I giochi sono fatti. A sorpresa, i ballottaggi di domenica 7 Luglio hanno radicalmente cambiato i risultati della settimana precedente. Una conferma dell’estrema liquidità del voto popolare nelle nostre società occidentali, ma anche il frutto di una strategia delle desistenze che infine ha di molto contenuto il successo del RN di Le Pen.
Brevemente ci facciamo qualche domanda e azzardiamo qualche risposta.
Chi ha vinto le elezioni?
Numericamente è indubbio che il vincitore sia il Nuovo Fronte Popolare. Ma c’è un ma. In realtà questo Rassemblement della sinistra era e rimane un cartello elettorale. Nei fatti, quasi nulla unisce oggi l’estrema sinistra di Mélenchon con i socialdemocratici di Glucksmann o gli ecologisti con i comunisti. È certo che l’azzardo di Macron ha salvato il presidente e il suo partito Ensemble che raddoppia i seggi rispetto alle previsioni del primo turno e consente al “più detestato Presidente della Repubblica francese”, secondo i commentatori di politica francese, di veleggiare felicemente fino alla fine del suo mandato nel 2027.
Perché il RN di Le Pen ha perduto?
Ha perso perché il popolo francese, se messo alle strette, ha ancora paura di Marine Le Pen. Certo, ogni anno che passa ne ha meno paura e non va comunque sottovalutato che oggi RN come partito è il primo in Francia, una cosa che fino a poco tempo fa era considerata impossibile. La campagna elettorale per i ballottaggi è stata costruita su uno scenario fortemente allarmista in cui partiti opposti come quello del presidente e l’estrema sinistra (LFI) sono arrivati alla desistenza pur di scongiurare la possibilità che Bardella avesse la maggioranza assoluta. L’intero arco dei partiti in buona parte aiutati anche dai media hanno generato e suscitato questa paura nell’elettorato ed è indubbio che questa strategia abbia pagato. Razionalmente era una paura non del tutto giustificata, in Italia governa l’estrema destra ma non vi sono sfilate di giovanotti in camicia nera, la politica oggi è soggetta ai vincoli esterni, siamo in Europa e finanche regimi autoritari come quello ungherese devo accettare le regole del gioco democratico. Ma sulle popolazioni come quella francese ancora fanno presa le retoriche del fascismo e antifascismo, una cosa che finanche in Italia, patria del fascismo, non fa più tanta presa. In molti sono convinti che anche un successo dell’estrema destra in Francia non avrebbe cambiato di molto la tendenza democratica del Paese.
A chi ha giovato di più il patto di desistenza?
Certamente a Macron che ha dimostrato ancora una volta la sua abilità politica. Lui ha giocato sull’unione di facciata della sinistra percependo come in quel momento il vero pericolo per lui e per le sue idee veniva dalla valanga della destra lepenista. Del resto, i dati dicono che in tanta irrazionalità, ad esempio, la France Insoumise ha per il 70% sostenuto i candidati macronisti, finanche Elisabeth Borne o l’odiatissimo (dalla sinistra) ministro degli interni Darmanin, mentre solo il 50% (comunque molti) degli elettori di Attal e Macron hanno sostenuto i candidati del Nuovo Fronte Popolare. Non dimentichiamo che con questa strategia, come detto, Macron ha raddoppiato i seggi previsti dopo il primo turno.
Come ne esce la democrazia francese dopo questo secondo turno?
Non benissimo, per carità nulla d’irregolare nel sistema francese, le desistenze ci sono sempre state. Con l’escamotage delle desistenze si è forzata la mano agli elettori, una democrazia fondata sulla paura non è una cosa positiva. Gli elettori al primo turno si erano espressi in modo chiarissimo e la schizofrenia del secondo turno si può spiegare solo con la paura che i partiti e i media che sono sempre più uno strumento della politica hanno instillato sull’elettore che alla fine probabilmente si sentirà in parte tradito e disorientato da queste desistenze vissute quasi come delle alleanze di tutti contro il “male assoluto” Bardella. La Francia, come l’Italia, è una democrazia matura, davvero si può credere che l’avvento di Le Pen coincida con l’avvento del fascismo? La realtà è che il populismo è un pericolo per la democrazia liberale, una minaccia per gli equilibri dell’Europa nella sua costruzione, una contraddizione nell’epoca della globalizzazione, ma da qui al fascismo così come si è conosciuto nella Storia ce ne passa. Insomma, la politica ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, ancora una volta tutto il suo cinismo e il cinismo non crea passione politica e partecipazione. Credo che le vicende di queste elezioni siano un ulteriore tassello della sempre più drammatica crisi delle nostre democrazie.
Che governo si formerà in Francia?
Difficile a dirsi. Sinceramente appaiono difficili, ma non impossibili, soluzioni all’italiana, i francesi sono troppo rissosi e divisi per accettare un periodo di tregua politica con un governo tecnico o di grandi intese, gli italiani hanno una souplesse che in Francia manca. Macron deve anche considerare che va evitato un vuoto di governo nel delicatissimo periodo dei giochi olimpici che ormai sono alle porte. Credo, come lo studioso Marc Lazar, che in attesa della fine dei giochi sarà confermato Attal, e che poi, nel corso dell’estate, si costruirà un governo di centro sinistra con l’inevitabile fine dell’unità di facciata del Fronte Popolare. In ogni caso avremo un governo non forte, che potrà fare poco sotto il fuoco incrociato anche di piazza di Le Pen e Mélenchon che ormai guardano alle presidenziali del 2027. È chiaro che l’uso degli elettori fatto con il ballottaggio per produrre una sorta di governicchio incapace di fare fronte ai moltissimi problemi in cui si trova il Paese, potrebbe risolversi in un ulteriore vantaggio per le estreme, specie Le Pen, la quale già dice che la sua vittoria è solo rimandata.
Nicola Guarino