“Ciao, se state leggendo questo messaggio significa che non sono più in questo mondo. Nonostante questa prematura dipartita, la mia resta comunque un successo e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra. Non avrei potuto chiedere di meglio » (Lorenzo Orsetti – combattente italiano per i curdi morto in Siria).
Mentre scrivo è ancora in Siria il corpo di Lorenzo Orsetti il giovane fiorentino andato a combattere per la libertà affianco all’esercito curdo, caduto, qualche giorno fa, in un’ imboscata degli ultimi resistenti dell’Isis.
Ci sono giovani e giovani. Lorenzo Orsetti era un giovane uomo che aveva ideali, che aveva scelto di andare con i più deboli, di difendere quei valori culturali e politici di libertà. Per questo era partito combattente a fianco dei curdi contro l’oppressione e l’integralismo fanatico dell’Isis ed andava fiero della “sua battaglia di civiltà” contro lo Stato islamico.
L’Italia non era e non è in guerra, ma non era questo che per lui contava. Il punto era che sentiva come insopportabile accettare in silenzio, facendo finta di niente, l’ingiustizia che si stava consumando a Kobane dove le forze del male rappresentato dallo “Stato Islamico”, assediavano brutalmente quei territori dove con pochi mezzi e con tanto coraggio, uomini, donne, bambini, un’intera comunità resisteva all’oscurantismo medievale di quegli aggressori.
Ha scelto di lasciar perdere la vita comoda, l’eterno piagnisteo italiano che amplifica la propria povertà, i propri problemi, in modi tali da offendere quei paesi in cui povertà vuol dire davvero fame, emigrazione e spesso morte. Dove i problemi non sono un salario precario ma la carestia, la guerra, malattie endemiche, la siccità, l’impossibilità di immaginare un futuro nelle proprie terre. Lorenzo Orsetti, fiorentino di 32 anni, sentiva il dovere di difendere la libertà ovunque fosse offesa e sapeva che quei curdi combattevano anche per noi, europei ed occidentali, per la nostra cultura, per i nostri valori, probabilmente amando sempre la cultura e i valori e le sofferenze di quel popolo curdo da sempre senza patria, da sempre in lotta orgogliosamente per il proprio riconoscimento.
In Siria ci sono stati foreign fighters occidentali, ma molti ignorano che ci sono state anche brigate internazionali con diversi italiani anche giovanissimi che hanno combattuto con coraggio contro l’Isis. Come Karim Franceschi, figlio di partigiano, che ha raccolto la sua esperienza bellica nel bellissimo libro: “Il combattente”. Anche lui sentiva di non avere scelta, che più che le chiacchiere da bar o degli sfoghi di salotto, la civiltà aveva bisogno di braccia e coraggio per essere difesa da una barbarie senza fine.
Combattere per il futuro, contro chi voleva che il mondo tornasse al medioevo, combattere per la cultura contro chi aveva abolito nei territori occupati il diritto all’istruzione, finanche alla musica, contro chi considera la donna un essere inferiore, chi uccideva con ferocia gli omosessuali, reprimendo ogni diversità, chi faceva esplodere statue e monumenti testimonianze del passato e memoria dell’umanità, come nell’inestimabile sito archeologico di Palmira. Combattere per quei valori di civiltà che sono le conquiste delle società occidentali, come la libertà in generale ed in particolare i diritti civili, le conquiste delle donne, quel diffuso benessere che fanno dell’occidente ancora oggi il migliore dei mondi possibili e la stella polare per tutti coloro che soffrono e fuggono dalla fame, l’ingiustizia e l’oppressione nel mondo.
Giovani eroi, veri eroi, in un paese come il nostro malato di paure, diventato chiuso e rancoroso seguace del populismo, non patriota ma perso in un irrazionale nazionalismo, in un egoismo fondamentalista e ottuso al pari, per intensità, a quello dei Daech. Veri eroi in un paese dove del termine si è spesso abusato confondendo questi con le semplici e sfortunate vittime di eventi tragici o dove la televisione fa eroi chiunque a partire dal “Grande fratello” ai milionari giocatori che riempiono le nostre domeniche calcistiche.
