La serata evento in prima mondiale su Rai1 ha portato in scena “Un Uomo nel Vento”, la nuova sfida di Roberto Benigni, due ore esatte di monologo per tratteggiare il ritratto di Pietro, l’uomo, il pescatore, l’apostolo spinto dal vento dell’amore a testimoniare l’amicizia per Gesù e la fede, tra momenti esaltanti, errori, cadute. Una prima serata Rai1, quella del 10 dicembre, che ha sfiorato i 4 milioni di telespettatori, un vero successo di cui ci parla Carmelina Sicari.
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Merita decisamente un commento la performance di due ore di Benigni interamente costruita sulla parola, protratta per un periodo che nessun oratore classico e no potrebbe giudicare sostenibile, oltre due ore, fondata su un sistema di anafore, ripetizioni via via amplificate che la retorica classica bollerebbe come contrarie alla brevitas, alla concinnità.
Ma indubbiamente l’efficacia globale è stata notevole.
La storia del cristianesimo riassunta in una figura, Pietro, il primo degli Apostoli, visto con i suoi errori e la sua dimensione umana ma dietro cui c’è Cristo e riassunta in una parola amore, che alla fine evoca il suo opposto, l’odio.
È singolare come il tema dell’amore, con il fascino evocato con grande efficacia, senza figure particolari abbia potuto occupare tutta la narrazione.
Gli episodi tratti dal Vangelo, infatti, sono scarni, solo tre: la guarigione dell’emorroissa, l’investitura di Pietro, il suo rifiuto di Cristo.
Si può dire di Benigni quello che Ettore Paratore ebbe a dire di Cicerone: La parola è il suo regno.
Tanto più interessante in quanto essa è fortemente strapazzata non solo dai mass-media ma soprattutto dai social. Confusa, usata ambiguamente.
La potenza dell’amore spiega nella narrazione la vocazione di Pietro, il suo abbandono alla nuova realtà che si attua proprio attraverso Cristo, la nascita di uomini nuovi e quindi della Chiesa, un mistero potente e straordinario.
Carmelina Sicari






































