Le paure della globalizzazione e il rischio dell’Italia di fare un passo indietro

Sul tema delle prossime elezioni italiane e partendo da un recente articolo di Nicola Guarino pubblicato su questo stesso sito, ecco per arricchire di più il dibattito un nuovo contributo che si sofferma sulle contraddittorie risultanze dell’economia italiana e sui rischi globali dell’insorgere di populismi che farebbero arretrare di molto il futuro del nostro pianeta.

In risposta, ma soprattutto in supplemento a quanto già scritto nell’articolo di Nicola Guarino circa le prossime “elezioni italiane” aggiungo quanto segue. In supplemento, perché condivido in pieno quanto codesto articolo contiene, ma vorrei allargare il discorso da un punto di vista globale circa il rischio dell’Italia di fare un passo indietro.

Di passi avanti, dall’unificazione del Regno alla odierna Repubblica, non riesco a vederne tanti, almeno di importante rilevanza per l’ammodernamento dell’economia ai tempi della odierna civiltà cosiddetta occidentale, soprattutto in relazione all’economia globalizzata. Il fatto di essere passati dalla vecchia Lira all’Euro, non si può considerare, nemmeno questo fatto, un passo in avanti in quanto il cambio non è stato reso complementare dalle necessarie riforme per rendere l’economia nazionale più moderna e dinamica in competizione con i partner europei nel circolo della moneta comune. Questa mancanza di riforme è già stata di per sé un ostacolo che ha causato all’Italia una sofferenza maggiore rispetto agli altri paesi europei durante la crisi iniziata negli US con i “prestiti subprime” che ha contaminato tutto il sistema monetario internazionale.

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Ma ora il pericolo di un passo indietro è reale e potrebbe essere catastrofico. L’emergere di movimenti populisti, sia in Europa sia negli USA, potrebbero far crollare il sistema monetario mondiale, rompendo gli accordi commerciali e chiudendosi nei confini nazionali. Questo tipo di protezioni nazionalistiche non possono dare sviluppo e crescita all’economia mondiale, anzi ne sarebbero un impedimento, e non possono che creare miseria e sofferenze cominciando dai ceti sociali più deboli che hanno bisogno di lavoro e commercio.

Purtroppo, nonostante i meriti che Nicola Guarino, l’autore dell’articolo citato, attribuisce giustamente al Partito Democratico, questi non bastano per spiegare agli italiani quale pericolo stiano correndo. Il popolo italiano ha coscienza ma non ha sufficiente conoscenza nel campo dell’economia politica che non è nemmeno parente dell’economia aziendale. Io arrivo fino a supporre che nemmeno la maggioranza dei politici che siedono nel parlamento abbiano sufficiente conoscenza della materia. Vorrei tanto sbagliarmi ma, purtroppo, se così fosse, si dovrebbe dedurne che abbiamo in Parlamento dei grandi disonesti. L’Italia non cambia. I politici non fanno nulla per cambiare e lo Stato ancora oggi è nemico degli imprenditori. Quindi anche il Partito Democratico è colpevole come tutti gli altri.

Vorrei fare osservare che l’economia italiana in crescita di questi tempi non è altro che la conseguenza della ripresa economica mondiale e l’Italia (secondo l’Ocse) segue il trend negli ultimi posti della graduatoria dei paesi sviluppati.

La disoccupazione, specialmente nei giovani, è ancora a livelli insopportabili: a luglio 2017 l’Istat stima gli occupati in crescita dello 0,3% rispetto a giugno (+59 mila), «confermando la persistenza della fase di espansione occupazionale». Rispetto a luglio 2016 l’incremento è di 294mila unità (+1,3%). Cresce tuttavia il tasso di disoccupazione giovanile: a luglio si attesta al 35,5%, secondo i dati Istat, in crescita di 0,3 punti da giugno. L’Italia è un paese dove si nasce, si cresce, ci si educa e quando si è pronti per lavorare, si va all’estero. L’emigrazione italiana è tre volte superiore ai dati Istat e supera il numero di immigrati economici e profughi.

Risulta anche che gli immigrati in Italia provenienti dai paesi del terzo mondo, dopo un periodo di residenza di circa dieci anni o poco più, emigrano anche loro dopo aver acquisito la cittadinanza italiana. E la politica italiana che cosa fa? Si vanta dei successi che i suoi cittadini emigrati ottengono all’estero senza vergognarsi per non aver mai tenuto conto del loro valore e non aver fatto nulla per trattenerli in patria.

Anche i pensionati italiani più fortunati se ne vanno a vivere all’estero mentre i cittadini che vivono permanentemente in Italia si lamentano per l’afflusso di immigrati stranieri che invadono i loro sobborghi creando paure (il più delle volte senza motivo) e rompendo il tradizionale modus vivendi con le loro diverse e sconosciute tradizioni. Invece questa immigrazione, il più delle volte, è provvidenziale perché ricopre il vuoto che lasciano i nostri emigranti.

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Questo malcontento degli italiani che vanno a votare crea l’attrazione verso i partiti populisti che, se dovessero ottenere la possibilità di governare un paese già difficile per la sua arretratezza, potrebbero determinare un disastro peggiore di quello che i partiti tradizionali hanno già fatto con il loro immobilismo strutturale.

Fra i due mali si tratta di scegliere il minore poiché un cambiamento dovrà avvenire comunque se la Repubblica Italiana vorrà sopravvivere, restando anche l’ultima in classifica fra i paesi sviluppati.

I tempi sono ormai maturi per la definitiva stabilizzazione del sistema capitalistico globale supportato dal sistema monetario internazionale che è il mezzo ormai insostituibile per gli scambi commerciali. Dobbiamo solo augurarci che la ripartizione della ricchezza diventi più equa e giusta e a portata delle esigenze di tutta l’umanità. Rimane inoltre da rivalutare la grandezza dell’intelletto umano riportando i valori della vita adeguandoli alla nostra natura di esseri trascendentali capaci di osservare, capire e controllare tutte le forze dell’universo del quale siamo parte integrante.

Daniele Bertozzi

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