Una perdita del mondo intellettuale europeo, un uomo di spessore che le contraddizioni del nostro tempo hanno tenuto talvolta ai margini. È morto all’età di 89 anni, nella sua casa romana, Ermanno Rea, acuto scrittore napoletano, giornalista per diversi quotidiani e settimanali, intellettuale riferimento della sinistra, candidato alle ultime Europee con la lista Tsipras.
Sebbene la politica possa talvolta deformare la visione nei confronti di certi pensatori, o addirittura strumentalizzarne le posizioni: uomini come Rea che hanno saputo raccontare la difficile realtà di una città, la sua, senza strumentalismi formali, possono essere visti con distacco se non addirittura con diffidenza. Certo, oggi la cultura perde un pensatore e un narratore, analista e cronista di spessore.
Ermanno Rea era nato a Napoli nel 1927, nella sua florida carriera aveva vinto il Premio Viareggio nel 1996 con il romanzo autobiografico “Mistero napoletano” e il Premio Campiello nel 1999 con “Fuochi fiammanti a un’hora di notte”. Un altro suo romanzo, “Napoli ferrovia”, è stato finalista al Premio Strega 2008.
Nel 2011 per Feltrinelli aveva pubblicato “La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani”, libro-denuncia della macchina del consenso seguito dal suo libro di fotografie “1960. Io reporter” (2012) e dalla ristampa de “La dismissione” (2014; già Rizzoli, 2002), “Il sorriso di don Giovanni” (2014), “Il caso Piegari. Attualità di una vecchia sconfitta” (2014). “Nostalgia” sta per uscire. Protagonista è il rione Sanità proprio dov’è nato. Forse quest’ultimo lavoro lascerà intravvedere l’aspetto del ricordo quale espediente di progresso non già di stasi all’indietro.
Questo scriveva: « Non sono uno storico né un saggista: il mio, come ho detto, è un libro-sfogo, legittimamente disordinato, che non esita qua e là a farsi favola, immaginando un mitico passato di glorie durante il quale l’Italia fu la « civiltà » e gli altri si chiamarono ‘barbari' ».
“La fabbrica dell’obbedienza” è dunque un libro di straordinaria saggezza, un manifesto di netta lucidità che diventa identificazione storica al netto di orpelli, spesso un atto di accusa e, secondo la critica più avveduta, “istigazione al pensiero”. Pensiero in divenire, una eredità quella di Rea di grande passione verso il confronto e la disobbedienza al conformismo.
“La stella che non c’è” è il titolo del film diretto da Gianni Amelio nel 2006 ispirato al libro di Ermanno Rea “La dismissione”. Il film venne presentato alla Mostra di Venezia, interpretato da Sergio Castellitto e la cinese Tai Ling.
Armando Lostaglio