Lo straordinario analfabeta che fu di Peter Sellers nel celebre « Oltre il giardino », emblematico riferimento di molti dei volti politici delle prossime elezioni italiane.
Siamo sempre più spesso attorniati da facce che esprimono disappunto, espongono opinioni talvolta solo per il gusto di parlare. Qualcuno ha il ghigno del sempre soddisfatto, comunque vadano le cose. Altri invece ostentano saperi su ogni cosa, che sia cucina o automobili, persino economia e politica.
Quando in tv compare il viso dal ghigno sereno sotto i baffi del segretario nazionale di un certo sindacato, l’effigie ci riconduce (come per reincarnazione) ad un film di oltre trent’anni fa di Hal Ashby, apprezzato a Cannes e premiato con l’Oscar, dal titolo “Oltre il giardino” (Being There in originale).
Ad interpretarlo è lo straordinario Peter Sellers in una delle sue ultime apparizioni. Nel film è Chance, un giardiniere analfabeta che non è mai uscito dalla casa nella quale ha lavorato per tutta la vita. Alla morte del padrone, si ritroverà senza lavoro, con una valigia di vecchi abiti di lusso e un disarmante candore. L’unico collegamento col mondo esterno è stata nel corso di tutti quegli anni la televisione, mentre del giardino conosce ogni segreto.
Ci perdonerà il citato segretario sindacale (che è pure in buona compagnia) ma il suo apparente candore, come in Chance, rimanda a chi si esprime per concetti ovvi e predeterminati, conoscendo solo quelli, e facendoli passare per metafore, come nel film di Ashby. Solo che Chance è ignaro della sua semplicità, conosce bene il suo mestiere e agli occhi della sua nuova padrona sembra che utilizzi le metafore del giardino per parlare di concetti elevati. Si nutre di televisione (qui l’attualità del film) mentre le persone intorno lo fanno passare per un genio.
Così accade per i nostri contemporanei, sindacalisti o politicanti o intellettuali presunti. Quanti ne abbiamo mandati, (ritenendoli geni come Chance) al parlamento a rappresentarci, oppure ad essere classe dirigente.
Sarà pur vero, secondo lo scrittore Robert Musil, che “ogni intelligenza ha la sua stupidità”, mentre per Sciascia “è ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente, e viceversa”. Oppure siamo noi, ignari della nostra semplicità, o stupidità, quegli “utili idioti” (non già nel senso leninista) che fanno arricchire di gloria e di potere personaggi che nemmeno nel giardino sarebbero in grado di coltivare un fiore?
Armando Lostaglio
***
[||]