I cervelloni sono quelli dei “nostri” giovani (verdi, spesso verdissimi) che hanno studiato bene e con impegno in Università italiane fatiscenti, prive di risorse e inutilmente ultra affollate. Università che, ad ogni cambio di ministro di pubblica istruzione, subiscono colpi, arretramenti, danni. Speriamo che l’attuale ministra: Mariastella Gelmini, ora che è incinta, decida di lasciare la politica e di occuparsi dell’impegnativo e serio ruolo di mamma. Per evitare subitanee accuse di antifemminismo (ma esiste ancora il femminismo?) dirò che egualmente non sarebbe male se l’attuale capo di governo si togliesse il fez (pardon la bandana) da testa e infilando la giacca da camera cercasse di recuperare l’impegnativo ruolo di marito e padre. Ma torniamo ai giovani che, se cercano riconoscimenti per i loro meriti, stanno fritti.
Su La Repubblica è uscita una amara e dolorosa missiva di Pier Luigi Celli, direttore della Luiss, importante Università di Milano, al figlio di cui lascio
il link. E’ da leggere.
E’ una lettera con cui Celli, con sofferenza, invita suo figlio, fresco laureato, a lasciare l’Italia, per darsi un futuro. Una lettera che fotografa lo stato delle cose per i giovani in Italia. E che smuovendo la nauseabonda ipocrisia oggi imperante, ha suscitato il classico vespaio di polemiche.
Vi si parla di un paese, il nostro, dove si continua ad ingannare tutti con la favola bella che tutto va bene, che l’economia tiene, che la disoccupazione è meno grave che in altri paesi. La realtà è che, mentre la televisione italiana tra una pub e l’altra ci rassicura amorevolmente, tutto va a scatafascio. Chiudono aziende, un milione di attività commerciali sono sull’orlo del fallimento, la precarietà diviene una prassi senza fine e senza sbocchi, per molti un tunnel peggiore di quello della droga, assuefazione incluso.
Noi che stiamo all’estero, vediamo ogni giorno quanti italiani (spesso ultra qualificati) sono costretti a venire qui per cercare lavoro e speranza. Sono giovani preparati, una ricchezza per il paese. Una ricchezza sprecata in questi tempi dove è mediocre tutto, dal capo del governo, uomo privo di senso dello stato e di qualsivoglia cultura politica, ai tanti manager che nelle imprese grandi e piccole, incluso le università, vi sono più per i meriti di papà che per i propri. Una società di mediocri, dove spesso si sente dire: “Non diamo spazio a questo giovane, è troppo bravo….ci fa ombra”.
Nel “sistema Italia” va in onda una fiera della vanità e della vacuità che sta uccidendo prima l’economia italiana, la sua ricerca scientifica, e poi la società stessa, sgretolandone i valori, privandoli di concetti essenziali come il merito.
Sembra un sogno quello di avere dei politici e non dei politicanti, politici di una società consapevole e politica, nel senso più nobile del termine. Sembra un sogno quello di poter avere una società consapevole, bene informata, capace d’indignarsi e di difendere i propri principi per i quali i nostri nonni hanno magari sacrificato la vita. Sembra un sogno avere persone competenti che lavorino con impegno in quelle aziende che trainano l’economia e non dirigentucoli che sembrano solo interessati a fare sfoggio di aerei privati e di belle dame affianco.
Le misure della gravità della cosa ce le danno vari indicatori.
In primo luogo la levata di scudi, di alcuni intellettuali, contro Celli, sembra che gli rimproverino di non sistemare il figlio lui che può. Come fosse normale, nel clima di baronato universitario attuale (e non solo), che un alto dirigente universitario imponga i propri parenti alle cattedre.
Il secondo indicatore è l’assenza di ribellione (specie giovanile) a tutto questo. In altri tempi, lo scontro sarebbe stato durissimo (altro che Autunno caldo!).
Terzo indicatore: Si fanno passare le tante anomalie italiane come fatti normali, se non giusti e sacrosanti, deviando perversamente ogni senso etico della società, della politica e dell’impresa (il risultato è: Politici che rubano, sono conniventi con la camorra, che frequentano minori e che imperterriti restano con una faccia di bronzo ai loro posti, impegnandosi finanche a riformare – per modo di dire – la giustizia, veramente paradossale, oppure l’evasione fiscale generalizzata a danno dello Stato e quindi della collettività, oppure i famosi call center centri di sfruttamento se non di vera schiavitù dove si consuma la devastante precarietà della nostra società, che nel frattempo con lo “scudo fiscale” premia gli evasori se non anche la mafia con i suoi capitali illeciti che rientrano in Italia).
Infine, ma la lista sarebbe infinita, un ultimo indicatore. L’opposizione parla a bassa voce o tace, là dove bisognerebbe ruggire contro tanto sfacelo, cavalcare la tigre del dissenso e tornare nelle piazze non per il “No Berlusconi Day” ma per proporre di cambiare strada, dando poche e semplici e chiare indicazioni per una possibile alternativa.
Altrimenti W Celli e la sua amarezza che i “cervelloni verdi fritti” vadano ad arricchire l’estero e che questo resti un paese sempre più cerebroleso.
(nella foto Pier Luigi Celli n.d.r.)
VELENO
Cervelloni verdi fritti.
Caro Veleno, quelle di Celli sono parole sante… se non venissero da lui. Celli che in questi anni ha contribuito a rendere l’Italia quello che è. Lui che poteva denunciare e non l’ha fatto, ma si è piegato alle lottizzazioni rai. Gli intellettuali, come li chiami tu, non criticano (interpreto) il fatto che non abbia sistemato il figlio, ma semplicemente che questa accusa venga da un personaggio che ha avuto le mani in pasta e non si è ribellato.
Ti posto un articolo che ha pubblicato su AgoraVox uno di quelli che definisci intellettuali (Piero Sorrentino, caporedattore di Nuovi Argomenti, Nazione Indiana etc…) che mi trova pienamente d’accordo: http://www.agoravox.it/tribuna-libera/article/caro-papa-risposta-immaginata-a-11251.
Ciao
Francesco
Cervelloni verdi fritti.
Caro Francesco, leggerò con piacere e attenzione l’articolo che mi proponi. Non spetta a me difendere Celli e del resto sono convinto che storicamente gli intellettuali italiani non sono mai stati, salvo esempi eccezionali, come Pasolini, particolarmente votati all’eroismo. Il ventennio fascista ce lo ricorda storicamente. Debbo anche dire che la RAI con Celli visse un buon momento se si considerano gli attuali standard. Probabilmente è anche aver vissuto retroscena che non conosciamo ma che possiamo intuire che ha indotto il Prof. Celli a dire queste tristi ed amare parole al figlio. C’è da meditare sui nostri tempi e sulle tante anomalie di un paese che per molti versi rischia di essere sempre più meschino e mediocre. Oggi la lotta di chi come noi crede in una « rinascita italiana », prescinde dagli orientamenti politici o ideali, da ovunque esiste una domanda di regole, di etica, di valori forti su cui far ripartire un paese importante e dalla grande storia come il nostro.
Veleno