Spesso l’italiano che si studia (specie all’estero), l’italiano standard, non corrisponde ai registri linguistici attuali (italiano neostandard). In una Europa che cresce ai tempi della globalizzazione, appare interessante diffondere una migliore conoscenza della nostra lingua e dei suoi mutamenti. Un contributo di Natale Fioretto, Docente di Linguistica a Perugia, per aiutarci a capire come si parla nell’Italia di oggi, utile per gli operatori e neofiti della lingua. Se è vero che l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo è bene farla conoscere.
In tutte le tradizioni linguistiche, accanto alla norma linguistica si afferma un uso più flessibile, proprio dei registri informali del parlato che interpreta le esigenze comunicative di una fascia media di parlanti e che tende ad accogliere dei tratti e delle innovazioni un tempo oggetto di sanzione negativa. Vorrei riprendere e sintetizzare, in questa sede, buona parte dei materiali proposti tratteggiando quello che è stato più volte definito italiano dell’uso medio o italiano neostandard.
Sulla base dei numerosi studi ormai disponibili, può essere elaborata una lista di quei tratti che sono da ritenere costitutivi del cosiddetto italiano neostandard. La maggior parte di tali peculiarità appartengono al livello morfosintattico.
A. MORFOLOGIA
1. Riorganizzazione del sistema pronominale:
– impiego di lui, lei, loro in funzione di pronomi soggetto al posto rispettivamente di egli/ella/esso/essa/essi, relegati alla dizione formale o allo scritto;
– estensione dell’uso di te, pronome tonico diretto, come pronome soggetto. La norma prescrive che, come pronome soggetto di seconda persona singolare, si usi tu ammettendo il te soltanto in frasi coordinate del tipo “Io e te”, “Maria e te”. Si assiste alla veloce risalita di forme quali: “Vieni anche te”; “Hai ragione te”, “L’hai detto te”;
– gli unificato. Con questa espressione si intende la diffusione di una forma pronominale indiretta unica valida sia per il maschile/femminile singolare sia per il plurale: “Ho visto Grazia e gli ho detto che…”;
– pronome relativo. La forma pronominale invariata che tende a sostituire i tipi, propri dei casi obliqui, introdotti da articolo (il quale, i quali) o preposizione (di cui, del quale, dei quali ecc.).
2. Riorganizzazione del sistema dei dimostrativi:
a fronte di un sistema a base toscana che comporta tre tipi con funzionalità distinte: questo/codesto/quello, nell’italiano neostandard si assiste a un processo di semplificazione che implica la perdita di codesto – sostituito, a seconda dei casi, da questo o da quello;
regressione del pronome neutro ciò sostituito da questo/quello.
3. Selezione delle congiunzioni
L’italiano neostandard semplifica il patrimonio di congiunzioni proprio dell’uso letterario, a favore di un numero limitato di opzioni. Si osserva l’affermazione di mentre con valore avversativo a scapito di quello temporale; la prevalenza, tra le concessive, di anche se, rispetto a, sebbene, benché, nonostante che; la diffusione, tra le causali, di dato che, dal momento che, tra le interrogative, di come mai e com’è che in sostituzione di perché.
4. Semplificazione del sistema verbale.
Il neostandard è caratterizzato dalla riorganizzazione nell’uso dei tempi e dei modi verbali.
– i tempi: nel neostandard e soprattutto nei registri informali, si assiste all’affermazione di un sistema semplificato di base ridotto al presente, al passato perfetto (passato prossimo o passato remoto), all’imperfetto e al trapassato prossimo. Sempre più frequentemente il presente, accompagnato da avverbi temporali come poi, domani, fra… va ad occupare lo spazio proprio del futuro. Al contrario, l’uso del futuro diviene epistemico, vale a dire che viene utilizzato per indicare azioni sulle quali si nutrono dei dubbi o su cui si fanno ipotesi;
– i modi: la tendenza più significativa è quella che evidenzia la sostituzione del congiuntivo con l’indicativo. La ritroviamo, ad esempio, nell’imperfetto ipotetico e nelle frasi dipendenti da verbi di opinione, o da verbi sapere e dire al negativo;
sostituzione del passivo con le corrispondenti forme attive.
5. Il ci attualizzante. Questo tratto si ritrova in quelle forme verbali, specialmente averci, in cui la funzione del clitico è desemantizzata, ha perso cioè l’originario significato locativo.
6. Il che polivalente. Il che, oltre a riassumere in sé tutte le varianti del pronome relativo, vede estendere la sua funzione a segnale generico di subordinazione, senza che sia possibile una distinzione netta fra valore causale, consecutivo, temporale ecc.
7. Forme ridondanti
Rafforzamento delle congiunzioni avversative ma però, mentre invece;
uso enfatico del pronome indiretto doppio a me mi, a te ti ecc.;
rafforzamento dei deittici: questo qui, quello lì.
***
B. LA SINTASSI E IL LESSICO
SINTASSI
1. Ordine marcato di costituenti dell’enunciato (sintassi segmentata).
A livello sintattico soprattutto nel parlato si notano modificazioni dell’ordine dei costituenti frastici che, per esigenze enfatiche possono essere ridislocati, ossia spostati in una collocazione marcata rispetto a quella SVO: Soggetto Verbo Oggetto.
2. Dislocazione a sinistra.
Si ha dislocazione a sinistra quando un elemento della frase diverso dal soggetto va ad occupare la posizione iniziale in maniera tale da acquistare un particolare rilievo:
I debiti bisogna pagarli ≠ Bisogna pagare i debiti
Come si può facilmente notare, la dislocazione a sinistra può comportare la ripresa pronominale mediante un pronome diretto (lo, li) o un pronome indiretto (gli), o attraverso particelle quali ci e ne.
3. Strutture presentative.
Si conoscono diverse varianti di strutture presentative:
• c’è presentativo: c’è Mario che ti aspetta = Mario ti aspetta; c’è uno studente che chiede informazioni = uno studente chiede informazioni; c’è un tale che mi vuole vendere uno stereo = un tale mi vuole vendere uno stereo;
• risalita dei pronomi personali clitici: me lo puoi prestare? preferito a volte rispetto a “puoi prestarmelo?”;
• ma ad inizio di frase, anche dopo una pausa forte, con valore enfatico, comunque diverso da quello avversativo che, però, resta sotteso, dando, così, alla frase una coloritura di fastidio, di impazienza, di stupore: Ma tu verresti con me al cinema?, Ma lei l’aranciata l’aveva pagata?, Ma che bella notizia! Analogamente si riscontra la congiunzione e, che ricorre con sempre maggiore frequenza ad inizio di frase specialmente nei titoli giornalistici e che comunica un effetto enfatico neutro rispetto a quello mediato dal ma.
4. Concordanze a senso.
5. Prevalenza della paratassi sull’ipotassi
LESSICO
• Nella lingua giovanile si va affermando troppo al posto di molto: troppo bello, troppo forte;
piuttosto con valore elencativo: “Mi colma di regali: fiori, dolciumi, piuttosto che gioielli ecc.”; quant’altro come formula conclusiva sostitutivo del tradizionale eccetera;
assolutamente con valore affermativo.
Le notevoli innovazioni rispetto alla grammatica prescrittiva, per intenderci quella contro cui abbiamo dovuto combattere alle medie e non solo, non sono segno di una corruzione dell’italico idioma, ma un invito a noi parlanti ad un’attenzione che renderà più plastico e creativo il nostro eloquio.
Natalino Fioretto
Docente di linguistica – Università per stranieri di Perugia.
(articolo già su www.graphe.it)