L’Appunto di Alberto Toscano – 9 luglio 2024 – Legislative Francia

Place de la République, Paris

La Francia s’è desta. Nel momento decisivo, gli elettori hanno smentito gli astrologi dei vari istituti demoscopici, bloccando la marcia del Rassemblement national (RN), che sembrava trionfale fino alle ore 20 di domenica 7 luglio. Questo è il dato politico fondamentale delle legislative, indette dal presidente Emmanuel Macron sull’onda della sua sconfitta elettorale alle europee del 9 giugno.
I francesi continuano a vedere nella formazione di Marine Le Pen un partito diverso dagli altri. Da un lato lo votano in massa e dall’altro sono pronti a ogni alleanza pur di sbarrargli la strada del potere nazionale. L’eredità del 7 luglio diventa dunque l’«ombra lunga» della politica francese. L’ombra che si proietta sui prossimi anni. Scrutando l’orizzonte dalla Tour Eiffel, si vede un panorama dominato dalle elezioni presidenziali del 2027, scadenza che da questo momento condizionerà tutti gli scenari, tutte le strategie e tutte le macchinazioni. Ecco la domanda sulle prospettive del RN assumere una portata politica tutta particolare, che va oltre la pesante sconfitta subita il 7 luglio da Marine Le Pen. Continuerà o no il «fronte repubblicano» a compattare i liberali e il Fronte popolare per impedire all’ex Fronte nazionale di metter piede all’Eliseo ?

Per rispondere a questa domanda, conviene osservare i voti prima di parlare dei seggi. Il clan Bardella-Ciotti ha avuto il 30 giugno (primo turno) 10,6 milioni di voti contro i 9 della coalizione di sinistra e i 6,5 del clan presidenziale, guidato alla battaglia dal primo ministro Gabriel Attal. Il 7 luglio (secondo turno) il RN ha ottenuto 10,1 milioni di voti contro rispettivamente 7 e 6,3 milioni. Alle legislative, quando queste cifre sono spalmate su 577 circoscrizioni, le cose si relativizzano. Si possono perdere le elezioni nazionali anche avendo più voti degli altri. Ma in uno scontro presidenziale le schede contano tutte allo stesso modo. Marine Le Pen mantiene quindi le sue chances di combattere e di vincere la sfida del 2027 per l’Eliseo. A fare la differenza nel 2027 potrà forse essere ancora la logica del Fronte repubblicano, ma conterà soprattutto il comportamento dei partiti che eserciteranno nei prossimi due anni e mezzo le responsabilità del governo. Hanno avuto la bicicletta ; adesso devono pedalare. Se deluderanno il paese, il prezzo da pagare potrebbe essere molto elevato.

C’è stato un tempo in cui lo schema della vita politica della Quinta Repubblica era sostanzialmente bipolare. Fino al successo di François Mitterrand nel 1981, la destra ha avuto il monopolio del potere e la sinistra quello dell’opposizione. Poi è cominciata l’alternanza, che ha rafforzato le istituzioni e che ha superato con successo l’esperienza delle tre coabitazioni (1986-88, 1993-95, 1997-2002). Nel 2002 le cose sono cambiate. Arrivando al ballottaggio presidenziale, Jean-Marie Le Pen ha dimostrato le difficoltà del vecchio bipolarismo. Oggi abbiamo un’Assemblea nazionale a tre teste (Gauche, Centro liberal-macronista, RN) e una testolina (piccola numericamente ma piena d’ambizione: quella dei Républicains, orfani di Eric Ciotti e felici di questa loro condizione). Oggi abbiamo quattro protagonisti, pronti a tutto tranne che ad allearsi tra loro. Decisi a tutto tranne che al compromesso. Nella Francia nostalgica dell’ideologia, la parola compromesso fa pensare all’idea di compromettersi, di sporcarsi le mani.

