Poche settimane fa, assieme all’amica Beatrice, ho avuto la fortuna di conoscere una donna molto appassionata, dagli occhi ricchi di curiosità. Il suo nome è Anna Maria Holme. Vive in Danimarca ma viaggia per lavoro tra i musei di Brasile, Giappone ed Europa. Infatti Anna Marie è artista (http://www.annamarieholm.dk) e da molti anni conduce, un po’ ovunque, laboratori creativi con bambini piccoli e piccolissimi tra arte, materiali e natura.
Conoscere questa parte del suo percorso professionale è stato di grande confronto.
SEMPLIFICAZIONE ED ECOLOGIA
Come farebbe un contadino rimuovendo i sassi dal suo terreno o uno scultore nel legno, Anna Marie ha progredito per sottrazione.
Dopo una lunga formazione ed anni pieni di esperienze di successo, ha scelto e praticato la strada della semplificazione, del togliere ogni superfluo, prima di tutto nei percorsi con le scuole.
Tutto ciò è stato frutto di un periodo di domande sui temi della sostenibilità della società attuale e sulle pratiche possibili per ognuno di noi, in ogni lavoro, anche nel suo.
Ecco perché i suoi laboratori, oggi, partono semplicemente uscendo in natura.
A seconda della scuola, sarà nel parco o in giardino o nel quartiere, tessendo poi attività con ciò che si incontra, raccoglie, immagina, intuisce, osserva, trasforma assieme a quel poco che ci si porta con sé.
Così facendo Anna Marie ha ridotto sempre più l’allestimento dei laboratori, l’acquisto e la preparazione dei materiali necessari, degli strumenti, dei tavoli, dei video, del riscaldamento, le pulizie… e in ultimo la fatica.
Ha invece affinato l’osservazione verso i bambini e verso la bellezza di tutto ciò che ci sta intorno, oltre alle abilità per essere complice attiva nel fare dei bimbi.
Qualche giorno fa leggevo il libro di Dominique Lougè ‘L’occhio incantato’ nella cui introduzione si sostiene come “l’osservare la natura sia già di per sé un operazione artistica”, purchè – aggiungerei io – sia osservazione profonda capace di scavare tra le immaginazioni e le idee di chi osserva, oltre che nelle cose osservate, proprio come un artista fa trasformando la materia in idea.
I laboratori di Anna Marie, pieni dell’entusiasmo di bambini alla ricerca tra foglie, rami, stoffe, terre, luci, cortecce, ombre… e la sua arte, così alta nel saper mostrare le ricchezze che abbiamo attorno, lanciano idee chiare.
Come ci ha detto lei, riferendosi alle insegnanti con cui ha lavorato negli ultimi mesi, ‘… non l’hanno mai fatto perché era troppo semplice’, ‘… non l’hanno mai visto perché era troppo vicino’, ‘… non ci hanno mai pensato perché la vedono solo così tutti i giorni da sempre’.
Scriveva Bruno Munari: “Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. […] Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, […] Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode…. La semplificazione è il segno dell’intelligenza.”
Anna Marie ci dice di aver imparato questo, prima di tutto, dalle scuole più povere, tra le persone più bisognose del Brasile.
Perché queste idee si trasformino in auto-formazione efficace per tutti, bambini e adulti, nel gioco come nelle professioni, pensa che occorra investire più tempo e passione nell’esperienza diretta. Io sottoscrivo in pieno.
L’ESPERIENZA DIRETTA, LA CREATIVITÀ E LA LENTEZZA
Un’altra persona che dal Sud America, fin da giovane, ha portato a casa molti insegnamenti, era Gianfranco Zavalloni (www.scuolacreativa.it), maestro d’infanzia e dirigente didattico, scomparso pochi mesi fa. Nel suo ultimo libro ‘La Pedagogia della Lumaca’, gridava un invito ad aprire gli occhi verso le capacità educative della lentezza e dell’esperienza diretta, che la scuola italiana, e non solo, sta sempre più dimenticando, rendendo impossibile o semplicemente svuotando d’importanza.
Fin dagli anni della sua tesi scritta tra le Ande e gli Appennini, l’invito dell’uomo Gianfranco, prima ancora di quello del preside Zavalloni, non solo era per la scuola ma per tutta la società, perché apprezzi una vita più lenta e non-violenta. Un invito rivolto a tutti gli uomini e le donne perché cerchino stili di vita e ritmi di crescita più semplici ed appropriati alla natura, con cui siamo un tutt’uno indivisibile.
