Le trame mitologiche, cinematografiche, favolistiche, i resoconti scientifici e storici, i rilievi archeologici e geografici, che si occupano della Madre Terra e/o della Terra Madre, sollecitano riflessioni, che tenterò di proporre in forma di interrogativi e di idee sparse.
Parliamo, sovente, di natura matrigna, quando, anziché nutrirci, si rivela crudele, producendo catastrofi. Idealizziamo la stessa natura, quando guardiamo ciò che è capace di fare ed offrirci ad ogni stagione. Ci sentiamo, allora, legittimati a depredarla, nel primo caso, e proviamo un senso di colpa, nell’altro, così da essere mobilitati in direzione di azioni riparatrici?
Ci è difficile accettare che qualcosa, come la natura, può essere, insieme, buona e cattiva? Demetra, in fondo, non era dea della fertilità e dei raccolti e, al contempo, dell’avvizzimento della vegetazione? La Terra, forse, ama e consuma la sua vegetazione, fa nascere, crescere i suoi frutti, ma “sa” che dovrà lasciarli andare?!
La Madre Terra può essere dispensatrice di vita, ma anche causa di morte, può essere caverna che protegge dalle sue stesse calamità, ma è anche luogo di sepoltura di corpi. È cripta che nasconde tesori, ma anche insidie, produce ricchezza e può causare povertà; crea alleanze, ma anche numerose contese, se si parla di madre patria, distanzia se la lingua madre diviene l’unica lingua possibile – temendo la babelizzazione – e rende difficile l’apprendimento di nuove lingue.
Con la nascita dell’agricoltura, gli uomini hanno effettivamente violentato la natura o, come l’autore dell’articolo introduttivo al tema ha precisato, hanno “creduto” di farlo? Non è stata Demetra a donare al genere umano la conoscenza delle tecniche agricole (semina, aratura, mietitura, ecc…)? Dobbiamo, quindi, confrontarci con la rappresentazione mentale collettiva di un’umanità distruttrice e che può essere, in qualsiasi momento, distrutta da una Madre Terra distruttiva e distrutta?
Credo che, per molti secoli, la Madre Terra è stata misteriosa per l’uomo – che, verosimilmente, ancora oggi non riesce a spiegarsi a pieno ciò che accade e che, molte volte, lo travolge –, perciò ha concepito, prima, il pensiero mitico, poi, i mezzi tecnologici, allo scopo di controllare e dominare ciò che non era e non è in grado di abitare senza provare un’immensa angoscia legata all’incertezza. È possibile conciliare la devozione per la divinità della terra e la sua violazione senza ricorrere al pensiero mitico, ai rituali magici, ad una visione sacra, che rende la Madre Terra sacrificata, sacrificabile e sacrificante?
Una madre è e può essere uguale con tutti i figli? I figli crescono tutti allo stesso modo? Parti eque od uguali? Ci sono terreni aridi e terreni umidi, aree sterili ed aree feconde, territori che fruttano un certo tipo di raccolti e territori che ne producono altri. Le caratteristiche degli ambienti hanno una valenza particolare nel processo di formazione delle cognizioni e delle emozioni umane, influenzano direttamente il comportamento di chi ci vive, al tempo stesso, chi vi risiede vi attribuisce un significato affettivo e simbolico. Scalare una montagna, raggiungendone la cima, traversare a nuoto il mare, correre sull’asfalto, passeggiare a piedi nudi sull’erba o sulla sabbia, sciare sulla neve generano le stesse sensazioni?
Se la Madre Terra è sinonimo della natura, include pure l’acqua, il fuoco, l’aria, essendo questi elementi naturali, gli esseri viventi e gli esseri inanimati? Se la Madre Terra è assimilata alla Natura e primariamente a quella parte della superficie che è coltivata, può essere simboleggiata solo da Demetra, che, di conseguenza, non è la dea di tutta la Terra, anche di quella cementificata? In vero, non solo c’è Persefone, la figlia, la terra durante la primavera – vista come un’altra forma della stessa Demetra –, ma, in origine, c’è stata Gea, la cui radice indo-europea Go/Ge significa proprio terra e dalla quale sembrano siano derivate, in molte lingue, parole quali contadino, anno, città, abilità. Per di più, ogni tradizione ha riconosciuto altre dee, personificazione della Madre Terra, nominandole in modi differenti ed assegnando loro funzioni differenziate.
