I giorno del Covid-19 #iorestoacasa con Isabella Da Re veneziana che ci scrive da Parigi.
Qui a Parigi da martedi 17 marzo alle 12 è comincato il « confinamento ». Davanti ai negozi file composte di persone, tantissimi con la mascherina, poche le persone in giro.
Parigi è silenziosa, la mattina ci svegliano gli uccellini, tanto che penso di essere al Lido di Venezia. Ho finalmente capito cosa disturbava le mie giornate: il rumore costante e spesso molesto di fondo della città. Sento che ora questo silenzio scende lento come un balsamo benefico.
La primavera si vede, ho la terrazzina piena di germogli, la menta è rinata, profuma di buono. In fin dei conti tra poco sarà primavera, il periodo dell’anno che amo di più.
Ogni giorno mi sveglio con un sintomo nuovo, una volta la sensazione di febbre, una volta la tosse, poi il mal di testa, poi il respiro corto. Ogni giorno poi passano. Anche il mio fisico fa quello che può, mi dico.
I bambini sono felicissimi di essere a casa: forse tutte le attività fuori casa non sono poi così gradite. Mariesol sta cucendo una famiglia di pezza con i miei vestiti vecchi, per il compleanno del suo papà.
È stato ieri, ho fatto una torta orribile (è uscita più bassa di quando l’ho messa in forno), i bimbi erano delusi. Abbiamo deciso che faremo una festa a sorpresa il fine settimana. Mio figlio Carl passa come un uragano in ogni angolo che ordino per scomporre tutto di nuovo, ma ride sempre e fa balletti in maschera.
Sto (gli altri si rifiutano) finalmente mangiando quei bulgur/semi/cerealoni/potage che giacevano in fondo al cassetto del cibo. Non eccitanti, ma almeno variamo un po’.
Scopro, infine, che le case intorno alle mie sono popolate. Verso le sei, il cielo ancora chiaro, si vede movimento, giacche appese fuori, microtavolini al sole, piante annaffiate, la sera le luci. Luci ovunque, sembra un presepe.
Prima era sempre tutto buio almeno fino alle nove, poi non guardavo più. Ho scoperto che vedo la casa di una compagna di Mariesol, vedo proprio dentro casa loro, qualche piano in giù. L’altra sera la sua mamma era incollata alla televisione con una ruga nel centro della fronte, una statua: parlava Macron. La figlia si rotolava dietro di lei sul divano. Li conosco da 4 anni e non sapevo di poter vedere dentro casa loro, bisogna che glielo dica. Il tempo passa ed ho scoperto che non è lui ad impedirmi di fare le cose (riesco sempre e solo a fare la metà delle cose che vorrei), ma io che mi « impongo » troppe cose tutte in una volta.
Anche il tempo fa quello che può, mi dico.
Ieri dopo aver letto il messaggio di una mamma italiana preoccupata per la figlia « sola » a Parigi (che ha fatto eco con la mia preoccupazione di avere una mamma « sola » a Venezia) e con il cuore ancora gonfio per la morte di una splendida persona a me molto cara, mentre scendevo le scale, le lacrime sono uscite copiose. Fortuna che abito al settimo piano.
Isabella Da Re
(di Venezia, scrive da Parigi)
Grazie, Signora Da Re, grazie a Lei vedo che il buon senso e anche direi, la nobiltà d’animo, la sensibilità, non conoscono frontiere.
Luisa Magnagati di Vicenza, che vive in Francia.