Importante è il nome del nostro operato.

Il nome e’ come le redini recita il proverbio nel mio paese per dire che non ha molta importanza se e’ di grande o piccola famiglia, basti che una persona non ne rimanga senza. Spesso queste espressioni sono anche motivo di battute di humor quando si tratta di nomi che per il momento non ti ricordi, ma che ci riportano alle storie incantevoli. Il nome che spesso si da’ alle persone, cose, agli oggetti – dice la definizione – e’ provvisto di una propria sostanza, di una realtà di cui possiamo parlare, sia essa tangibile, sotto i nostri occhi, sia che esista solo nella nostra mente. dante-2.jpg

Basta avere un nome, ma non importa quale, recita un altro detto dalle mie parti, perche’ per un certo periodo i nomi albanesi di rito ortodosso non rispettavano piu’ la tradizione, ma venivano dati nomi straneri e nomi creati dalla macchina della propaganda socio- linguistica. Comunque erano bei nomi, certamente di grande significato, che tuttora lo si danno ai figli appena nati. Dare nomi agli oggetti e’ tutta una esperienza formata sul lavoro, ma sempre a priori. Perche’ la tavola si chiama tavola? Nessuno lo sa di preciso, ma se ci teniamo al significato di una asse siamo lontani, perche’ l’asse non puoi essere mai una grande tavola e per di piu’ bandita di ogni ben di Dio. Sull’asse al massimo ci stanno in fila piatti e bicchieri. Quanto alle persone i nomi della tradizione cristiana provengono da nomi di persone realmente esistite e per di piu’ quelle che con il loro esempio e la loro vita sono considerate sante o religiose e che sono appartenute alla gerarchia religiosa. Questi nomi sono stati tramandati di generazione in generazione, perche’ le nuove generazioni si potessero ricordare di loro, visto che la religione era la parte piu’ importante della loro vita, ma che oggi possano continuare a essere esempio anche per i posteri. A questo punto bisogna dire chiaramente che possiamo dare ai posteri qualsiasi nome, oppure ci dobbiamo pensare molto? Se ci attendiamo alle regole delle tradizioni i miei cugini, una volta sposati, devono dare un nome della tradizione ortodossa ai propri discendenti che anche se non ce l’hanno dalla nascita, lo avranno quando verranno battezzati. Una tradizione lunga secolare che ancora oggi, dopo anni di vieto della religione durante il regime, rifiorisce rispettando proprio la data di nascita e il nome del santo che accade quel o quei giorni. La stessa tradizione ortodossa prevale anche in Romania che a differenza dei cattolici presta molta attenzione anche alla ricorrenza ogni anno di una delle feste piu’ importanti, detta l’onomastico. Questa tradizione e’ un percorso obbligatorio, religioso, per ogni buon Cristiano. L’Italia e la letteratura italiana (anche mondiale) sono due binomi che difficilmente si possono dividere, perche’ e’ la letteratura che rese il nome dell’Italia famosa agli albori della civilta’, ma l’Italia e’ la patria di Dante e di tanti padri della letteratura. A volte capita che ci siano torti da parte della patria nei confronti dei propri figli che si spingono oltre la immaginazione umana e che la storia alza quella terribile spade, mettendo fine agli soprusi e distribuendo la giustizia. Un Italia senza i grandi nomi di Dante, Petrarca, Boccaccio non sarebbe oggi grande nella cultura mondiale, perche’ quei nomi sono il modello che venne seguito per secoli ed i modelli diventano simboli di eternita’ sublime.

Parlare di Dante Alighieri, il sommo poeta, prosatore, teorico letterario e pensatore politico, viene considerato il padre della letteratura italiana, e’ una impresa non sempre facile, perche’ e’ colui che diede il nome della Letteratura alla sua Nazione, la fama del paese “La culla della civiltà ”, la unicita’ nel suo genere, lo splendore della cultura nei secoli. Gli esempi tramandati trasformano ancora ai nostri giorni le emozioni in versi e noi poeti di tutto il mondo possiamo considerarsi fortunati per un padre di queste dimensioni. Come dice un altro grande della Letteratura italiana, Leonardo Sciascia, il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, possono a volte, e per alcuni, suonare come quello di una patria.

