La battaglia di Caporetto fu la più grave sconfitta militare subita dall’Italia, dall’Unità ad oggi. Da allora, il nome Caporetto è sinonimo di disfatta. Dopo quella battaglia il Paese fu sull’orlo di perdere la Prima Guerra mondiale. Eppure anche da lì paradossalmente ripartì la vittoria con l’avvento del generale Diaz, l’attestamento sul Piave e poi la vittoria a Vittorio Veneto che di fatto segnò la fine dell’Impero austriaco.
Si celebra quest’anno il centesimo anniversario di quella sconfitta. Un anniversario sentito in tutta la penisola. Lo dimostra l’esempio della conferenza celebrativa che si terrà prossimamente a Reggio Calabria. Le memorie di quel tragico evento ci vengono qui riassunte dalla nostra Carmelina Sicari, con particolare attenzione alla lettura che ne ebbe Curzio Malaparte nella sua opera «Viva Caporetto!» del 1921, testimonianza originale di primo piano, sequestrata dalla censura, e quindi ripubblicata nel 1923
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In ottobre, il 24, corre il centenario di Caporetto.
La terribile disfatta che assunse nel linguaggio nazionale ed in quello familiare il ruolo per antonomasia di tragedia e sconfitta disonorevole.
L’associazione Nuovo Umanesimo si accinge a celebrarlo con la conferenza del prof. Nino Romeo il 27 ottobre alla Biblioteca comunale di Reggio Calabria.
In maniera originale però partendo dall’anticonvenzionale memoria di Caporetto redatta da Curzio Malaparte (1898-1957) all’età di 22 anni: «Viva Caporetto!», composto nel 1921 ma ripubblicato in edizione francese anche recentemente.*Il giovane Malaparte era andato volontario al fronte orientale nella regione delle Argonne durante la Prima Guerra mondiale.
Il sottotitolo dell’opera suona: La rivolta dei santi maledetti, ad esprimere intera la paradossale figura di uomo ed artista di Malaparte. La fisionomia complessa e straordinaria dello scrittore che entrò in conflitto con la propaganda ufficiale, con tutte le ideologie e i partiti, compreso il fascismo, è riassunta nella sua autobiografia e nel testo Camaleo che egli rappresentò teatralmente.
Formatosi nell’ambiente delle riviste fiorentine del Novecento, fu anche fondatore con Bontempelli di Novecento, intellettuale audace e controcorrente, sempre.
I santi maledetti sono i fanti e la tesi è esplicita:
Caporetto segna la fine del massacro dei fanti appunto operato dal generale Luigi Cadorna, non solo con la guerra di trincea ma con le decimazioni tra cui la più tragica fu quella della brigata Catanzaro sempre nel ’17.
Autore di Tecnica del colpo di stato uscito alla fine del fascismo, Malaparte è stato certo ambiguo – compromesso nel delitto Matteotti ad esempio -, poliedrico, ma anche malizioso e misterioso.
La prima domanda da porsi a proposito di Caporetto è come si costituì il mito.
Non c’è forse anniversario più drammatico della disfatta che segnò il culmine di un dramma nazionale ed anche la svolta decisiva della Grande Guerra. Ma come mai è divenuta per eccellenza sinonimo della sconfitta?
In antitesi con la restante narrazione, Curzio Malaparte la vede come epopea conclusiva.
La letteratura intorno a Caporetto è infatti tutta dolente.
Francesco Perri, lo scrittore calabrese che scrive su La voce repubblicana compone Rapsodia di Caporetto, che Benedetto Croce teneva in considerazione ed era una composizione dolorosa.
Intanto diciamo che Caporetto è una delle battaglie dell’Isonzo, la dodicesima. La posta di tali battaglie è Gorizia.
Di chi è la responsabilità della disfatta? Degli uomini di governo e dei generali al comando, di Cadorna è la risposta unanime e, infatti, Luigi Cadorna cercherà di nascondere la disfatta per due giorni.
Gli attori del dramma sono questi ma lo scenario ricorda la Beresina. Il fiume, l’Isonzo, vede gli sconfitti pressati dalle due rive dagli austriaci e tedeschi uniti.
Non resta che una terribile, drammatica ritirata, fino al Piave.
È il 23 ottobre del 1917, solo il 26 si saprà la terribile verità.
Il bollettino della vittoria del generale Diaz sembra ripercorrere al contrario le immagini della sconfitta. E’ un controcanto, una sorta di risarcimento.
Armando Diaz sostituito precipitosamente a Cadorna evoca le truppe sparse e disperate dei vinti che percorrono in fuga le valli orgogliosamente calpestate.
