Un altro Natale, come un giro di orizzonte, fa di questo inverno una quiete di Attesa. Avvento. Lunga e costante, consunta eppur vitale.
È come misurare le gocce di un tempo che si rinnova, nonostante gli affanni degli uomini e della terra che si consuma. E l’indugio si rinnova. Il tempo dell’Attesa di un uomo che non è mai cresciuto. Proprio come il Bambino che verrà in soccorso; forse arriverà, sì, nell’aria “con tre Angeli vestiti di tuniche verdi che suonano le loro trombe e la terra intera sembra oltrepassarli e nessuno sente la musica che suonano”.
Cantava così Bob Dylan, poeta americano di origini russo-ebraiche. “Tre angeli sulla strada
ognuno di loro suona un corno / vestiti di verde con le ali che spuntano fuori /Sono lì fin dal mattino di Natale”.
Ribadisce il cardinale Ravasi: “Da quando si sono affacciati ad annunziare con gli altri innumerevoli colleghi la nascita di Cristo, questi messaggeri divini sono rimasti nel cielo che incombe sulle nostre città rumorose e distratte. Purtroppo il cielo si è inquinato, e non solo per le esalazioni industriali ma anche perché è stato velato dalla polvere dell’oblio dell’umanità distratta….”
L’uomo con il suo fare affannoso vive al centro del suo universo. Eppure “l’uomo non può vivere senza inchinarsi dinanzi a qualcosa. Chi nega Dio finirà con l’inchinarsi davanti ad un idolo di legno o di oro, o ad un idolo astratto.” Fa eco così un sempre inquieto Dostoevskij.
L’uomo nuovo verrà, come fa da millenni, nelle sembianze del Bambinello della mangiatoia. Verrà, a parlare degli ultimi, di questa terra che si consuma, di chi la umilia e umilia il suo prossimo. Verrà. Nonostante chi non ci crede. Nonostante chi ci crede davvero.
E intanto: “Ci attornia / questa festaiola malinconia
eppur vitale. / Saluti miscredenti / confondono le luci
di replicati auguri.
Mimesi / sulla via dell’eden / disseminata di scintille /
e pomi colorati / Converrà sognare per non capire?
A tutti noi, ugualmente”
Armando Lostaglio