Il Purgatorio

Parlare poi della opera stessa, la Divina Commedia, diventa piu’ complicato, perche’ in essa c’e’ tutto il mistero della vita di allora, il fascino inesplorato da nessuno, solo immaginato dalla genialita’ di Dante, su tre emblemi che ogni fedele se li porta nella mente e nel cuore, il viaggio come meta e filosofia di ogni persona che si sente peccatore per concoscere le vie del peccato e della salvezza. L’opera e’ un capolavoro di versi, di suoni, di significati, di parole, di storia, di fantasia e come tale e’ questione di orgoglio. Piu’ grande e’ la storia, piu’ grande l’orgoglio. La storia non e’ storia se intravediamo soltanto le sconfite, la distruzione, la morte, ma se le luci del passato e dell’antichita’ risplendono ancora dopo tanto tempo. La Divina Commedia e’ quella luce che non si spegne mai e che continua ad affascinare gli studiosi di tutto il mondo, i traduttori, gli attori. La Divina e’ divina perche’ in essa c’e’ la retta via, la via della virtu’. Non c’e’ luce piu’ grande che quella della vita vissuta in armonia coi i principi, le idee sono sempre cambiate durante il lungo viaggio dell’umanita’, ma i principi cardinali sono sempre gli stessi e portano un nome che e’ alla bocco di tutti i giusti della nostra Terra, l’onesta’.

Parlare dei nomi delle persone, a volte personaggi veri e a volte inventati, vuole dire fare l’elenco completo fra i 14 mila versi della Commedia, dare l’etimologia di ognuno di essi, qualora esistesse, e fare un duro lavoro di raffronto con il libro che diede vita alle religioni. Ma fra tutti i nomi per i fedeli spicca il nome del Creatore, Cristo, Dio, Iddio, oppure il Signore, termini biblici di largo uso anche oggi, colui che era ed e’ la guida assoluta del popolo di Dio. Il grande pensatore, Dante, non poteva non avere nel cuore quel nome, perche’ educato da bambino a pronunciarlo, anche se non sapeva niente sulla sua vera esistenza. Una altra esistenza si proietava nella sua mente, una esistenza piu’ umana che si trovava ovunque dove c’era la sua gente nel bene e nel male. Un padre non puo’ mai abbandonare i propri figli. Sentirlo piu’ vicino, voleva dire non sentirsi abbandonato, pur ricordando che LUI stesso venne abbandonato. Come dice la mia collega Calina: Colui che tutto muove è Dio, il motore supremo dell’Universo; che “penetra e risplende” in tutte le creature ma più in quelle perfette, e meno in quelle che sono maggiormente lontane dalla perfezione, cioe’ in poche parole e’ l’onnipotente e l’onnipresente. Scrive Dante :

“O Padre nostro, che ne’ cieli stai,/

non circunscritto, ma per più amore/

ch’ai primi effetti di là sù tu hai”.

Ma inserire in una opera gli appellativi comuni non e’ una novita’, perche’ novita’ e’ arricchirli di altri nomi, coniarne altri, che potessero esprimere vari concetti, quali la profondita’, la spaziosita’, l’eternita’, l’umilta’, la grandezza, la severita’, l’amore, il dolore, tutti i sentimenti che la gente prova e Dante ne fu il piu’ grande maestro. Comunque il nome piu’ ammirato e’ PADRE e quando si pronuncia questa parola l’immensita’ si apre e possiamo leggere e capire il magico e celeste spettacolo della vita. Prima di LUI non c’era e non c’e’ nessuno uguale tutto riunito nella TRINITA’.

L'Inferno

La mia collega Nicoleta Calina ha svolto un indagine molto accurata nel raccogliere tutti i nomi biblici e catalogarli sbirciando tra i meravigliosi versi della Divina. Alcuni di questi nomi sono anche la dotrina della religione della fede e se accenniamo il nome Pietro, intendiamo le fondamenta sulla quale venne edificata tutta la Chiesa. Il suo lavoro non finisce qui, va oltre, la nostra immaginazione poteva fermarsi qua, sarebbe tutto bastato, ma non per un ricercatore di fine intenzioni, perche’ diventa piu’ profondo quando cerca di capire e farci capire l’etimologia di essi. Da dove derivano? Che significano? Un concetto religioso o pagano? Un simile lavoro richiede tempo per poter sfogliare manuali di nomi, dizionari etimologici, perche’ no, anche libri sacri religiosi dove si cela il mistero grazioso dei nomi. Adamo, Abele, Noè, Mosè, Abraam, David sono altri nomi propri che ci spingono a rifletterci sui dettagli e sul perche’ L’Alighieri li adopero’ nel suo capolavoro, perche’ esso e’ un pezzo della nostra storia e quella non puo’ essere staccata, negate o peggio ancora rifiutata. Rifacendo la storia possiamo anche a fare a meno di tante tragedie, di guerre e morte, la storia del passato va sempre riletta bene e con una giusta chiave. Se non ci fossero state certe persone, sarebbe stato meglio..si sente spesso dire, ma volendo o non volendo ci sono state e su questo non ci piove. Saremmo piu’ buoni se la storia di oggi la facessimo piu’ buona. Un altro nome importante, dice Calina, che ci induge alla riflessione e’ il nome di Maria (Vergine Madre) – la moglie di Giuseppe e Madre di Gesù Cristo, presso la grazia di Dio, protagonista dei Vangeli e personaggio centrale nella storia del Cristianesimo occidentale e orientale. Il suo ruolo nel poema dantesco è immenso, dato l’altissimo significato religioso e storico di Maria e non può trovare spazio sufficiente in poche righe.

