I casi Berlusconi e Marrazzo, la confusione tra pubblico e privato.
Uno spunto di riflessione sulla crisi d’identità delle persone in un mondo sempre più di solitudini, dove non vi è più armonia tra l’esterno e l’interno del proprio vissuto.
In qualche modo questo articolo pur essendo del mensile: Esci/Dentro – L’esterno dell’interno dell’esterno, anticipa il prossimo mensile che si intitolerà: “Il corpo dell’immagine”. E’ un articolo che solo in parte riguarda la politica e forse molto di più quell’ombra che ognuno di noi più o meno segretamente si porta dietro e che sempre più tende ad avvolgerci.
Il caso Marrazzo, il governatore PD della Regione Lazio, dimessosi, dopo essere stato ricattato da quattro carabinieri, per essere stato filmato nascostamente in uno o più incontri con transessuali, costituisce una storia oscura che dovrà essere chiarita in tutti i suoi aspetti dagli inquirenti, anche perché lascia sospetti e malesseri nella opinione pubblica.
Tuttavia, non è questo fatto drammatico di cronaca politica che m’interessa in sé, e nemmeno il facile parallelo con i festini organizzati, per il premier Berlusconi, da un individuo sospettato spacciatore di cocaina, a base di prostitute e veline.
Non voglio nemmeno dilungarmi sul fango e il disonore che quei carabinieri hanno gettato sulle loro divise, andando a ricattare e forse anche compiendo di peggio, il governatore per estorcergli del denaro.
Mi inquieta l’idea che in personaggi sicuramente di successo, che gestiscono poteri, che costituiscono un riferimento, un’autorità (anche morale) per la comunità che li ha scelti, siano zone d’ombra così inquietanti.
Voglio subito sgomberare il campo dall’idea di un intervento (questo mio) dal sapore stucchevolmente moralista. Quello che è inquietante è che in queste persone e chissà in quante altre meno autorevoli e più anonime, esistono comportamenti e scelte vissute con senso di vergogna in una eccitante ma, più probabilmente, mortificata solitudine del “vizio”, come se in tanti di noi vi fosse un non detto, un qualcosa, una zona d’ombra appunto, che non vogliamo e non possiamo, se non davanti alla prova dei fatti, riconoscerci.
Berlusconi, nel suo caso, ha prima negato, poi si è arrampicato sugli specchi prima di ammettere con molti nervosismi ed omissis che ha partecipato ed organizzato questi festini dall’indubbio sapore sessuale con ragazze che potrebbero essere le sue nipotine.
Marrazzo ha brevemente negato, poi ha ammesso quella che lui ha definito una sua debolezza, raccontando a La Repubblica tutto il suo dramma e disagio familiare, specie verso la figlioletta di otto anni.
Mi viene da chiedere le origini di questa “zona d’ombra”. Cosa si nasconde nel consumare in solitudine questo vissuto al di fuori del proprio sociale. Tanti, ma sono veramente tanti gli uomini e donne che serbano un lato segreto della propria vita, che loro stessi spesso non si riconoscono.
Alcuni esempi dimostrano come si possa convivere e addirittura ammirare persone che hanno fatto scelte esistenziali se si vuole di minoranza. Delanoe, ad esempio, ha da sempre e con fierezza riconosciuto la propria omosessualità ed è stato premiato dal consenso dei parigini ed è un amatissimo sindaco della capitale francese. Niki Vendola anche lui dichiaratamente gay è uno dei più autorevoli e ascoltati leader della sinistra in Italia, oltre che governatore della Regione Puglia. Vladimir Luxuria oltre che studiosa universitaria e personaggio dello spettacolo è stata un’impegnata parlamentare italiana di Rifondazione Comunista ed è una transessuale.
In una società che non fa più scandalo dell’evasione fiscale (in Italia la pandemia più diffusa) e dove viene visto con “ammirazione” colui che truffa il fisco; dove in certi ambienti, l’avere uno o più amanti è ritenuto quasi un fatto scontato, perché si continua ad avere un doppio binario nel considerare gli intimi comportamenti di ciascuno?
Fa insomma, ancora paura l’opinione pubblica? E’ possibile?
Un’opinione pubblica ignorata dai partiti, snobbata dall’informazione, che sembra molto più asservita ai giochi di una politica con la p minuscola, fatta da agguati e contro agguati in una strategia sempre più sorda ai reali bisogni e interessi dei cittadini. Un’opinione pubblica instupidita da un uso spettacolare ed immaginifico della comunicazione (ora sì che si fa della televisione un uso criminale). Questa opinione pubblica, il sentire della gente, fa davvero ancora paura? Al punto da dover soffocare le proprie pulsioni quelle che Marrazzo chiame le proprie “debolezze”?
