Per festeggiare i 30 anni dalla pubblicazione di “Crêuza de mä” di Fabrizio De André, forse il suo capolavoro assoluto e uno dei dischi più rappresentativi dei “suoi” anni ‘80, è uscito un bellissimo libro di 208 pagine con immagini e contenuti inediti. Racchiude un nuovo mix del disco realizzato da Mauro Pagani e la raccolta live “La mia Genova”. Il tutto interamente realizzato dalla Fondazione Fabrizio De André Onlus. “Creuza de mä”, 30 anni dopo, rimane un profondo viaggio interiore.
“Umbre de muri, muri de mainé
dunde ne vegnì duve l’è ch’ané
da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l’àse gh’é restou Diu,
u Diàu l’é in çë e u s’è gh’è faetu u nìu,
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi ‘nta cä de pria”.
(Ombre di facce, facce di marinai / da dove venite dov’è che andate / da un posto dove la luna si mostra nuda / e la notte ci ha puntato il coltello alla gola / e a montare l’asino c’è rimasto Dio, / il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido, / usciamo dal mare per asciugare le ossa dell’Andrea / alla fontana dei colombi nella casa di pietra).
Sono questi i versi iniziali cantati in lingua genovese antica da Fabrizio De André in “Creuza de mä”, e la sua voce arriva dopo una lunga risonanza da banditore, affidata ad una sorta di cornamusa, la zampogna macedone, il più diffuso strumento a fiato del bacino del Mediterraneo. Ed è storia di mare, di Mediterraneo, da cui risale la mulattiera, la stradina tra i budelli stretti della Genova antica, la sua, cantata sempre dalla parte degli ultimi, degli invisibili, di coloro che ci sono per poi sparire.
Fabrizio De André, trent’anni fa, compie fra i tanti, forse il suo capolavoro assoluto, grazie anche alla presenza di un musicista di consumata esperienza come Mauro Pagani, ricercatore di sonorità come pochi altri (lo era già nella PFM). E la stradina di mare è Genova, simbolo – come attesta il doppio significato in lingua genovese – di un sentiero fittizio in direzione dell’Altrove, percorso da folate di vento, luogo aspro e ruvido teatro di separazioni e talvolta di addii, che prelude e predice altri mondi al di là di questo. Sono le immagini ricavate dai detti tramandati di bocca in bocca, di canto in canto, fra marinai e gente di terra. L’album contiene brani di sapore etnico che emanano una tale eleganza estetica tra il fascinatore ed il banditore di piazza: una seduzione come in pochi altri poeti dialettali di talento da Salvatore Di Giacomo ad Albino Pierro, il lucano più volte valutato per il Nobel.
“Creuza de mä” conobbe, da quel marzo di trent’anni fa, una vasta eco un po’ ovunque: il compositore David Byrne ad esempio indicò l’importanza di questo album nel panorama musicale di quegli anni, e non solo in Europa. L’operazione culturale di Fabrizio De André perdura nella sua totale elevazione, non solo in chiave di seduzione poetica e musicale, quanto di un rapporto costante con un realismo laico di radice anarchica, di storie popolari in una dimensione che rimanda ad un sapore mistico senza eguali. “Creuza de mä” è un profondo viaggio interiore, cullato dallo “e janda-uéué-janda” struggente e ammaliante.
Armando Lostaglio
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Il libro-CD:
http://www.fondazionedeandre.it/la_fondazione/i_progetti/
Colonna sonora
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