Le tre virtù teologali

Un momento interessante dello studio e ricerca di Calina sono i nomi che girano e circolano, entrano in contatto ed interagiscono con i personaggi, sia direttamente, sia tramite le parole nella bocca dell’autore, tra i labirinti della vera storia della Divina, cioe’ L’Inferno, il Purgatorio ed i Paradiso. I tre grandi cerchi non potevano essere vuoti di nomi, perche’ l’uomo e’ al centro dell’opera e senza di lui la storia oggi sarebbe orfana o mai e poi mai scritta e vissuta. Una storia senza nomi e’ anonima, mentre Dante anche da protagonista nelle vicende politiche di allora, non poteva escluderli tanto meno non poteva non mescolarli con i nomi che proclamavano la Luce, la Via e la Verita’ della vita vissuta tra pricipi e virtu’. La prof. Calina mette in evidenza il concetto della dotrina della Chiesa nei nomi inseriti da Dante quando scrive che il Poeta accoglie completamente l’interpretazione dei Padri della Chiesa, che consideravano che Pietro, Giacomo e Giovanni […] le tre virtù teologali, che sono un dono della grazia divina. Ma uno dei nomi che ci regalo’ questo primo cerchio, il terribile inferno, non si puo’ assolutamente evitare, perche’ e’ “tra i personaggi che simboleggiano il male, nella visione di Dante, Lucifero”, e che “ha tre facce, una rossa, una gialla ed altra nera; il suo corpo è immenso e dagli occhi gli si scorrono lacrime” :

Ma lievemente al fondo che divora

Lucifero con Giuda, ci sposò;

né, sì chinato, lì fece dimora.

Il Purgatorio forse e’ il luogo dove i nomi, specialmente quelli dei traditori di ogni specie, non devono comparire perche’ macolati di peccato, ma Dante cerca di purificarli finche’ puo’, se vogliono essere tali. Invece i nomi dei santi e prottetori sono un modello da seguire per i loro sacrifice fatti. Tra questi nomi, il nome per eccellenza che non puo’ mancare, quello che ci dice tutte le verita’ sul cielo, signoreggia quello di l’arcangelo Gabriele che secondo le parole dell’autrice e’ il primo che appare nel Libro di Daniele della Bibbia e spesso viene raffigurato anche come “la mano sinistra di Dio”. Nella Bibbia, Gabriele è l’angelo che fa gli annunci più importanti: lui è stato quello ad annunciare il concepimento di Giovanni il Battista, quando Elisabetta era considerata troppo vecchia per avere dei figli ed poi quello ad annunciare a Maria l’Incarnazione:

L’angel che venne in terra col decreto

de la molt’anni lagrimata pace,

ch’aperse il ciel del suo lungo divieto.

Il Paradiso

Il Paradiso nell’opera di Dante e’ l’eterna beatitudine e le anime, purificate e senza peccati, sono colme di Grazia divina. Dante, edificato dopo la redenzione morale, contempla il Creatore, per la fede riconquistata. Nel paradiso non si dovrebbe sentirsi la necessita’ di nomi, perche’ agli occhi di Dio, sono tutti santi, dopo le prove infernali costretti a subire quel percorso che li accompagna finalmente al Paradiso, il luogo della contemplazione eterna. L’unico nome che va pronunciato e’ il nome di Maria, il cui beato grembo fece nascere Dio, la madre di tutti i fedeli. Una madre non e’ una semplice figura che partorisce, ma e’ qualcosa di piu’ quella che ti allatta non soltanto fisicamente, ma anche spiritualmente. Per Dante, spiega Calina, la Vergine Maria è la ”faccia che a Cristo più si somiglia”, è il passaggio fondamentale che allestisce l’uomo Dante, attraverso la concessione della Vergine, alla contemplazione di Dio. Nel Paradiso, Maria, più volte invocata, compare in moltissimi canti. Per primo, la incontriamo nel quarto canto. Il nome ritorna al vertice della virtù delle creature, in un lampo luminoso e fuggitivo:

D’i Serafin colui che più s’india,

Moïsè, Samuel, e quel Giovanni

che prender vuoli, io dico, non Maria.

Il nome di ogni persona sulla terra ha un significato suo, anche se a volte non e’ un nome di un santo, lo si puo’ diventare a tutti gli effetti se segue i difficili percorsi della vera via. Non esistono grandi o piccolo nomi, ma esistono grandi e piccoli operati che gli uomini compiono durante la loro breve esistenza. Mi auguro che la nostra collega abbia come guida nel suo lavoro questo grande nome che e’ Dante Alighieri e la sua luce possa illuminarla fino alla fine dei suoi giorni terrestri.

Arjan Kallço

Article précédentMemorie d’Italia: Parla Salvatores del film corale Italy in a Day
Article suivantI Mille giorni di Renzi.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.