La notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini, venne assassinato su una spiaggia di Ostia. La sua barbara uccisione ancor oggi muove le coscienze e indigna per la mancanza di una verità che a distanza di 49 anni annaspa ancora in acque torbide.
Ricordiamolo con una sua splendida giovanile poesia, La pioggia, in lingua dialettale furlana (friulana) ed in traduzione italiana, ‘giusta’ per ricordarlo e giusta per questo mese di Novembre, come il senso, lo si comprenderà, della lirica di PPP, alfa ed omega dell’Anno…
Quarantanove anni fa, usciva dalla scena della vita – in un’unità di luogo, tempo ed azione da lui stesso previsti, come ebbe a dire più volte, in seguito, il suo amico e sodale, il pittore friulano Giuseppe Zigaina – Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, cineasta, filosofo, saggista, splendido ed unico intellettuale ante litteram.
“La pioggia – secondo il critico ed il direttore artistico della nota manifestazione culturale PORDENONELEGGE, Gian Mario Villalta – è una poesia emblematica per composizione, per atmosfera, per l’evocazione di luoghi da condividere con i propri affetti. Sono versi nei quali spicca la forza poetica di Pasolini al di là di qualsiasi indirizzo ideologico, al di là del fattore di identificazione linguistica con l’area friulana….”
Ma, forse, ciò non è completamente vero: Pasolini poeta, in una sorta di ambiguità affettiva, ma quanto vera, autentica, aveva scritto versi come La pioggia per l’appunto in lingua dialettale – l’idioma materno per eccellenza, come affermava il Foscolo – usando proprio quella friulana della madre Susanna, ma pubblicandoli, nel 1942, con il titolo Poesie a Casarsa per i tipi della Libreria Antiquaria di Bologna, luogo di nascita del padre.
Pier Paolo PASOLINI
Ploja tai cunfíns (Originale in lingua dialettale furlana/friulana)
Fantassút, al plòuf il Sèil
tai spolèrs dal to país,
tal to vis di rosa e mèil
pluvisín al nas il mèis.
Il soreli scur di fun
sot li branchis dai moràrs
al ti brusa e sui cunfíns
tu i ti ciantis, sòul, i muàrs.
Fantassút, al rit il Sèil
tai barcòns dal to país,
tal to vis di sanc e fièl
serenàt al mòur il mèis.
Pioggia sui confini (trad.)
Giovinetto, piove il Cielo
sui focolari del tuo paese,
sul tuo viso di rosa e miele,
nuvoloso nasce il mese.
Il sole scuro di fumo,
sotto i rami del gelseto,
ti brucia e sui confini,
tu solo, canti i morti.
Giovinetto, ride il Cielo
sui balconi del tuo paese,
sul tuo viso di sangue e fiele,
rasserenato muore il mese.
di Maria Cristina NASCOSI SANDRI