“Sin da piccolo, quando mi guardavo allo specchio, mi piacevo. Col tempo, quest’amore per me stesso è cresciuto, ed è l’unico vero idillio che dura e mi lega alla vita. Ecco il segreto che mi ha portato a cercare il peccato ed esserne affascinato, avvolto, conquistato. Un fascino attrattivo che si scatenava più nella mia immaginazione che nel compiere il peccato stesso: una strana conquista che mi procurava il senso del trionfo che gratificava il mio orgoglio più che la passione amorosa, regalando alla mente un senso di gioia ….” E’ quanto scrive nella introduzione del suo libro « Sono figlio di Oscar Wilde » (GrausEditore, Roma, pagg.143) Biagio Arixi, poeta ed elegante personaggio di società, fin dagli anni della Roma capitale del cinema e della mondanità internazionale.
Decenni ricchi di incontri e di “terrazze” (come quelle descritte fra ironia e malinconia dal film di Scola del 1980), ma anche e soprattutto di dibattiti intellettuali sull’arte e il senso della vita, pure in anni in cui il divenire (le contestazioni e l’impegno politico) erano ben più divampanti.
Ma quella di Arixi è di certo una autobiografia suggestiva, come di rado accade di leggerne. Biagio Arixi è riuscito ad illustrare la sua vita (con ricchezza di immagini riprese nei posti più belli d’Italia, da Roma a Capri a New York e perfino a Matera) davvero fuori dal comune, pur conservando il suo spirito umile di sardo approdato a Roma da giovane per essere un poeta. Il poeta sardo che incontra e diventa amico ed in un certo senso protagonista di quello che si chiama “jet set internazionale”: immenso il repertorio di immagini con attori ed attrici, pittori ed intellettuali, da Moravia a Barocco, dalla Melato a Nureyev alla Falk a Gil Cagnè, al poeta Dario Bellezza ed il pittore lucano Dimatteo.
E’ un Arixi che si descrive senza pudore alcuno tra pubblico e privato, e che racconta con levità i suoi ricordi più intrinseci (intensi i versi a sua madre), i pensieri giovanili di una “diversità” che lo assimila al grande Sandro Penna, nel cui segno ambiva come ad una sorta di nume tutelare.
Biagio Arixi “poeta mondano”, sebbene mantenga vivo il legame ancestrale con quella terra lontana e misteriosa che è la sua Sardegna, una terra di valori, ma anche di povertà. Di vite ai margini.
Biagio Arixi è nato a Villasor (Cagliari), ha pubblicato in prosa: “Figlio di vescovo” (Tullio Pironti editore, 1989); “Peccati scarlatti” (Edizioni Libreria Croce, 2009); “Donne… per niente” (Edizioni Libreria Croce, 2011); “Strega plebea” (Arkadia editore, 2012); numerose fiabe di successo tradotte all’estero, tra le quali: “Il mago innamorato” (Einaudi scuola, 1988). Diverse le raccolte poetiche: “Amore: sale quotidiano” (1979); “Polvere nera” (1980); “Diverse giovinezze” (1982); “Violenza immaginaria” (1984); “Grandine” (1986); ”Piacevole punizione” (1989); “Le vie del cuore” (1996); “Cayba d’amor – Poesie scelte” (2001, premio Poesia Camaiore Speciale Giuria 2002); “L’amore è libertà” (2007); “Alfabeto d’amor” (2012).
“La mia personalità – dichiara – è stata espressa liberamente, senza essere un « Dr. Jekyll » o un « Mr. Hyde », che creando un alter ego scarica su questo il peso dei giudizi altrui e le inevitabili conseguenze … Perché il mio volto è stato sempre la mia autobiografia e, come Dorian Grey, ho sempre creduto che la mia anima fosse il riflesso della mia coscienza: unico giudice dal quale ricevevo i possibili atti d’accusa. Ma la vita che mi ha formato e fatto uomo « sensibile e diverso » è anche la memoria che come un diario porto dentro di me. E le mie esperienze anticonformiste non sono mai state gratuite: per ognuna ho sempre pagato un conto.”
In epigrafe al libro, il verso di Oscar Wilde: “La sola differenza tra un santo e un peccatore è che ogni santo ha un passato, e ogni peccatore un futuro ».
“Sono figlio di Oscar Wilde” prende corpo da questo verso, rimaneggiando quella Roma che non c’è più, come ha ben evidenziato l’inquieto e un po’ depresso intellettuale Jep Gambardella del film di Sorrentino “La grande bellezza”.
Armando Lostaglio