La mostra fotografica “Respiri” di Rosella Centanni è una personale in cui si affronta un discorso visivo attraverso una tecnica particolare e poco utilizzata come il “distacco di emulsione” (emulsion lift) su una pellicola Polaroid. Un lavoro originale da scoprire, accompagnato da una recensione di Roberto Salbitani, critico e fotografo, ora presente alla Biennale di Venezia. Alcune immigini della mostra sono state scattate a Parigi.
“Quando ho scoperto la manipolazione Polaroid, in particolare “il distacco”, dice Rosella Centanni, ne sono rimasta entusiasta in quanto mi permetteva di liberare l’immagine dalla sua immobilità e di farla fluttuare a mio piacimento con pieghe, ondulazioni e bordi sfrangiati, in modo che ne scaturisse l’energia latente. “ Respiri”, appunto, perché l’immagine prende vita, respira e si muove.
Mi corrisponde il movimento, il mosso, il non definito per cui questa tecnica, recuperando anche la mia manualità, l’ho sentita a me congeniale.
Ogni immagine in mostra è un viaggio a sé ma insieme formano dei percorsi in cui, partendo da un luogo o un oggetto a me cari, riaffiorano gradualmente ricordi, situazioni, dove la realtà viene trasfigurata diventando impalpabile e leggera fino al sogno, all’onirico.”
« Respiri » di Rosella
Chi ha seguito negli ultimi anni l’intensa attività fotografica di Rosella Centanni potrebbe stupirsi davanti a queste immagini che oggi ci offre. Ma la meraviglia riguarderebbe soprattutto la nuova veste finora mai utilizzata, questi “distacchi” appunto, che mutano il ritmo del discorso visivo a cui la fotografa anconetana ci aveva abituati.
A ben vedere, però, e mettendo per un attimo da parte la novità formale, Rosella non ha mai disdegnato l’esplorazione di nuovi terreni espressivi in sintonia con l’affacciarsi di nuove istanze all’interno della sua vita. Non si è mai trattato di semplice fascinazione del nuovo per il nuovo : Rosella è donna dalle forti passioni e abbiamo spesso notato in passato che non è mai esistito per lei l’hobby domenicale, a testimonianza del fatto che il raggio del suo utilizzo del mezzo fotografico si è espanso nel corso degli anni mano a mano che le sue necessità espressive incrociavano nuovi stimoli culturali e le sue conoscenze tecniche crescevano. Il punto è un altro e riguarda il suo percorso espressivo nel suo insieme. Quello che si è precisato nel corso di questi ultimi anni è in realtà un vero e proprio tragitto di emancipazione dagli iniziali esordi nelle associazioni amatoriali – certamente importanti per il suo apprendistato ma spesso insoddisfacenti se rapportati alla sua personalità fluida e antitecnicistica, piuttosto individualistica e libera dai lacci corporativi – fino ad arrivare a trovare, e non senza titubanze e disillusioni, una sua particolare via alla fotografia. […]
Una nuova luce autoriflettente è venuta a rischiarare degli angoli bui, ad illuminare delle zone non del tutto permesse ad una donna matura dalla convenzione sociale. In questo senso è difficile ricordarsi di un lavoro più ebbro di luce e di dolce sensualità cromatica, un universo di piccole intimità dove sono bandite le ombre. C’è molto di liberatorio in queste piccole carezze rivolte a sé stessa e ne immaginiamo l’effetto terapeutico, come pure immaginiamo che i saccenti della critica fotografica guarderanno queste operette dall’alto in basso, con il dovuto “distacco”. Operette, forse, per chi è cieco alla condizione rivoluzionaria che esse presumono. Fogli di diario di un’autrice che ha rotto gli argini e si abbandona alla corrente di un fiume che la porterà, intuiamo, in territori inimmaginabili fino a poco tempo fa.