Ecco il paradosso della Francia attuale : Gauche e macronisti possono unirsi per «far fronte» tatticamente contro Marine Le Pen, ma non capiscono che – dividendosi al momento di governare e creando (forse) le condizioni per un cattivo governo – rafforzeranno strategicamente Marine Le Pen e incoraggeranno ogni forma di populismo alla francese. Purtroppo l’ «ombra lunga» delle prossime presidenziali ostacola la nascita di un vero e serio compromesso di governo. Ognuno pensa alla propria candidatura. Esempio. Jean-Luc Mélenchon vuole presentarsi nel 2027 come alfiere del grande «Changement». Un “puro e duro” della nuova rivoluzione francese, che non ha dunque alcun interesse a “compromettersi” entrando oggi in un’intesa pragmatica con forze politiche troppo lontane dalla sua. Prigioniera delle proprie ambizioni, la politica francese rischia nei prossimi mesi di giocare a mosca cieca. Tra un anno Macron potrà sciogliere di nuovo l’Assemblea nazionale. Tutto è possibile all’orizzonte del 2027.

Assemblée nationale Paris

Restano i risultati delle ultime legislative. Il 7 luglio è stato un po’ la «sagra del villaggio». Qualcuno ha vinto, ma non sa come far funzionare il suo giocattolo. Qualcuno ha certamente perso, ma ha avuto comunque un premio di consolazione.

I vincitori numero uno sono senza dubbio i partiti di sinistra, che sono riusciti a rimettersi insieme dopo le furibonde polemiche delle elezioni europee e che hanno conquistato la maggioranza relativa con 174 seggi sui 577 dell’Assemblea nazionale. Hanno vinto, ma non allo stesso modo. Socialisti e Verdi sono andati molto bene, visto che i loro candidati hanno beneficiato di un buon sostegno degli elettori di altra ispirazione politica. I fedeli di Mélenchon sono invece sullo stesso livello del 2022 : avevano 75 seggi e ne hanno adesso 71. Solo gli amici si fidano di loro. La soddisfazione (e quindi la buona volontà nel cercare vie d’uscite alla crisi politica) dei socialisti e dei Verdi non sono dunque le stesse dei membri della France insoumise (LFI).

La coalizione macronista Ensemble ha avuto un risultato elettorale evidentemente negativo, avendo ottenuto 162 seggi, ossia molti meno dei 250 conquistati nel 2022. Il suo premio di consolazione (per nulla trascurabile) sta nel fatto che, per uscire dalla confusione politica, ci sarà bisogno del Centro liberale, che ha all’Eliseo il proprio santo protettore. Resta da capire (e questo nessuno lo sa) fino a che punto il Centro liberale resterà compatto nel nuovo clima della corsa verso le presidenziali del 2027. I macronisti di origine socialista saranno forse sensibili alle sirene del loro vecchio partito, che ha oggi il vento in poppa. I macronisti di origine gollista avranno una gran voglia di rifare un forte movimento della destra «classica» insieme ai Républicains, che hanno conquistato 63 seggi con i loro alleati locali.

Infine c’è il RN, umiliato dalla sfiducia di gran parte dei francesi, ma confortato dal fatto d’aver conquistato (mettendo nel conto gli alleati della pattuglia di Eric Ciotti) 143 contro gli 89 ottenuti nel 2022 (che erano già un’enormità rispetto ai 2 del 2012 e agli 8 del 2017).

Ecco il volto della Francia politica, pronta a voltar pagina dopo lo scampato pericolo. Adesso si pensa alle vacanze. Il motore dell’auto è acceso e i bambini faticano a tenere a bada il cagnolino “Sapic”, mentre la tartaruga “Censure” dorme nel bagagliaio. Forse si sveglierà in autunno, eccitata dall’incontro col suo compagno “Quaranteneuftrois”.

Alberto Toscano

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022), Camarade Balabanoff. Vie et luttes de la grand-mère du socialisme (Armand Colin, 2024)

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