Dal gioco dei bambini fino alle abilità di ogni uomo, dai gesti quotidiani di ciascuno fino alle tecniche più indispensabili alla vita, corre questo filo che tiene legato tutto.
Proprio per questo Gianfranco si impegnava sul tema ampissimo delle tecnologie appropriate a misura di bambino, di uomo e di natura e, sempre per questo, più di 25 anni fa, con alcuni amici aveva fondato a Cesena un gruppo di ricerca su questi temi, ora conosciuto come Ecoistituto delle Tecnologie Appropriate.
(www.tecnologieappropriate.it, www.passileggerisullaterra.it)
La ricchezza della semplicità è la strada di Anna Marie, quanto la relazione semplice e creativa con le cose, con la natura, con le persone e con i saperi è stata l’essenza del fare di Gianfranco in tutte le sue esperienze: i burattini, i diritti naturali dei bimbi, gli orti nelle scuole, nei carceri, negli ospedali e nei quartieri, i laboratori di bella calligrafia, la fattoria didattica, le camminate collettive lungo il fiume di Cesena, le campagne per l’uso della bicicletta, per la difesa del suolo dall’espansione urbana e per la salvaguardia dei fossi, i libri per i gesti di ecologia quotidiana fattibili da ognuno, i corsi per le abilità manuali, i primi Gruppi di Acquisto Solidali, i corsi di cucina con i prodotti stagionali dall’orto, la difesa del dialetto, i rapporti con i movimenti stranieri, la diffusione di tecniche per costruire con terra cruda, fibre vegetali e sistemi di riscaldamento ecologici.
Infine, ma non ultimo, l’impegno costante per facilitare lo scambio dei saperi e delle competenze tra le persone, quale tecnologia semplice e appropriata per lo sviluppo di ogni comunità.
99 NON È 100
Un esempio concreto di quanto contino i gesti quotidiani di ognuno di noi e un impegno personale nella diffusione di consapevolezze ecologiche, così come nella pratica quasi quotidiana e gratuita di Gianfranco, l’ho trovato di recente nel progetto di un artista brasiliano.
In “Waste Land”, il film girato a Jardim Gramacho, la discarica a cielo aperto di Rio de Janeiro, l’artista Vic Muniz racconta le condizioni di vita dei catadores, uomini e donne che si guadagnano da vivere raccogliendo tra i rifiuti i materiali riciclabili, per poi rivenderli.
Tra di loro, il più anziano tra i protagonisti nel film è Valter, catadores tra i più veterani e tenaci e vice presidente dell’associazione dei raccoglitori della discarica, che ringrazia Muniz perché capisce le intenzioni generose del progetto, pur non conoscendo ancora il grande eco che il film avrebbe avuto nel mondo.
Valter ammira l’impegno a far conoscere le loro condizioni e l’inquinamento infinito che crea una società basata sul poter fare rifiuti. Conosce quanto il film sia nulla più che una goccia in un mare di bisogni ma, comunque convinto e impegnato, ringrazia il regista, perché ‘99 non è 100’.
Di seguito, sono le sue parole a spiegarne il perché.
Spero tu mi capisca, perchè io non ho né un’educazione primaria né secondaria. Tu non me lo hai chiesto ma io vado a presentarmi da solo. Io sono un catadores da 26 anni. Sono orgoglioso di essere un raccoglitore. Lo porto sempre con orgoglio.
[…] Allora, diciamo che ogni famiglia produce un chilo di spazzatura. E un chilo di spazzatura genera 500 grammi di materiale riciclabile. Così un migliaio di case genera 500 chili di materiali che potrebbero essere riciclati. Questo significherebbe 500 chili in meno di materiale che può inquinare i fiumi, le lagune, che può intasare le fogne o essere sepolto qui nella discarica facendo così gravi danni alla natura e all’ambiente.
Io cerco di spiegare alla gente che cosa possono riciclare, cosa possono compostare e cosa dovrebbero fare.
Le persone ogni tanto dicono “Ma uno da solo può?”. Quello che può uno da solo è di grande importanza. Perché 99 non è 100 e quel singolo da solo farà la differenza.’
Grazie Gianfranco, uomo singolo e amico, capace di motivare centinaia di altri uomini e donne!!
Tabiano, 26-12-2012
Alberto Rabitti