Il lavoro che, apparentemente molto diverso, ha fatto da ponte a questa nuova consapevolezza, è stata la serie precedente dei ritratti : volti più o meno noti nei vari campi dell’espressione artistica, dal teatro alla danza, dalla pittura alla fotografia. Lì la Centanni indagando la forza ed, insieme, la bellezza, di quei volti, e soprattutto l’espressività di quei corpi, stava interrogando il senso stesso dell’arte. E forse, senza esserne del tutto consapevole, il senso e quale direzione prendere nel suo stesso operare. Erano anni di dolore, di “distacchi” effettivi e non solo metaforici da ciò che era stato fino ad allora lo scopo della sua vita. E l’arte veniva in quel momento ad affermare ai suoi occhi non solo la sua capacità di espandere la personalità, i tratti salienti del carattere di un individuo, ma anche l’enorme sostegno che può dare nell’alleviare il peso dell’esistere. Dunque quei volti e quei corpi intendevano testimoniare le trasformazioni che l’arte, la poesia, avevano operato in loro. Volevano evidenziare come l’esprimersi artisticamente dia un senso compiuto alla vita. Più che celebrare Rosella stava insomma mandando messaggi a sé stessa per rompere gli indugi sul cosa fare nella vita, su quale cammino intraprendere. Quella fu la prima svolta : era tempo di andare oltre il fotografare per passatempo, il pennellare di colore la prosa della propria vita non bastava più. Era tempo di fare della fotografia l’interlocutrice affidabile dei cambiamenti che erano già in atto. […]
Eccoci ai “distacchi”. Più evidentemente trasparenti, meno filtrate, sono queste nuove forme di autoritratto che qui ci vengono offerte. Se è vero che il termine indica il separarsi dell’emulsione sensibile dal supporto d’origine, attuato da manipolazioni abili, delicatamente controllate, non va certo inteso metaforicamente, dato che queste immagini non ci rimandano a delle separazioni ma piuttosto a delle unioni in atto. Corpi, luoghi, oggetti si compenetrano sotto le mani abili dell’autrice. E’ al fondersi dei corpi in natura a cui Rosella tende, ed in questo suo delicato operare per avvolgere i suoi soggetti in un abbraccio unificante dimostra di aver inteso perfettamente il potenziale di questa tecnica recentemente appresa.
Intitolandoli “respiri” l’autrice precisa senz’ombra di dubbio che, più che essere un normale filo emotivo quello che ricuce il tutto, c’è qualcosa di apertamente fisico, di corporeo, nei gesti manuali che danno vita a queste sue creature. Per una volta l’occhio è rimandato alla sua virtualità e dipende dal finissage sapiente delle mani. Il tocco sensuale si disperde nelle atmosfere oniriche com’è d’altronde ricorrente nel manifestarsi della sensualità femminile e come l’iconografia classica illustra. Il corpo, nel rivelarsi eroticamente, si avvale del filtro del sogno, del velo, dello sfumato della carezza cromatica.
“Respiri”, dunque, perché per una volta il rigido determinismo delle fotografie convenzionali – dominate da quella profondità di campo e da quel troppo pieno di dettagli entro cui è così difficile creare dei vuoti significanti – deve cedere il passo all’ariosità, alla leggerezza. Vien davvero voglia di toccarle queste piccole icone della fluidità, ripercorrerne con le dita le pieghe, le ondulazioni, i bordi scontornati. A loro Rosella ha affidato la narrazione di queste nuove pagine di una storia iniziata tanti anni fa e in cui oggi ha inciso la sua rinascita, come donna, come autrice.
Roberto Salbitani
Roma, 2011
Informazioni pratiche :
– Spazio espositivo della Fototeca di Potenza Picena, una cittadina d’arte nel Maceratese dal 23 al 31 luglio 2011.
– Galleria Puccini – Ancona, maggio 2011.
Rosella Centanni è nata e vive ad Ancona. Ha iniziato ad appassionarsi di fotografia dagli anni ’90. Ha realizzato, oltre a varie iniziative fotografiche, diverse mostre personali tra le quali:
– « Ancona, il nostro Passetto…. un lungo giorno d’estate » (2008)
– « Sguardi » (2011), un reportage fotografico nei campi rom di Tirana.
– « N(u)ove donne in Salotto » (2012-2014)
– « Bassa marea a Palombina di Ancona. Istantanee di vita. » (2017)