Luciano Cheles, “Iconografia della destra. La propaganda figurativa da Almirante a Meloni” (Viella, 2023, 29 Euro). Una ricerca originale e documentatissima sull’immaginario della destra italiana. Recensione seguita da una breve intervista all’autore a cura di Maurizio Puppo.
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C’è un fil rouge (anzi, nero) che attraversa la storia della destra italiana nelle sue trasformazioni (fascismo-movimento, regime, neo e postfascismo, infine destra nazionalista oggi al governo). Luciano Cheles, storico e specialista di visual studies, quel filo lo dipana in un libro, singolare e magnifico, sull’immaginario della destra, raccontato attraverso la sua propaganda politica.
In un secolo (tanto separa l’inizio del Ventennio fascista dall’oggi) la società italiana è cambiata radicalmente (almeno in apparenza). La propaganda della destra no. Certo, si è adattata ai tempi, talvolta prendendo a prestito il linguaggio della parte avversa e della modernità, assumendo forme a volte aggressive, a volte rassicuranti; ma riproponendo, come in una coazione a ripetere, le stesse immagini e le stesse formule.
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Non c’è poi da stupirsi. Marcello Veneziani, intellettuale di destra (il che non è un ossimoro, contrariamente a certi stereotipi un po’ superficiali) afferma che essere di destra non è essere conservatore; è portare una fiaccola, come un teodoforo, da una generazione all’altra. Custodire il fuoco (non venerare le ceneri), secondo l’aforisma attribuito a Gustav Mahler. Il libro di Cheles ci mostra questa fiaccola che passa di mano in mano.
La formidabile parte centrale del volume (impossibile staccarsene) mette a confronto immagini appartenenti a periodi e ambiti diversi: manifesti propagandistici, opuscoli, tessere, fotografie da siti web, ecc. Vi sono differenze e contaminazioni, ma sempre una stessa trama che attraversa il tempo: le analogie con le immagini di epoca fascista, forti ed esplicite. Difficile crederle casuali, o preterintenzionali. Quel filo nero è visibile, e ha tutta l’aria di essere custodito intenzionalmente e preziosamente (come il fuoco di cui diceva Mahler). Nella pubblicistica di destra del dopoguerra ritroviamo i gesti e le posture del Duce e dei gerarchi, oltre a motivi iconografici e slogan del Ventennio.
Come ricorda Cheles, c’è una struttura narrativa ricorrente, quella di tante leggende popolari secondo il linguista russo Vladimir Propp. Una vittima indifesa (l’Italia, la famiglia, una donna, certi ceti sociali) che corre un pericolo mortale portato da un elemento esterno e malvagio (gli immigrati, l’Europa, la globalizzazione, i poteri forti, la “lobby gay” che vuole distruggere la famiglia). Ad accorrere in difesa della vittima designata, un eroe dotato di grandi poteri e investito di una missione (il capostipite è Mussolini, ma questo ruolo può essere svolto da altri personaggi carismatici, o in loro assenza da un movimento politico). È esattamente lo schema proposto oggi in Francia da un personaggio politico in ascesa come Jordan Bardella, presidente del “Rassemblement national”.
Questa continuità (della tecnica propagandistica e quindi dell’ideologia di cui tale tecnica è portatrice) si può interpretare in due modi contrapposti. La prima lettura è pessimistica: la destra nazionalista al governo in Italia sarebbe la riproposizione con altri mezzi di un “fascismo eterno”, celato opportunisticamente dietro un’apparente normalità, la cui natura ipocrita è tradita dai tic propagandistici. È però possibile anche una lettura opposta: la destra nazionalista avrebbe compiuto una lunga “traversata del deserto”, portando i suoi valori nel “recinto della tolleranza”, per usare un’espressione di Bobbio, e completando la sua adesione a quelle istituzioni democratiche nate dalla sua débâcle storica. Entrambe le letture sono interessanti e possono contenere elementi di verità.
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Ne abbiamo parlato con l’autore, Luciano Cheles.
Altritaliani: Al governo dell’Italia, oggi, c’è un partito di cultura autoritaria e organicamente legato al fascismo, o una destra che ha “attraversato” il fascismo e aderito sinceramente alla democrazia?
