Poesia con Evaristo Seghetta Andreoli: ‘Il geranio sopra la cantina’

Per Missione Poesia, presentiamo oggi l’ultimo libro di Evaristo Seghetta Andreoli, intitolato “Il geranio sopra la cantina” (puntoacapo, 2023). È caratterizzato dalla dimensione esplorativa di quel limite temporale, di quella finitudine che appartiene alla nostra esistenza. Il poeta, pur nella consapevolezza di una questione che appare definitiva, cerca una soluzione al desiderio di eternità, mantenendo un profondo dialogo con ciò che trascende, con ciò che va oltre la soglia dell’umano.

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Evaristo Seghetta Andreoli è nato nel 1953 a Montegabbione (TR). Ha compiuto studi classici e giuridici e ha lavorato in un Istituto di Credito. Fa parte dell’Associazione Pianeta Poesia di Firenze, dell’Associazione Tagete di Arezzo, dell’Officina delle scritture e dei linguaggi di Perugia, e della Libuni – Libera Università di Città Della Pieve. Collabora con le riviste letterarie Testimonianze, Euterpe e L’area di Broca. È stato ospite di varie rassegne letterarie tra cui “Modena Poesia Festival”. Le sue raccolte poetiche: I semi del poeta (Polistampa 2013); Morfologia del dolore (Interlinea 2015); Inquietudine da imperfezione (Passigli 2015, Premio Firenze Europa Fiorino d’oro 2015, Premio Mario Luzi 2016/17); Paradigma di esse (Passigli 2017, Premio Certamen Apollinare Pontificia Università di Roma 2018, Premio Città di Sassari 2018); In tono minore (Passigli 2020, Premio Il convivio Taormina 2020); Il geranio sopra la cantina (puntoacapo, 2023). Compare su varie antologie e blog letterari. Molte sono le recensioni alle sue opere, tra cui diverse su «La lettura del Corriere della Sera».

Conosco Evaristo Seghetta Andreoli da diversi anni, ovvero da quando cominciai a seguirlo sui social, e poi decisi di incontrarlo alla presentazione di un suo libro a Bologna. Mi aveva colpito, contrariamente a quanto avviene per la maggior parte della poesia contemporanea, il suo modo di scrivere poesia, nel quale ritrovavo la tradizione classica e musicale dei nostri grandi maestri toscani, Dante in primis ma non solo. Da allora ho continuato a seguirlo, e ho notato che la sua cifra stilistica è rimasta intatta, mentre i contenuti si sono fatti più potenti, più introspettivi e ancor più condivisibili. Di lui presenteremo la sua ultima opera al nostro incontro a Bologna, per la rassegna Un thè con la poesia, previsto per il mese di dicembre 2024.

Il geranio sopra la cantina

Se è vero che dalla forma prende vita la poesia, se è vero che il poeta deve saper usare gli strumenti retorici a sua disposizione, se è vero che l’analisi di un testo deve tener conto delle dimensioni di struttura, forma, retorica, metrica per valutare il dettato stilistico di un’opera, nonché il suo valore, per Il geranio sopra la cantina, libro più recente di Evaristo Seghetta Andreoli, possiamo senz’altro dire che ciò che leggiamo, tra le sue pagine, rappresenta un raro esempio di scrittura dove la lingua è capace di dettare le regole al contenuto dei testi senza mai tradirlo, rendendolo chiaro e comprensibile al lettore che, senz’altro, ringrazia per la linearità d’intenti esplicitata e la possibilità di fruire semplicemente di questi versi, resi ancor più piani dall’uso frequente dell’endecasillabo e dalla musicalità che ritorna in copiose rime, anche interne, in assonanze e consonanze, che l’autore generosamente e sapientemente utilizza.

Detto questo, possiamo cominciare a interrogarci sui contenuti di questo lavoro, caratterizzato, senza dubbio, dalla dimensione esplorativa di quel limite temporale, di quella finitudine che appartiene alla nostra esistenza, laddove il poeta, pur nella consapevolezza di una questione che appare definitiva, cerca una soluzione al desiderio di eternità, mantenendo un profondo dialogo con ciò che trascende, con ciò che va oltre la soglia dell’umano ma anche con ciò che circonda il suo quotidiano, a partire dalla natura resa protagonista da fiori e piante e animali che prendono parte alle emozioni del poeta, attraverso l’espediente del correlativo oggettivo.

