La rivista “The Economist” (28 maggio 2022) ci presenta la recensione del libro, “The Serpent Coiled in Naples”, del poeta e scrittore canadese Marius Kociejowski, che ha trascorso un certo tempo nella città del Vesuvio.
L’autore ci è presentato così: “Per scrivere di Napoli, voi dovete essere veramente un poeta – o ancora meglio un antiquario libraio. Kociejowski lo è entrambi e ha prodotto un delizioso lavoro che è altrettanto eclettico, labirintico, ironico e scioccante, che la città stessa”.
È l’aspetto labirintico, esoterico, “eccessivo” di Napoli ad affascinare l’autore.
Il libro inizia con la presentazione del nobile Raimondo di Sangro “alchimista, massone, inventore” e linguista poliglotta: parla anche l’arabo e l’ebraico. Ed è il committente del misterioso, incredibile “Cristo velato”. Queste sue straordinarie capacità fanno di Raimondo di Sangro quasi un essere soprannaturale. Un degno figlio, insomma, di Napoli, dove “una porta conduce ad un’altra porta, e ancora quindi a un’altra”, metafora che bene esprime il misterioso spirito di questa città.
Marius Kociejowski è andato alla ricerca della Napoli elusiva, nella quale storia e leggenda, realtà e trascendenza coesistono: “Forse non vi è nessuna altra città europea in cui il vivente e il morto coesistono in maniera così intima come a Napoli, nessuna in cui il paganesimo sia così inestricabilmente intrecciato con la Cristianità, e nessuna in cui il passato – incluso un passato molto remoto – costituisca tanta parte del presente”.
San Pietro ad Aram, chiesa costruita sulle fondamenta di un tempio greco iniziale trasformatosi in una chiesa paleocristiana, che è stata ricostruita un paio di volte in seguito, è un esempio di questa straordinaria continuità di Partenope-Neapolis. Tanto che si potrebbe dire che San Pietro ad Aram è una chiesa che risale a prima di Cristo.
Un giudizio dell’autore: “Napoli è popolata dai cittadini più amichevoli, allegri e ospitali d’Italia. È un posto magicamente seducente in cui spesso avvertiamo come se l’allettante saggezza di un mondo più antico, più vuoto fosse a portata della nostra mano. (“It is a magically seductive place in which it can often feel as if the wisdom of an older, emptier world is tantalisingly within reach.”)
Kociejowski ha vissuto per un lungo periodo a Forcella, quartiere di malavita. E ci parla del senso d’imprevedibilità e di paura che può sorgere a causa degli scontri a fuoco tra delinquenti. Che possono anche causare la morte di un passante incolpevole. Ci si può imbattere, infatti, percorrendo di notte una normale strada – come è capitato all’autore – nel « corpo di un tossicodipendente ucciso da una pallottola ricevuta in un occhio.”
La recensione termina con l’affermazione: è possibile diventare napoletani; seguita dal saggio giudizio: “Che sia raccomandabile è un’altra storia”.
Io concluderò invece con una mia frase sulla Napoli della trascendenza e del sogno, che anch’io ho amato e – oso dire – è rimasta per sempre in me.
« La nostra Partenope è una città mitica e reale, perché intrisa di sostanza magico-realistica, dove la Smorfia, il sangue di San Gennaro, la superstizione, la scaramanzia, la venerazione delle reliquie, il paganesimo cattolico, la Solfatara, il Vesuvio come tramite tra le viscere della terra e il cielo, la Sibilla Cumana, il lago d’Averno esprimono il costante rapporto dei napoletani con la trascendenza e il mistero. »
Claudio Antonelli
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