Cheles: Potremmo parlare di un “fascismo democratico”. La destra attuale vuole proporre molti dei valori del fascismo, ma democraticamente e “gramscianamente”. Cioè prendendo pian piano l’egemonia culturale. Per questo sta procedendo a un’occupazione sistematica delle istituzioni del mondo della cultura. Anche quelle che sembrano lontane dal mondo politico, come la Scala di Milano.
Altritaliani: Anche la sinistra è stata spesso accusata di volere l’egemonia nel mondo della cultura.
Cheles: Certo. Ma è difficile negare che in generale il mondo della cultura odierno sia intrinsecamente più orientato a sinistra. E questo è un dato che non dipende dalle politiche dei partiti. Difficile trovare ad esempio un regista di notorietà internazionale che faccia film ideologicamente spostati a destra. Mentre è facile trovarne molti orientati a sinistra, il più delle volte senza alcun legame organico con un partito.
Altritaliani: L’immagine di Giorgia Meloni sembra in dissonanza rispetto agli stereotipi della pubblicistica di destra: donna forte, autonoma, « moderna ».
Cheles: Ci sono state altre “donne forti” : penso soprattutto a Margaret Thatcher. Lei nel suo periodo di guida del governo del Regno Unito (1979-1990) a volte veniva dipinta come “l’uomo forte” della situazione. Meloni invece si serve proprio della sua femminilità, di un’immagine femminile e accattivante, nel vecchio stereotipo del “gli uomini preferiscono le bionde” come maquillage ideologico, per addolcire il suo radicalismo, renderlo digeribile.
Altritaliani: Il tuo libro mostra molte contaminazioni nella pubblicistica di destra: il logo di AN ispirato a quello del PDS, linguaggi derivati dal fumetto o da manifesti di sinistra.
Cheles: È un modo di stare al passo con i tempi (e questo lo aveva capito bene già Giorgio Almirante, ai tempi del Movimento Sociale Italiano). Come dicevamo prima, la creatività oggi (nel campo della letteratura, dell’arte, della grafica, del cinema) è soprattutto a sinistra.
Altritaliani: Pensi che ci sia una « storia comune » altrettanto evidente nella storia della propaganda di sinistra?
Cheles: Mi sono interessato anche di iconografia della sinistra. Nella grafica del PDS/DS/PD non ho mai riscontrato sottili riferimenti a Lenin, Stalin ecc. Mentre nel caso della destra il legame, più o meno esplicito, con il Ventennio è costante. Mi colpiscono certi titoli del Secolo d’Italia (testata storica della destra italiana, ndr), come Sogno africano, con un chiaro riferimento all’immaginario coloniale del Ventennio fascista. Oppure il convegno organizzato a Roma sullo scrittore britannico Tolkien, intitolato “Un té con Tolkien”, che ci porta al film “Un té con Mussolini”, girato da Zeffirelli nel 1999.
Altritaliani: Tu inserisci immagini del mondo di destra radicale (Forza Nuova) assieme a quelle di partiti che si professano di destra più moderata, come prima AN e ora Fratelli d’Italia.
Cheles: A mio avviso i valori della destra di governo e quelli della destra radicale sono essenzialmente gli stessi. La destra di governo però li esprime in modo discreto e “moderno”; quella radicale in modo esplicitamente provocatorio. Gli slogan utilizzati sono identici. Fratelli d’Italia dice di essere un partito conservatore nel solco dei Repubblicani statunitensi o il Tory Party nel Regno Unito. Però nessuno di questi partiti conservatori userebbe nella sua propaganda l’armamentario e l’immaginario di destra che ritroviamo invece nel caso italiano.
(Parigi, febbraio 2024)
di Maurizio Puppo
Presentazione del libro sul sito dell’editore Viella
L’AUTORE: Luciano Cheles, specialista di visual studies, ha insegnato nelle università di Lancaster (GB), Lione e Poitiers, ed è affiliato al Laboratoire Universitaire Histoire, Cultures, Italie, Europe dell’Università Grenoble Alpes. Ha allestito numerose mostre sulla propaganda dei partiti italiani e francesi. Recentemente ha curato, con Alessandro Giacone, The Political Portrait. Leadership, Image and Power (Routledge, 2020).