Plasmabile – come attestano la sabbia e l’argilla –, mutevole nella sua stabilità, stabile nel suo continuo cambiamento – a fronte di un cielo apparentemente immutabile –, la Madre Terra è base d’appoggio, confine, il limite, l’elemento concreto che spinge ciascuno a confrontarsi con il qui ed ora e la ciclicità, con ciò che è fisico e mortale. L’espressione “stare con i piedi per terra” – riferita a chi dimostra, abitualmente, senso di responsabilità nell’affrontare le cose, senza lasciarsi trascinare con facilità dalla fantasia – e la iettatura “Possa tu restare senza terra sotto i piedi” – riferita al desiderio che l’altro perda la sicurezza delle cose che ha – rimandano alla concretezza e alla solidità che la Terra assicura.
La Madre Terra è giustizia, provvede alla lealtà reciproca nella società e dà la legge, punendo i disonesti, diventando materia per cui giurare e su cui prestare giuramento nelle dispute legali relative alla proprietà dei terreni. È elemento di individuazione e distinzione di un luogo da un altro. È, contemporaneamente, legame, contesto di relazione e di riconoscimento dell’alterità: non terra promessa per alcuni, bensì matrice comune, sostrato di tutti e che ognuno contribuisce a creare.
Tra la Terra Madre e gli Uomini c’è un’appartenenza reciproca. Mi si conceda una citazione psicoanalitica, formulata da chi – prima di essere stato uno psicoanalista, era stato un pediatra, dunque, osservatore del rapporto madre-bambino –; mi riferisco a Donald Winnicott, il quale ha affermato che, in questa diade primaria, non è possibile pensare ad uno senza pensare, immediatamente, all’altra.
Il mancato rispetto per la Madre Terra potrebbe avere a che fare con il rapporto tra gli uomini? Versare, illegalmente, rifiuti, sporcare ed inquinare ambienti, servirsi delle materie prime per produrre armi di distruzione di massa indicano uno scarso senso di appartenenza e di connessione tra gli esseri umani, di una comprensione empatica vicendevole? Per Kouht, l’empatia è un potente legame emotivo tra gli esseri umani più potente dell’amore nel contrastare la distruttività e la disumanizzazione.
Una Terra resa degradata è una terra di nessuno, che non si vuole che qualcuno la utilizzi?
Gli uomini possono emanciparsi senza per forza danneggiare la Madre Terra o è necessario un presunto intervento esterno da parte di alieni provenienti da altri pianeti, costruiti dall’immaginario collettivo per occupare la Terra – scansando gli antagonisti umani, collocati alla sommità di una gerarchia che sminuisce tutto il resto – o per salvarla – mettendo al riparo le specie animali e vegetali – dalle condotte criminose del genere umano? L’ideazione di alieni è, plausibilmente, un’ulteriore manifestazione di quella difficoltà, da me accennata all’inizio di questo scritto, ad integrare aspetti a prima vista incompatibili, come la parte che osserva e la parte che fa, con l’effetto che la prima viene allontanata da sé e ceduta a qualcun altro (gli extraterrestri) e il sentimento di impotenza che ne consegue viene trasformato nel senso di onnipotenza, offerto dalle tecnologie.
Per gli uomini, potrebbe essere “fruttuoso”, più che antropomorfizzare la Terra – attribuendole aggettivi, solitamente, adoperati per descrivere il comportamento degli esseri umani – acculturarsi, dove la cultura può avere a che vedere con la coltura, quindi con la possibilità non solo di coltivare la terra, ma anche di coltivarsi, attraverso un processo di umanizzazione (potremmo far discendere il termine da ‘humus’). In questa maniera, chissà, diventerebbero meno individualizzati ed automatizzati, più naturali e consapevoli di essere terreni, della Terra.
Felicia Tafuri