Recensione Altritaliani a firma di Armando Lostaglio del film “Il reste encore demain”, fenomeno cinematografico dell’anno, in Italia e altrove all’estero.
Può il finale di un film creare un’apoteosi che amplifichi al massimo ogni pur minima carenza narrativa? Sì, può, alla luce di un bianco e nero evocativo del miglior neorealismo, la cui nitidezza traspare in modernità. E dunque, siamo all’opera prima di Paola Cortellesi, interprete ed autrice, che, dopo la Festa del Cinema di Roma, è diventata il fenomeno cinematografico dell’anno, in Italia, ed anche all’estero, sbaraccando anche la più rosea aspettativa.
Paola Cortellesi (un po’ a fatica) esce dal personaggio che in questi decenni si era costruita grazie ad apparizioni sardoniche in molti programmi di una televisione che da decenni scade nel più becero degrado. Ma lei no, riesce ad essere sempre brillante con battute e interpretazioni che la rendono una personalità plausibile, ironica e colta ad un tempo. In “C’è ancora domani” stupisce per la tematica che saggiamente incalza, fino al finale – dicevamo – con la celebrazione della Donna e dei suoi sacrosanti diritti. E dunque, la sceneggiatura – scritta con Furio Andreotti e Giulia Calenda – ci porta a Roma, nel maggio 1946.
La città è in subbuglio tra la povertà e l’arte di arrangiarsi, al cospetto dei devastanti scenari della seconda guerra mondiale. Per le strade capitoline è facile incontrare i reparti militari delle forze alleate e tuttavia si respira in ogni angolo quel desiderio univoco e collettivo di voltar pagina, ricostruire, prima ancora che i muri di casa, quanto le esistenze che proprio a Roma hanno vissuto l’orrore e l’indecenza nazifascista. Una vita di cortile tipica ci ragguaglia alla “Giornata particolare” di Ettore Scola, prima ancora che al rosselliniano “Roma città aperta”. C’è voglia di cambiamento, e il referendum istituzionale per l’Assemblea Costituente del 2 e 3 giugno sono la prova che la rinascita sia imminente.
Paola Cortellesi interpreta Delia anzi Dé, sposata con Ivano (basta Ivà, è Valerio Mastandrea); esemplare (e forse eccessiva) la prima scena del risveglio mattutino: al “buongiorno” di lei, riceve dal marito il ceffone del buon-risveglio. E tante saranno le afflizioni e gli oltraggi. La coppia ha tre figli, la primogenita Marcella, prossima al fidanzamento, disprezza la madre per la passività con cui subisce gli abusi coniugali. I maschietti, discoli, sono più piccoli. La giornata di Delia si divide tra faccende domestiche e diversi lavori sottopagati tra cui quello d’infermiera. Unici momenti di sollievo restano l’amicizia con Marisa, una ottimista fruttivendola, e l’idillio con Nino, un meccanico per cui in passato Delia nutriva una tenera simpatia mai del tutto dimenticata. Il film si dipana nell’imperituro adagiarsi pressoché costante, battute e ghigni di liberazione verso un quotidiano di gesti consueti e qualche colpo di scena. In definitiva, un buon film, apprezzabile nelle sue finalità progressiste ben valutate da pubblico e critica.
Armando Lostaglio per Altritaliani
Qui il trailer ufficiale italiano del film ‘C’è ancora domani »