Giovani italiani in un paese dove i potenti di turno li considerano nulla, che al massimo sono oggetti di un assistenzialismo clientelare (vedi reddito di cittadinanza), mentre la classe dirigente tutta non si svecchia mai, con politici, sindacalisti, capi di imprese, circuiti economici, scientifici ed universitari da sempre posseduti da un’avida gerontocrazia che non muore mai.
Giovani educati da sempre alle ali paterne e materne, ad un destino inconcludente spesso definiti anche con disprezzo come bamboccioni, mammoni, e che un’ingiusta rappresentazione mediatica avvilisce a stupidi cultori di serie televisive.
Invece, se è vero che l’eroe è colui che sacrifica la propria vita per difendere quella di altri, che è pronto a morire per valori non negoziabili o trascurabili, allora Orsetti è un eroe e sarebbe giusto conferirgli una medaglia alla memoria per il suo altruismo, per la sua generosità.
Ma Orsetti, Franceschi ed altri, sono in realtà la punta di un iceberg che in Italia e nel mondo cerca di fare la vera e unica rivoluzione necessaria, quella generazionale.
Come Antonio Megalizzi, vittima del terrorismo a Strasburgo, giovanissimo giornalista per una radio universitaria che aveva nel cuore il sogno di un’Europa Unita, magari con gli Stati Uniti d’Europa e che aveva investito tutto il suo entusiasmo e la sua intelligenza per rendere il sogno europeo realtà.
Ad essi si aggiungono i tanti giovani che sono scesi in piazza a difesa dell’ambiente richiamati, invocati, dalla piccola e coraggiosa Greta, che a tredici anni ha sentito il bisogno di prendere il mondo tra le mani. Esiste una gioventù diversa da come spesso la rappresentiamo, esiste una gioventù che va all’estero per lavorare e non per fame, ma per il bisogno di indipendenza e di esperienza, che sente oggi di essere europea prima ancora che italiana. Esiste un mondo di giovani che lavora nelle onlus a salvare naufraghi o magari che nelle rigide notti di inverno si occupa di chi è solo e senza una casa, magari a dare conforto, sostegno. Si tratta di tutto un mondo che non capisce e probabilmente non accetta le oscure paure contro la globalizzazione o le diffidenze e l’ostilità contro l’Europa che loro sentono come una patria al pari o più della stessa Italia.
Il vento oscurantista che mette in discussione la scienza, il progresso, i diritti civili (c’è nel governo chi opera per tornare in dietro, abolendo le unioni civili, che magari sogna di vietare l’aborto e finanche di mettere in discussione conquiste come il divorzio). C’è un vento fetido che spira in questo senso e la ventata di gioventù che arriva è portatrice di valori nuovi e di una linfa che consente di nuovo di guardare con fiducia al domani.
Per quanto tempo ancora potrà durare l’incubo sovranista? quanto potranno reggere i loro muri, le loro paure, i loro egoismi nazionalistici ad una sempre più crescente voglia di solidarietà, di speranza, di futuro e non solo di presente? Quanto fiato potrà ancora avere il trumpismo, il putinismo e i loro figli maledetti?
Il motore di novità che questi giovani leoni fanno rombare con sempre più impazienza spinge il mondo e l’Europa ad uscire dalle proprio paure e le vecchie generazioni che da decenni si sono impantanate nelle loro insicurezze potrebbero presto finalmente uscire di scena dando cosi campo al futuro, al domani, com’è nella natura delle cose. Ce lo hanno insegnato Lorenzo, Karim, Antonio e gli altri giovani che si mettono in gioco. Non si puo’ vivere di rancori in buona parte irrazionali, non possiamo rinunciare ai nostri valori di umanità su cui si fonda la nostra stessa storia, non possiamo girare la testa mentre in mare annegano disperati, mentre nel mondo c’è tanta ingiusta sofferenza. Ma soprattutto non possiamo rinunciare ad aspirare ad un mondo positivo, libero, costruttivo, in cui ci si possa camminare a testa alta e senza vergogna.
Veleno