Allora Caporetto come risulterà dai lavori della commissione parlamentare Riccio, nasce da errori di strategia militare, dalle incomprensioni tra Cadorna ed il generale Capello. Nasce dal clima di disfattismo che si è instaurato nell’esercito.
Nell’esercito si diffondeva il desiderio di pace, la propaganda anarchica che spingeva alla diserzione, l’immobilismo dell’azione. Contro questi mali Cadorna rispondeva con la decimazione.
La decimazione della brigata Catanzaro avvenuta in agosto del ’17 è emblematica. La brigata si era ribellata e viene condannata alla decimazione descritta con acume e drammaticità da D’Annunzio.
Da quel momento la decimazione diviene prassi.
Lo spirito di Caporetto, dice Malaparte, è lo spirito della svolta, della ripresa. Il libro che è un saggio-narrazione intende convertire il desueto punto di vista della rotta disfatta, vergogna nazionale, in quello di una rivolta dal basso compiuta dai santi fanti mandati al macello contro i capi insipienti.
L’intento sociale di contrapporre le plebi colpite e decimate senza ragione meridionali con le classi alte degli ufficali è esplicito.
Il mito di Caporetto è l’epopea dei fanti che la guerra sacrifica in massa.
Il Piave è davvero il cimitero della gioventù.
Carmelina Sicari
Associazione Nuovo Umanesimo
Reggio di Calabria
* VIVA CAPORETTO!
de Curcio Malaparte
Edité par Belles Lettres en 2012 en traduction française
De retour de cinq années de guerre, Curzio Malaparte a 22 ans lorsqu’il écrit et publie Viva Caporetto!, à la fois témoignage individuel de premier plan et interprétation politique de la Grande Guerre. Contre la propagande officielle, il choisit pour emblème de l’héroïsme du soldat des tranchées et espoir de revanche d’un peuple méprisé, Caporetto, la gigantesque retraite des troupes italiennes sous l’avancée des armées autrichiennes qui marqua, en octobre 1917, la crise militaire la plus douloureuse que l’Italie ait connue. Trois fois saisi et censuré entre 1921 et 1923, Viva Caporetto! était une charge explosive contre la jeune Italie fasciste qui s’édifiait sur la mémoire d’une Grande Guerre victorieuse. Ce récit de guerre hors du commun marque, en même temps que l’entrée en littérature du jeune Malaparte, la matrice de toute son œuvre.
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
E sempre una grossa sodisfazione per uno specialistà rendersi conto dell’interesse suscitato dall’autore che ha studiato. Grazie quindi della bella iniziativa attorno a « Viva Caporetto ». Tre piccole « mises au point »:1) Fù volontario a sedici anni il giovane Suckert ma per combattere in francia, sul fronte OCCIDENTALE.In fatti arrivo troppo tardi per partecipare alle due battaglie in Argonne dove furono uccisi due Garibaldi. 2) L’edizione del 23 fù anche essa sequestrata. 3) Tecnica del colpo di Stato fù pubblicato non alla fine del fascismo, ma nel 31, a Parigi, dall’editore Grasset.
Approffito del occasione per informare della tenuta alla Sorbonne Nouvelle di un colloquio sul « trauma » di Caporetto i 9 e 10 di novembre e della preparazione di un « Cahier de l’Herne » su Malaparte che dovrebbe uscire nel marzo 2018. Saluti cordiali e complimenti agli « attori », sempre informati al meglio di « Altritaliani » e quindi molto apprezzati da tutti gli studiosi delle cose italiane, Jean-Claude Thiriet, prof em. Toulouse
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
E’ l’ennesimo post di tale tenore; l’interpretazione iniziale, di cui Malaparte si fece portavoce, e che in qs righe rieccheggia, è oramai superata dalla storiografia. Senza arrivare agli eccessi di chi vuole vederci un’abile mossa del Comando Supremo per riallineare il fronte, non fu « la più grave disfatta dell’esercito Italiano ». La sindrome del tafazzismo purtroppo impera. Ci sono molti lavori più attuali dai quali attingere, documentati e minuziosi, che si rifanno all’immensa documentazione contenuta negli archivi dell’AUSSME.
Affidarsi ai saggi storici e non ai romanzi !
Qualche suggerimento per approfondire:
https://www.gasparieditore.it/le-bugie-di-caporetto.html
« Caporetto » di Alessandro Barbero (Laterza)
https://www.unilibro.it/libri/f/collana/le_battaglie_della_ritirata
https://www.ibs.it/libri/collane/la-storia-raccontata-e-illustrata-p202393?page=1
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
Egregio Sig. Beltrame, condivido il suo pensiero.
Il libro del Prof. Barbero è certamente illuminante anche perché molti documenti sono rimasti inconsultabili quasi fino ai nostri giorni.