Così, se il tema centrale è, come detto, quello della soglia temporale che si estende alla vita terrena di ognuno di noi, tema che sostiene quasi un lascito, un testamento culturale del poeta, immerso in una dimensione di mancanza che comincia ben prima della fine, non manca invece la percezione delle cose, il sentire ancora e, forse, in maniera più forte e solenne, il rumore, l’essenza, la sapienza di ciò che ci circonda per prepararsi in qualche modo al tonfo della partenza, della perdita, del congedo (come direbbe Caproni) sostenendo la bellezza della vita con lo sguardo anche nell’ora tarda della sera. Non c’è solo un io lirico che sembra approssimarsi a percorrere un ultimo tratto di strada ma, spesso, questo è accompagnato da un tu a cui si rivolge l’autore, di cui possiamo solo immaginare l’esistenza ma non la sostanza: una compagna, un amico, un essere divino… poco importa nello sviluppo della poetica. Importa invece sapere che il poeta non è sempre solo, non si sente sempre solo, e che questi momenti di malinconia o di nostalgia sono spesso vissuti in compagnia di qualcuno che dona conforto, di qualcuno a cui egli sa di potersi rivolgere e che, immaginario o reale che sia, può supportarlo e assisterlo nel cammino. Fondamentale possiamo dire per la riuscita di un’opera di poesia lo scantonare dall’autobiografico per provare a coinvolgere un’altra entità, laddove il tu spesso può diventare un noi, può arrivare all’universalità dei fatti e degli accadimenti, al vissuto delle esperienze dolorose, ma anche del sentire, del sentire comune, infiltrandosi dalla micro alla macro storia. L’attesa di un qualcosa che deve accadere trascina con sé i ricordi d’infanzia e di giovinezza, i volti si fanno carne e rughe di avi, le festività assaporano esse stesse l’attesa del loro realizzarsi, specie la Pasqua che riporta ad un oliveto e al canto di un gallo che per tre volte si espresse, forse non solo per Gesù… e le domande, quelle necessarie, quelle che cercano di colmare un vuoto, diventano la ricerca del senso stesso dell’esistenza, ricerca alla quale non c’è mai risposta certa.
Mario Luzi si chiedeva: Di che è mancanza questa mancanza,/cuore,/che a un tratto ne sei pieno?/di che? allo stesso modo Evaristo Seghetta Andreoli si chiede: Quale pioggia o quale neve dovrà/cadere a colmare il vuoto interiore?

Forse neanche la sezione illuminata dal comportamento animale, una specie di bestiario moderno, la quarta sezione per l‘esattezza, quella dove si mescolano sentimenti, paure, percezioni umane, tra uomini e animali, dove sono questi ultimi ad avere più capacita di entrare in contatto con il senso primordiale della natura, grazie al loro istinto, forse neanche questa sezione è capace di dare risposte definitive, laddove l’uomo si ritira, quasi incapace ormai di comprendere la purezza e la spontaneità di certi atteggiamenti, di un sentire e di un compiere più vicini al divino dei suoi stessi atti.

Si conclude il libro con due brevi capitoli che ci riassumono le clausure dei tempi del Covid, e le nuove tipologie di comunicazione imposte dal Web. Nel primo c’è di positivo la riscoperta della libertà e dell’interazione fisica con l’altro alle quali, a clausura finita, tutti sembravamo aspirare, ma di contraltare, nel secondo si dà conto di come le interazioni, in realtà, erano e sono rimaste, per la maggior parte, solo telematiche, riducendo i contatti a frammenti di presenza e di dialogo, nei quali nulla sembra più avere importanza se non l’illusione di esserci, in una presenza che non è certo reale e che non comprende se non sbiaditamente, la figura di quel geranio sopra la cantina che tanto ci incantava.

Alcuni testi da: Il geranio sopra la cantina

 Un lunedì come tanti ma questo
è appeso al vuoto dell’illusione.
Si cambia molto a questa età, si dà
più peso a quello che non avresti mai
immaginato. I miei lunedì tanto
detestati, ora diventati il giorno
dell’insperata felicità.

E il tepore di maggio esplode nella
stratosfera del soffitto colore
bianco celeste di quella marina
artificiale senza schiuma, senza
onde, adesso che il sogno sosta sulle
spiagge dell’Eden, i suoi passi sopra
al cuore. Coglieremo un solo frutto
dai rami vivi del bene e del male
e ci riscatterà la fantasia.

*
Ho innaffiato le rose gialle, il pesco
e la siepe ormai poco verde della
mia fantasia con acqua fresca
attinta dal pozzo scavato nella
roccia viva che non si sfalda. Troppa
bellezza stordisce, non siamo pronti
per l’impatto con l’assoluto
scivoliamo nella strettoia della
limitatezza. Un petalo di rosa
e una carezza è ciò che resiste,
fragile stelo della poesia.

*

A mio padre

Le piste nel deserto
il camion militare
una guerra ormai persa
le residue speranze
all’ombra del cappello
coloniale.

Lo sguardo in questa foto
ingiallita dal tempo
e dal sole africano,
tiene in vita i tuoi occhi
che, sulle piste dei miei
deserti, mi guidano
ancora.
 
*
 
Quando vidi il mare la prima volta
se ne stava lì calmo, verdissimo
e adagiato sulle costole esposte
della penisola. Al sonno increspato

attendeva la reazione agli occhi
del bambino, dallo spacco oltre il molo
allorquando la barca prese il volo
a mostrare l’effetto infinito.

Lì sono tornato adesso a scrutare
se alla bocca del porto, nello spazio
ristretto e assorto, scaturisca ancora
la meraviglia anche al tramonto, il mio.

*

La randagia è li che mi aspetta.
Ho preparato un tetto, un letto, cibo
quotidiano e anche una qualche carezza
che non accetta, non si fida. Resta
a distanza, mi segue tra gli ulivi
e il fosso, oggi che mi sono seduto
all’ombra, allora si è acquattata
dietro me, gli occhi più verdi del prato
e dei ramarri che come le mie
illusioni non hanno scampo.

Bologna, novembre 2024
Cinzia Demi

IL SITO DI EVARISTO SEGHETTA

P.S.:
_cidpetit_2db8fc4034a725bd5b7594d6e8e98e000a09c538_zimbra.jpg“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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