Bertolucci nell’Olimpo dei Poeti.

Una delle immagini impresse come un fotogramma il maestro Bernardo Bertolucci l’aveva raccontata in una non recente intervista: il padre Attilio, il poeta, che saltella allegro canticchiando: “è nato Giuseppe, è nato Giuseppe…” e per mano il piccolo Bernardo di ritorno dalla clinica. E lì si aprono, al cospetto del tempo, i diversi decenni nei quali Attilio e poi Bernardo e Giuseppe, registi, hanno inciso nella cultura italiana un segno durevole. Poeti a loro modo che da Parma e quindi a Roma hanno irradiato una ventata innovativa, fino ad ambire a quella universale.

Ora che Bernardo ci ha lasciato, dopo lunga malattia che lo ha tenuto su una sedia a rotelle, la memoria di un Paese deve saper onorare un eclettico sognatore (come il titolo di un suo film) capace di tradurre la politica e la vita interiore in un unicum di inquietudini e di vitalità.

Bernardo Bertolucci (Parma nel 1941) rimarrà di certo fra i registi italiani più noti al mondo, dirigendo e producendo opere divenute cult per intere generazioni. Da La comare secca scritto da Pier Paolo Pasolini (da un verso di Belli) e Il conformista, lo scandaloso (dato al rogo) Ultimo tango a Parigi, La luna (delicato affresco borghese sull’incesto), Il tè nel deserto (da un romanzo di Paul Bowles), Novecento (scritto col fratello Giuseppe, 5 ore di film in due parti, il cui manifesto rese celebre Il quarto stato di Pellizza da Volpedo). E L’ultimo imperatore che gli  valse l’Oscar al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale, unico italiano ad averlo vinto (come Frank Capra, pure italiano ma naturalizzato statunitense). La sua filmografia, illuminata sul set da geni come Storaro e Di Palma, rappresenta un monumento nella storia del Cinema, e i diversi riconoscimenti ne sono un suggello. Nel 2007 gli fu conferito il Leone d’oro alla carriera alla 64ª Mostra di Venezia e nel 2011 la Palma d’oro onoraria al 64º festival di Cannes. La tragedia di un uomo ridicolo valse a Cannes nel 1981 il premio quale miglior attore ad Ugo Tognazzi.

Festival di Venezia 2013 con Armando Lostaglio (Cineclub De Sica)

Nel 2013, nonostante la malattia, ha accettato la presidenza della Giuria a Venezia: è lì che avemmo modo di raccontargli dell’amore per il cinema che un Cineclub in Basilicata riesce a diffondere specie fra i giovani; fu ampio il suo apprezzamento. E della Basilicata amava la figura controversa del madrigalista cinquecentesco Gesualdo da Venosa, lo affascinava da sempre e nella quale intravedeva segni di presente. Il film, mai realizzato, aveva pure un titolo “Heaven and Hell” (Paradiso ed Inferno). « Se vita mori io pur ti moro a lato e saremo anco altrove amante amato… » uno dei versi dedicati alla tormentata esistenza del Principe dei musici. E di lucano Bertolucci apprezzava anche il vino aglianico, come riferisce il suo amico (pure lucano) Francesco Di Silvio, invogliato dal maestro come da altri ad intraprendere la professione di produttore.

Per il cinema Bertolucci scrisse anche numerose sceneggiature per i film suoi e per quelli diretti da altri, tre dei quali da lui prodotti. Recitò inoltre in Golem – Lo spirito dell’esilio, diretto nel 1992 da Amos Gitai.

Una vita sentimentale che rifletteva anche i tormenti di un libero sognatore: dopo il divorzio da Adriana Asti, grande attrice che dirige nei primi anni ‘60 in Prima della rivoluzione, sposa nel 1967 Maria Paola Maino, da cui divorziò nel 1972, per sposare nel 1978 Clare Peploe, sceneggiatrice e regista, autrice insieme al fratello Mark del capolavoro diretto da Michelangelo Antonioni Professione: reporter.

Cosa resta oggi di Ultimo tango a Parigi? Scandalizzeranno ancora qualcuno le provocazioni erotiche di Jeanne e Paul?, ci si chiede fra quelle generazioni che vedevano nei film di Bertolucci una sorta di attentato al conformismo di quegli anni, fra i ’70 e ’80. L’indimenticabile sax di Gato Barbieri in colonna sonora e Bertolucci che dirigeva Marlon Brando e Maria Schneider in maniera quasi metafisica, con una luce sospesa fra il dentro e il fuori di se stessi, che solo l’eros riesce a trasmettere fra bramosie e voluttà.

Bertolucci era ateo: in una intervista rispose con una certa ironia: “Sono ateo, grazie a Dio. Come diceva Buñuel”.

Piccolo Buddha; Io ballo da sola: il maestro negli ultimi decenni si concentra su tematiche giovanili, come pure ne L’assedio; The Dreamers; Io e te. La sua giovinezza da poeta lo aveva portato a pubblicare In cerca del mistero che gli valse nel ’62 il Premio Viareggio e quindi incluso da Pasolini fra i poeti dell’Officina Parmigiana. La sua terra di origine sempre nel cuore. Voglio espugnare un poeta, /un beato narciso che non ode/ suono più forte dei suoi battiti al mondo /che odore differente dal suo giudica immondo /e compara alla sua l’ossatura degli uccelli.

Ora  Bertolucci, col padre ed il fratello, davvero saltella nell’Olimpo dei Poeti.

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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