Comunque risulta sempre interessante la lettura di Diari più che di romanzi.
I diari di guerra di Carlo Emilio Gadda o di Arturo Stanghellini rappresentano una fotografia fresca e diretta delle emozioni umane.
L’esperienza diretta contribuisce ad integrare la conoscenza degli avvenimenti sui campi di battaglia e danno anche qualche risposta alle politiche o alle strategie fatte a tavolino da chi dirigeva o comandava.
Cattaneo Giovanni
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
La redazione di Altritaliani ricorda un suo precedente PRIMO PIANO:
in occasione del Centenario della Grande Guerra, studiosi di varie provenienze hanno presentato su Altritaliani.net testi italiani (in prosa e in versi) nati dal Primo conflitto mondiale, facendo parlare direttamente gli scrittori. Tra gli autori presentati: Lussu, Gadda, Giani e Carlo Stuparich, Slataper, Stanghellini, De Roberto, d’Annunzio, Marinetti, De Roberto, Saba, Alvaro, Camber Barni, Spalicci, Monelli e altri ancora.
Ne è venuta fuori, alla fine, una sorta di antologia, accessibile (oltre che – ci auguriamo – utile) al pubblico degli insegnanti, degli studenti e degli appassionati di letteratura e storia. Un dossier a cura di Giovanni Capecchi (Università per Stranieri di Perugia) e da Fulvio Senardi (Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione).
https://altritaliani.net/category/dossiers-tematici/raccontare-la-grande-guerra/
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
Buona sera, dopo la lettura dell’articolo, mi viene la voglia di ricordare in occasione del Centenario di Caporetto
La leggenda dei « Ragazzi del ’99 »
« Eroi diciottenni che seppero morire prima ancora di aver imparato a vivere »
Erano nati nell’ultimo anno dell’Ottocento, una generazione poco più che adolescente e passarono alla Storia come “I ragazzi del ‘99”. Fu l’ultima leva di 265 mila italiani che vennero chiamati alla resistenza sul fiume Piave. Giovani di diciott’anni che con il loro sacrificio, la loro vita, hanno contribuito in modo decisivo alla vittoria dell’Italia il 4 novembre 1918. Decine di migliaia di loro non sono più tornati dal fronte del Nord-est. Purtroppo un dato certo non esiste in un conflitto che per l’Italia ha significato seicentomila morti e quasi un milione di feriti, di cui la metà mutilati.
Ragazzi abili, arruolati ed istruiti velocemente perché bisognava rinforzare l’ultima linea prima che fosse troppo tardi. Nell’ottobre 1917 le truppe austro-tedesche avevano sfondato la linea del fronte a Caporetto. La terza armata e l’intero fronte italiano erano stati sbaragliati ed avevano dovuto ripiegare, indietreggiando attraverso il Friuli giù fino al fiume Piave,dove si assestò la nuova linea del fronte.
I Ragazzi del ’99 ebbero il battesimo del fuoco nel novembre 1917 e furono protagonisti di tre battaglie vinte che capovolsero le sorti del conflitto. Le soprannominate “battaglia d’arresto” a cavallo fra il Trentino e il Veneto il 10 novembre 1917. Quella del “solstizio” a metà giugno del 1918. E la “battaglia di Vittorio Veneto” fra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918.
Nell’ordine del giorno firmato dal generale Armando Diaz il 18 novembre 1917 si legge : “I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico”. E aggiungeva, immortalandoli per sempre: “Li ho visti i ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora”.
Il ricordo di questi giovanissimi combattenti sopravvive nella memoria popolare anche grazie alle numerose vie o piazze dedicate alla loro memoria in molte città italiane.
I « ragazzi del ’99 » più longevi furono Giovanni Antonio Carta, caporal maggiore di fanteria della Brigata Sassari e Cavaliere di Vittorio Veneto e scomparso a 107 anni nel 2007, e Alberto Agazzi, nato a Piacenza il 30 gennaio 1899, che morì a 108 anni ad Alseno il 13 aprile 2007.
Ma c’è chi dice che forse non furono loro gli ultimi. Proprio come si conviene a una leggenda
Vito Capaccio
Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte
Leggo nelle memorie di guerra di un ufficiale ungherese che l’esercito italiano nel 1918 e’ stato equipaggiato con attrezzi moderni stranieri. Ho anche visto il cimitero inglesedella 7ma divisione a Tezze. Potrebbe consigliare cq un libro sulla partecipazione inglese nella Grande Guerra in Itália? Sono convinta che tante vite sono state sprecate e continuano a essere sprecate nelle guerre. Almeno il perché cerco di capire.