Credo che vi sia sempre più una perdita grave della consapevolezza di sé. Un bisogno di adeguamento ad un modello che in quanto tale è proprio solo una maschera che occulta nasconde il proprio essere, riducendolo all’attendibile e per certi versi confortante visione della propria immagine.
Marrazzo, prima giornalista televisivo e poi politico di successo, ha dichiarato di voler scomparire dalla scena pubblica e politica. Svelato nella sua realtà, che egli reputa inaccettabile, cerca solo di ricostruirsi un privato in cui ritirarsi e dissolversi. Un gesto doloroso quanto nobile, diremmo da altri tempi. Specie se si considera che vi sono altri uomini politici e quindi pubblici che viceversa sembrano permeabili non a discutibili condotte morali o etiche ma finanche ad illeciti condotte sotto il profilo penale.
Peraltro è bene ricordarlo l’ormai ex governatore della Regione Lazio è in questa vicenda la parte lesa.
Ma tra di noi quante persone hanno scelto la via del segreto, quanti fantasmi animano i nostri uffici, i nostri salotti, tra i caffè nei supermercati, nelle scuole e officine, nelle caserme, nelle chiese e nel mondo dello sport e dello spettacolo, quante persone hanno deciso di vivere solitariamente e ansiosamente in queste zone d’ombra, da cui ci si esce dopo qualche ora, qualche minuto, qualche secondo, per ritornare ad essere mariti, mogli, padri e madri affettuosi, capi uffici diligenti, operai impegnati e solerti, parroci intenti a recuperare anime perse, ufficiali pronti a partire per missioni o attori pronti a far levare il sipario.
Dentro questa zona d’ombra io ci vedo tutta la crisi d’identità del nostro mondo, ci sento l’eco di una pace persa dietro ad un modello di vita sempre più conflittuale e furibondo, che da sempre meno tempo al silenzio, al calore degli affetti, al ritrovare o scoprire i propri luoghi, i propri tempi. Ci vedo una paura del domani, del futuro, un’ansia di vivere come se questa vita ci sfuggisse sempre più dalle dita come se ad ogni angolo del nostro vissuto la morte fosse pronta a falciarci. Qualche tempo fa in un suo editoriale, Veleno lamentava come i balconi di Parigi fossero eternamente chiusi, ecco in quei balconi ci vedo delle zone d’ombra, interni di case sempre più meno vissuti, come meno vissuti sono gli angoli della città, una volta teatro vero della società, dove andava in scena la vita, gli amori, la lotta politica e dove metro per metro ci si sentiva parte, corpo di quel mondo e quindi di tutto il mondo.
Sempre più si è voluto confondere il nostro esterno rivolto al mondo al nostro interno rivolto al proprio ego. Un conflitto tra pubblico e privato che confonde i propri ruoli sostenuti nella vita pubblica e nell’intima della propria esistenza. La dove di solito emergevano le proprie pulsioni e i propri sentimenti. Un pubblico mal vissuto e spesso subito penetra nel nostro privato che sempre più è sollecitato dalle tensioni e nevrosi dei ritmi quotidiani che la società di oggi impone. Da qui un crescente bisogno di adeguamento, di adattamento continuo e sistematico.
Il rischio e che venga demonizzata la diversità e che vengano per contro biecamente normalizzate condotte ben più illecite ed antisociali, come la contiguità con il malaffare, quanto non con la mafia, dove venga ammessa la possibilità di sfuggire alla giustizia se ve ne sono i mezzi e i privilegi, di poter essere “ammirati” quali evasori o “premiati” per aver esportato capitali all’estero affamando il proprio paese. E mentre si va avanti così quelle strade, quei caffè, quegli uffici, caserme, chiese, officine sono popolate non più da cittadini pronti a dire e dimostrare, ma da fantasmi sempre più chiusi nelle loro zone d’ombra dove inseguono un’effimera libertà pur di sfuggire all’ipocrita etica di questo nuovo tragico mondo. Dove ci si unisce non più per amore ma per bisogno, dove si proiettano ripetitive immagini di se che dovrebbero rassicurare ma che nascondono un insostenibile vuoto interiore di chi nel proprio luogo si sente ormai, un ospite inatteso, spesso indesiderato ma necessario.
Occorrerebbe fare dell’esterno e dell’interno del proprio vissuto qualcosa di armonicamente coerente e sincero.
Occorrerebbe che le nostre case ci somigliassero e che le persone che le animano ci vivessero, ma veramente.
Occorrerebbe che le nostre città ci somigliassero e non che fossero sempre più faticose da vivere e da capire, ma forse questo può essere giusto uno spunto per le nuove future ideologie, poiché queste verranno, perché come la Storia insegna nulla è davvero eterno.
Nicola Guarino