio reale fosse dovuto ad un atto di riconoscenza da parte del re. Si narra, infatti, che un ragazzino impiegato da Giacomo Pidò, spazzacamino del Louvre, durante il suo lavoro avrebbe sentito parlare di un complotto contro il bambino re Luigi XIII e che avrebbe deciso di riferire la notizia alle autorità, ma negli archivi francesi non vi è traccia di questo complotto, né tanto meno di uno spazzacamino che ne abbia dato notizia.
I privilegi concessi dal re elevarono quindi i poveri spazzacamini a potenziali commercianti. Molti ne approfittarono e diventarono mercanti (i Bonzani), o addirittura banchieri o gioiellieri di successo: I Mellerio della Rue de la Paix erano ex spazzacamini/mercanti ambulanti di Craveggia.
Si può parlare di una forma d’imprenditoria d’oltralpe?
Certo, almeno dal Seicento. Come si gestiscono migliaia di camini se non con un’efficiente organizzazione? I conti ufficiali testimoniano che i camini da ripulire e quelli di nuova costruzione erano numerosi. Gli spazzacamini, dal canto loro, si erano organizzati e formavano una specie di corporazione. Con il tempo e le generazioni, molti di loro diventarono fumisti (termine nato nel 1762) mettendosi in proprio: non soltanto pulivano i camini, ma spesso collaboravano con gli architetti per la costruzione degli stessi in modo che non rilasciassero fumo. Lo scrittore Louis-Sébastien Mercier ne testimoniò l’importanza affermando quanto segue: «si è dovuto far venire dall’Italia dei fumisti capaci di costruire camini “che non fumano”». Tra i pionieri, i Padelini e i Varizia, i fratelli Bertolini di Craveggia (nel Settecento).
I fumisti vigezzini furono talmente apprezzati che rimasero a Parigi anche durante la rivoluzione francese costruendo non solo camini, ma anche altri congegni per il riscaldamento delle abitazioni (alcuni ottennero anche il brevetto delle loro invenzioni). I clienti importanti furono sempre molti: i fumisti della corte, in seguito le assemblee rivoluzionarie. Anche dopo la rivoluzione il lavoro non mancò loro con Napoleone I e successivi sovrani. Con il passar del tempo, ottennero quasi il monopolio dei servizi di riscaldamento dei palazzi della capitale!
Quale portata ebbe a suo parere il fenomeno nella storia dell’immigrazione italiana in Francia?
Una grandissima importanza principalmente per la sua durata nei secoli. Un’emigrazione transitoria dapprima e sedentaria dopo, in particolar modo nel Settecento con la creazione delle ditte di fumisteria. Quanti sono i discendenti di queste famiglie? Decine o centinaia di migliaia, ormai francesi a tutti gli effetti.
E, poiché la storiografia (ivi compresi gli specialisti dell’immigrazione italiana) non conosceva questo aspetto del fenomeno, dal canto mio ho cercato di rimediare…
Ci potrebbe ricordare qualche aneddoto storico riportato alla luce nel suo libro?
Ve ne cito due: il primo riguarda la profonda generosità dei tre fratelli Trabucchi che fecero costruire un ospedale per i poveri a Malesco (loro villaggio d’origine) ed una sala di sei letti riservata agli spazzacamini presso l’ospedale Beaujon di Parigi. Senza contare che fecero ingenti donazioni per i poveri.
Il secondo riguarda invece il lavoro di un operaio sulla Torre Eiffel, il fumista Rocco Barbieri che, per campare, si era adattato a fare anche il pittore edile ed aveva avuto la possibilità di collaborare alla verniciatura della Torre Eiffel. Secondo quanto mi ha raccontato una sua discendente di Crana (Santa Maria Maggiore), Rocco era molto fiero di questa sua attività e proprio per questo, in cima alla torre avrebbe pensato di lasciare una testimonianza del proprio operato con nome, cognome e data, esattamente come aveva visto fare ai tanti pittori ambulanti della sua valle che circolavano anche a Parigi (la Val Vigezzo è anche chiamata la valle dei pittori). Questo Rocco Barbieri era il fratello di un mio bisnonno!
Intervista a cura di Giulia Del Grande
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LES RAMONEURS « LOMBARDS » À PARIS
Histoire d’une émigration séculaire
Silvia Ceccomori
Editions L’Harmattan
France Italie
ISBN : 978-2-343-13457-4
29 €
«Quand apparaissent les premiers ramoneurs ?» vous demandez vous. Mais depuis qu’il y a des cheminées, des cheminées fixes sur les parois… au XIIe siècle !
Qui connaît l’histoire passionnante et séculaire de ces émigrants provenant du Val Vigezzo ? Courant les rues parisiennes, on les voit déambuler un chapeau sur la tête, les vêtements rapiécés, les guêtres usées, portant une raclette et un long bâton et criant «Haut en bas !» Mais ces misérables sont honnêtes et leur réputation atteint la Cour. Ils deviennent ramoneurs des Maisons Royales, puis marchands ramoneurs, grâce aux privilèges royaux. Si certains développent la filière marchande, d’autres perfectionnent la filière des cheminées : ils réparent celles qui fument, puis fabriquent des cheminées et des poêles qui «ne fument pas». Le XIXe siècle est l’âge d’or des fumistes vigezzins, dont certains seront des bienfaiteurs. Ce succès a son ombre, cependant : l’exploitation des
jeunes enfants contraints à grimper dans les cheminées devenues de plus en plus petites…
Silvia Ceccomori, née le 6 octobre 1943 à Saint-Maur-des-Fossés de parents italiens, est docteure en études indiennes. Arrière-petitefille de ramoneurs provenant de Crana en Val Vigezzo, elle ignorait tout de ce passé familial. Seuls lui parvenaient les récits de leur émigration réussie au Brésil et aux États-Unis et du retour au pays. C’est en consultant les archives de Santa Maria Maggiore qu’elle découvre la réalité. Cette omission la porte à se pencher sur l’histoire de ces émigrés en France, si originale qu’elle est source de légendes infinies.
[…] l’article en Italien paru sur le site Altritaliani.net par Giulia Del Grande 16 décembre […]