La vicenda della ferita al piede destro di Garibaldi in Aspromonte ha un prolungamento in un’altra celebrazione prossima ventura, di non minore importanza e soprattutto suggestione: il discorso di Quarto di D’Annunzio.
La ferita al piede di Garibaldi in Aspromonte segna la definitiva rinunzia a risalire a Roma alla conquista della capitale ben guardata dai francesi oltre che dai pontifici e ripetere l’impresa dei Mille.
Garibaldi sbarca in Calabria a Montebello. È il 25 agosto del 1862. Viene subito avvertito che truppe di bersaglieri, al comando del generale Cialdini, intendono impedirgli la marcia verso Roma ed allora ripiega verso l’Aspromonte dove viene ferito e poi catturato.
Lo “chock” prodotto da tale evento è enorme: l’eroe dell’Unità d’Italia che pronunciò la famosa frase: “Qui si fa l’Italia o si muore”, l’eroe di “Obbedisco” che consegna il regno a Vittorio Emanuele II, trattato come un malfattore. Un brivido percorre il neonato regno. E poi l’indignazione si fa parola ed è l’origine dell’epopea dell’eroe, perseguitato, vittima della blaterante politica.
Dai memorialisti a Carducci è un fiorire di invettive, di stupore, di celebrazioni entusiastiche. Il crisma della persecuzione, dell’autenticità del sacrificio mistico dell’eroe, si accentua.
L’epopea è popolare ed alta insieme.
Il popolo canta: Garibaldi fu ferito, fu ferito in Aspromonte.
Ma l’epopea non è sterile, produce frutti. Il mito di Garibaldi si prolunga fino ad influire sugli eventi.
Il discorso di Quarto di D’Annunzio viene pronunciato il 5 maggio del 1915 e nello stesso mese viene proclamato l’intervento in guerra: la Grande Guerra.
Il pronunciamento, attraverso Garibaldi, del poeta diviene fondamentale, dirime la controversia tra interventisti e no, e crea una singolare unanimità.
E’ la prima volta nella modernità che la letteratura interferisce nella storia e che la poesia diviene elemento della geopolitica.
Il filo rosso che lega il Sud a Garibaldi, a Roma ed all’Italia si amplia in un significato più vasto.
E se è vero che entra nell’epopea risorgimentale attraverso la memorialistica e attraverso Carducci che in Levia gravia (1868) celebra con una potente invettiva i fatti di Aspromonte, è anche vero che la sua azione si prolunga fino a raggiungere nel Novecento altri combattenti, ad entrare in altre vicende ed in altri atti eroici.
Carmelina Sicari