Libro: “I prati bruciare” di Gianni Priano (Temposospeso, 2025)

Ci sono libri che raccontano una storia; altri, invece, che raccontano un mondo. Qui, nel libro di Gianni Priano, I prati bruciare (pubblicato da Temposospeso, brillante casa editrice di Massimo Angelini e Esther Weber), il mondo inizia verso la fine degli anni Sessanta, quando un bambino si veste da prete. Mette sulle spalle (“piccole spalle di bambino”) l’asciugamano del bidet (la casa io non la conosco, ma so che è semplice, ordinata, quietamente malinconica di una sua bellezza in cui ogni cosa è al suo posto, come accade nelle case popolari; il disordine è un lusso da ricchi). Con la mano di Dio (e l’asciugamanino del bidet) sulla spalla, esce sul poggiolo a dire messa.

Fuori, c’è il quartiere di Voltri, estremo ponente genovese, avamposto basso-piemontese in Liguria: le case, le chiese, l’autostrada, in costruzione proprio in quegli anni. Il bambino sul poggiolo non ha nessuno ad ascoltarlo, se non forse Dio (il Dio delle cappellette sul sentiero di campagna, delle chiese deserte, del rimorso della sera), ed è un po’ innamorato di Gesù. Il Gesù del film di Pasolini, che è “uomo con le donne e donna con gli uomini”. Per mestiere Gesù e i preti, secondo il dire comune, dovrebbero occuparsi dei cosiddetti “ultimi” (“chi niente vuole, niente ha, e niente sa”, diceva il teologo medievale Eckhart). Insomma, dei poveri disgraziati. Ma il bambino con l’asciugamano sulle spalle capirà, da grande, che i veri “ultimi” sono altri: i ricchi, “e non i ricchi sociali, i ricchi onesti e leali, perbene, politicamente corretti”. No, i veri ultimi sono “i ricchi che evadono le tasse, che tradiscono la moglie con tre o quattro amanti più giovani di loro di vent’anni, che sono amici di Briatore e anche se sono di Lecce hanno l’accento brianzolo”.

Il Gesù di Priano è un operaio che smonta dal turno, e va a consolarli, questi ricchi cafoni, mentre scendono dalla loro inutile, tristissima automobile di lusso, smanettando sul telefonino per prenotare un ristorante stellato, costosissimo. Il bambino fa appena in tempo a togliersi dalle spalle l’asciugamano di Dio, e in capo a qualche anno, ormai ragazzo, scopre che in giro c’è la morte. Il medico dice che suo padre, nonostante gli atroci dolori, sta bene. È un medico che parla dialetto, e come racconta Annie Ernaux in La place, è impossibile per le famiglie non fidarsi di un dottore che parla così. Invece il padre muore lo stesso, tenendo il crocifisso tra le mani. Come già era morta la nonna Manìn, che “quando vedeva un sacco di patate diceva: quanta grazia di Dio”.

Ora che ha scoperto la morte, “quella cosa che, se la nomini, se ne parli, ti guardano e ti dicono: ma dai, parliamo di cose belle”, senza asciugamano sulle spallle e senza padre, il ragazzo cresce. Tra l’estremo ponente genovese e il basso Piemonte. I comunisti, i democristiani. Le ragazze. Quel Dio che non salva la bambina malata (“neppure Dio fa di sé quello che vuole”).  Il vecchio bar “quasi osceno per quanto era triste”, sostituito da enoteche piene “di gente che fa roteare il calice e ci mette il naso dentro e dice: uh”. Legge i libri che forse nessuno conosce più: Claudio Magris, Giorgio Voghera, Camillo Berneri, Sergio Quinzio, il Dostoïevski che racconta del diavolo che porta carrettate di pane ai bambini. Trova un conradiano compagno segreto, forse un alter ego o forse no, Giacomo, che gli parla spesso di un vecchio film di Vittorio de Sica con Alberto Sordi, Il boom: un uomo dei primi anni Sessanta, quelli del miracolo economico, che per continuare a garantire un certo tenore di vita (la casa, le vacanze, i bei vestiti, le cose giuste) alla bella moglie, si vende un occhio. Quell’uomo è esattamente l’Italia in  cui siamo nati e cresciuti. Giacomo è un compagno attraversato dal dolore (ma per tutti il dolore degli altri è dolore a metà, scrive de André).

Una volta va sulle colline,  mescola benzina con un liquore (il Rosso Antico), prepara una specie di bottiglia incendiaria, di Molotov, e incendia il prato. Perché gli piace, vedere i prati bruciare. Due ragazzi meravigliati che vedono i prati bruciare, sono il sacro. Come la nonna Lisetta che, quando la chiamano, dice: “zitti un momento che devo pensare”. E Giacomo che si innamora di una massaggiatrice cinese, piccola come la luna, che mette via i soldi per comprare una casa in Cina. E infatti un giorno sparisce per sempre, senza una parola né un saluto.

Il sacro è un angelo che (simile a quelli di Wim Wenders e Peter Handke) “ci apparve mentre stava uscendo dal bagno, aggiustandosi la cerniera. Con il segno di qualche goccia di acqua o di orina sui pantaloni marroni”. Un angelo impacciato, goffo. C’est ce que j’ai d’inhabile, d’incertain qui est bien moi-même, scrive Paul Valery (E’ quel che ho di inabile, d’incerto che è davvero me stesso). E in quell’angelo goffo che svela il sacro, in ogni libro che, come questo, racconta un mondo, c’è tutto il mondo.

Maurizio Puppo

IL LIBRO:
I prati bruciare, di Gianni Priano, Temposospeso 2025, pp. 178 + XVI, 16 €. Scheda del libro sul sito dell’editore. Disponibile anche su Amazon.
In copertina: Antonio Mancini, Prevetariello, olio su tela, 1870, dettaglio.

L’AUTORE:
Gianni Priano è nato a Genova nel 1962, ha studiato Filosofia, insegna, vive tra Genova e il Basso Piemonte, ha tre figli, e scrive. Libri di poesie (L’ombra di un imbarco, Torino, 1991, Città delle Carle infelici Cuneo, 1994, Nel raggio della catena Borgomanero, NO, 2001, La Turbie Rovigo, 2004, Rossocuore Genova, 2009. Un testo di semi-critica letteraria: Le violette di Saffo (Il Ponte del Sale, 2011). Con Pentàgora ha pubblicato Gioghi di parole (2018), Stradiario Genovese (2019, con Simona Ugolotti) e Le parole e le bestie. Quasi un abbecedario… anzi due (2021, con Barbara Bizzarri e Simona Ugolotti). Nel 2020 è uscito un cd di canzoni con testi suoi e musica e voce di Giovanni Peirone, Non è niente. E adesso, I prati bruciare, temposospeso.

LINK INTERNI ALTRITALIANI:

Un libro Una città – Genova in ‘Stradiario genovese’ di Gianni Priano

Rubrica Un’estate italiana. Di Gianni Priano: ‘Ultima Estate’

Article précédentCinema: Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi sbarca in Francia.
Article suivantTutti al cinema! Programme du Festival du cinéma italien de Montélimar-Le Teil-Cruas
Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.