È in fase di allestimento a Roma la mostra Àmor curata con grande professionalità dalla dottoressa Nicoletta Rossotti, che fa parte della Accademia Internazionale Medicea di Firenze. Il Rettore è Michele Coppola, artista che valica i nostri confini.
È in procinto di preparare eventi che condurranno la sua arte in contesti internazionali. Le sue opere evocano filosofia, il mito: traduce in forme e colori le sue visioni. Come disse Filippo nel suo Vangelo gnostico: la Verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in immagini.
“Le visioni di cinema, di arte e poesia non sono soltanto lezioni e nemmeno spettacolo. Sono l’esposizione di un prolungato movimento della mente. Sono il Sapere come apparirebbe se ne facessimo una installazione artistica.” Lo scrive Alessandro Baricco e rappresenta un po’ l’assunto del movimento ideale di Michele Coppola: ne fa una propria ragione di vita e la contamina di visioni arcaiche ampliandone l’ottica nei consessi umani più profondi. E ciò gli è possibile in virtù di una costante ricerca di Verità, che viene dagli Scritti antichi, dalla filosofia di epoche e luoghi più diversi.
Lo abbiamo incontrato per parlare dei progetti imminenti che coinvolgono l’Accademia.
“Più che parlare di eventi – ci dice – che condurranno la mia arte in contesti internazionali, provo a portare messaggi culturali individuati come ponti di connessione tra passato e presente e tra Firenze ad altri Paesi come gli Stati Uniti. Ritengo che la mia arte si ispiri alle divinità antiche, i messaggi sono rinvigoriti dalla cultura rinascimentale e da quella visione espressa da Nicolo Machiavelli: “guardare oltre e dietro la realtà fattuale”.
D.: Vige dunque l’urgenza di comunicare tali messaggi, in questa difficile epoca?
M.C.: Dobbiamo, come uomini d’arte, veicolare messaggi artistici e rivolgere sempre il dubbio se ciò che noi proponiamo in altre culture sia gradito o meno, portando rispetto verso chi riceve i nostri messaggi. Credo che oggi il vero problema non sia più quello di esprimere liberamente il proprio pensiero ma quello di non offendere gli altri, quelli che noi chiamiamo fruitori. A tal proposito, ricordo l’intervista realizzata da Enzo Biagi a Pasolini, in cui il poeta e regista proprio a proposito della libertà, dichiarò: non sono libero di dire quello che voglio, asserendo che ciò che diceva sarebbe stato ascoltato dalla gente comune, e avrebbe potuto recare nocumento. Credo che una volta c’era un maggiore contegno, un riguardo, un senso maggiore di educazione nel comunicare, che oggi, dobbiamo ammettere, non esiste più. Assistiamo invece ad una più diffusa noncuranza, l’offesa gratuita e gli insulti vivono e prolificano sotto lo stendardo di una presunta libertà di espressione.”
D.: Il mondo classico rimane una sua prerogativa umana oltre che artistica?
M.C.: Adoro la classicità e lo spirito sano di emulazione che veniva generato nella Roma antica: quando moriva un romano di una certa casta, il suo feretro veniva portato in processione per la città, preceduto dai suoi familiari che, indossando una maschera di legno dei loro antenati, ne descrivevano la vita e le imprese fino ad arrivare al “de cuius”, di cui si cantavano le lodi. Ecco, questo era un modo di creare uno spirito emulativo nelle altre famiglie romane e produceva all’interno della famiglia stessa un forte senso di appartenenza che li induceva a non riposare sugli allori ma anzi a dare lustro alle proprie esistenze.
D.: Veniamo ai suoi imminenti appuntamenti culturali, cui anche l’Accademia Medicea sarà protagonista.
M.C.: Il 25 maggio prossimo sarò al Metropolitan Museum di New York, dove verrà presentato un catalogo d’arte realizzato in collaborazione tra la Giunti ed il Metropolitan; fra gli artisti presenti ho l’onore di esserne incluso. Di questo sento il piacere di ringraziare la Dottoressa Nicoletta Rossotti che ha sempre creduto nelle mie opere. L’importante progetto Metropolitan dovrebbe essere riproposto anche in Italia, curato da un’importante Casa editrice italiana e successiva presentazione.
D.: Ed altri progetti potrebbe anticiparli?
M.C.: A giugno ci sarà la presentazione del Codex Florentiae 2023 scritto in collaborazione con Javier Benedicto Ruiz e Daniele Sampieri, entrambi membri dell’Agenzia Spaziale Europea. Sampieri ha fatto da cerniera culturale, tra storia, mito, ricerca e metodo scientifico. Il Prof. Ruiz ha illustrato tematiche relative alla ricerca spaziale, io ho quindi trattato il mito, dipingendolo.
D.: Dove si terrà l’evento?
M.C.: Per questo evento ho ritenuto che la prima avvenisse nella città di Nola che diede i natali a Giordano Bruno, e dove intendo onorare un mio caro amico, generoso quanto coraggioso: Andrea Caliendo che sta unendo a suo modo memoria e scienza.
Ci piace chiudere con questo concetto dell’artista Frida Kahlo: L’arte più potente è fare del dolore un talismano, una farfalla che rinasce in una festa di colori. Perché il mito si nutre di dettagli, come fa l’artista con la sua opera, e pertanto Michele Coppola conversa con il suo dipinto perché esso parli con noi, e di noi.
Intervista a cura Armando Lostaglio