Una fiaba a sfondo filosofico: la famosa caverna di Platone, un film della regista Alice Rohrwacher e dello street-artist francese JR che ha stupito questo anno alla Mostra del cinema di Venezia. Un articolo di Armando Lostaglio.
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Nell’autunno scorso lo street-artist JR aveva realizzato sul Palais Garnier dell’Opera de Paris una spettacolare opera in due atti. Titolo era Retour à la Caverne con evidente omaggio al mito della caverna di Platone, scritto nella “Repubblica”. La facciata del palazzo diventa per l’artista il supporto di una tela inducendo lo spettatore ad una illusione di guardare oggetti reali su superficie bidimensionale. L’artista pose poi in atto uno spettacolo teatrale con musicisti e ballerini che danzano sul palco verticale della facciata.
Tale espediente artistico aveva colpito la regista Alice Rohrwacher e così decidono di realizzare il cortometraggio Allégorie citadine presentato alla 81. Mostra di Venezia. Il film, di 21 minuti, dovrebbe circolare nelle rassegne e nei circuiti d’essai.
Evocativo è dunque il mito platonico e quanto potrà essere potente un’immagine nel rompere le catene delle nostre percezioni rivelando nuove realtà. Il film ci pone al cospetto di interrogativi su cosa significhi essere prigionieri delle immagini e delle narrazioni della nostra quotidianità. Alice Rohrwacher conserva il suo approccio allegorico mostrato in precedenti film come La Chimera e Lazzaro Felice, mentre JR, da artista visivo, mantiene vive le sue provocatorie installazioni urbane.
JR aveva già avuto incursioni nel mondo del cinema insieme ad Agnès Varda, con Faces Places, in cui hanno sondato arte pubblica e comunitaria.
Il soggetto di Allégorie citadine appare sobrio: una giovane madre parigina (interpretata da Lyna Khoudri) è in ritardo per la sua prova di balletto, ufficialmente a causa della presunta malattia del figlioletto Jay (Naïm El Kaldaoui), il cui sguardo diventa l’innocente metafora dello spettatore-critico.
Uno degli aspetti più affascinanti del film è la sua capacità di fondere l’arte cinematografica con la filosofia classica. L’esperienza del fanciullo diventa un viaggio di scoperta e di rivolta ad un tempo: evocando l’idea della caverna, emerge una città vivace, che nasconde segreti. “Ci siamo chiesti – afferma la regista – cosa accadrebbe se riuscissimo tutti insieme a voltarci verso l’uscita della caverna… Forse non basta affermare che le immagini sono illusioni finché le catene che ci legano sono reali”.
Acquisito questo, allo spettatore/critico rimane l’opera visiva nei suoi perimetri emotivi e ciascuna valutazione potrà e dovrà tener conto della propria esperienza culturale. Il critico saprà anche “leggere” e proiettarsi ben oltre quanto un regista riesca a manifestare nelle sequenze del film fra interpretazione e visionarietà, acquisizione di luoghi ed ambiti interiori.
Il platonico mito della caverna e la sala di proiezione conservano una similitudine emozionante: uomini fermi, incatenati, ed un fuoco acceso alle loro spalle che proietta ombre sulla parete davanti ai loro occhi. Quando usciranno all’aperto proveranno smarrimento, scoprendo che quanto visto e conosciuto è solo un’ombra del mondo reale. La moderna sala buia crea il medesimo turbamento nel ritorno alla luce. Il critico può allora intercedere fra la storia partecipata al buio e la (luminosa) oggettività circostante.
In un dialogo shakespeariano – Otello – Desdemona chiede a Iago: Che scriveresti di me, se dovesse lodarmi? e Iago risponde: Non me lo domandate, gentile signora. Non so niente, se non critico”.
Armando Lostaglio
Allégorie citadine
Di Alice Rohrwacher, JR
Con Naïm El Kaldaoui, Lyna Khoudri, Leos Carax
Distribuzione: https://www.advitamdistribution.com/films/allegorie-citadine/