Una serie di “storie controcorrente” che in aperta rottura con il sistema esclusivo dell’arte si vogliono risolutamente provocatorie, anticonformiste e in presa diretta sul nostro tempo, ciò accomuna i tre artisti esposti nella mostra bolognese di Palazzo Albergati visitabile fino a maggio 2023 : il celeberrimo e misterioso Banksy e due degli esponenti più influenti della nuova generazione italiana, Jago e TVboy.
Circa sessanta opere suddivise in quattro sezioni – le tre monografie e una quarta con tele di giovani emergenti ispirati ai medesimi – dialogano tra loro attraverso una concomitanza di stili diversi che scorrono fluidamente dalle icone classiche a quelle pop contemporanee per TVBoy, alla sperimentazione scultorea per Jago, alla pittura a spray e graffiti per Bansky. Primaria necessità per tale generazione di street artists resta il raccontare storie e farsi interpreti della realtà contemporanea uscendo dai canali elitari dell’arte per farsi portavoce di scottanti tematiche sociali o emergenze attuali quali il terrorismo, la crisi economica, l’ambiente, la violenza, il razzismo, la discriminazione. E ancora dare corpo e spazio a un’altra versione della realtà oltre quella politicamente corretta e ufficiale, oltre alla voce dei poteri forti o dei media dominanti, raccontando l’alterità, la marginalità, l’urgenza di un luogo e di un momento sui muri o gli edifici di una città.
Così nella prima sala introduttiva di Palazzo Albergati sono accostate tre opere simboliche nella poetica dei tre artisti in dialogo. Celeberrima la litografia di Bansky (2004) con uno dei suoi iconici topi sopravvissuti all’apocalisse e la scritta rossa colante in graffiti “Because I am worthless” che grida dai margini il suo inno alla libertà. Del 2005 è la scultura di Jago “Memorie di sé”dove un bambino viene letteralmente generato dalla testa di un adulto, nel suo involucro-cranio bianco di marmo scolpito quasi incarnandosi come pensiero e presenza auto-generata nell’universo. Infine è l’autoritratto ironico di sé per TvBoy come icona pop nei panni della Gioconda mentre il giovane artista si incarna e rinasce in questa rivisitazione contemporanea del celebre ritratto.
Jago, la nuova scultura italiana
La provocazione in Jago nasce già dentro e a partire dalla materia, dall’interno del blocco di marmo dove un’energia si ripercuote e una forma unica emerge e a poco a poco si compone. Là, il pensiero si unisce al fondo materico plasmandosi all’esterno in figura alla ricerca di una visione personalissima e innovativa. Al centro del suo lavoro restano le immagini e le icone del presente che passano tuttavia, attraverso un procedimento esecutivo classico: dal disegno al modello al calco in gesso. Così in Airavata un piccolo elefante in marmo appare scavato dentro un sasso di fiume che diviene guscio, involucro ma anche gabbia in un atto di auto-generazione che unisce al simbolo della nascita quello di una prigionia primigenia.
Raccontare storie umane o personali attraverso la materia implica, anche d’altro lato, il confrontarsi alla “Grande storia” attraverso citazioni che si spostano dall’antichità classica al postmoderno in un modo quasi per introiettare la tradizione e rigurgitarla fuori dando ad essa nuova libertà ed espressione. Così appare il busto di papa Benedetto XVI esposto alla Biennale di Venezia ma rielaborato nel 2016 dopo la sua abdicazione con il titolo “Habemus Hominem” (2009). La figura risulta ora spogliata dell’abito, scarna e drammatica fino alla pelle nuda e le ossa, il volto mostrando due cavità vuote al posto dei lobi oculari. Uomo ora intagliato nella pietra, segnato nel viso, deposto e denudato ma anche avvolto da una nuova, inattesa serenità nell’aurea che emana.
Altrove, nel 2018 Jago scolpisce una Venere classica privata della giovinezza e di ogni splendore estetico implicito nel modello originario. I segni del tempo marcano pesantemente il suo viso dai capelli rasati; l’imperfezione del corpo è colta nel passaggio del tempo che vi si imprime mentre un braccio ne ripara i seni cadenti con le non più giovani membra nella posa. Jago mostra un corpo la cui bellezza non sta nella perfezione delle forme ma nella verità di una storia, di una vita vissuta, di uno sguardo magnetico e indagatore che a sua volta si volge allo spettatore e rinvia a lui quella domanda sul senso della bellezza e dell’esistenza. In un altro gruppo di opere più recenti Jago ritorna al presente svincolandosi dalla storia: guarda ciò che attraversa il proprio tempo e gli dà forma scegliendo di diffondere direttamente il proprio lavoro attraverso i video e i social network. Così nasce “Apparato circolatorio” nel 2017 dove i trenta calchi di gesso raffiguranti l’organo cardiaco sono riflessi a specchio in una stanza mentre un video a ripetizione riproduce l’esatto movimento del cuore: il suo battito vitale, la sua pulsazione primigenia e inarrestabile espansa dall’interno come per dare vita a questo grande cuore fatto di mille battiti e pulsazioni lì convocati.
Nel 2019, Jago durante la missione “Beyond” dell’Agenzia Spaziale Europea è il primo artista a inviare una scultura nella Stazione Spaziale Internazionale che tornerà sulla terra solo nel febbraio 2020. “First baby” una piccola scultura fluttuante nello spazio rappresenta un essere umano nella sua forma embrionale: un feto nell’atto di formarsi circondato da un universo ugualmente in espansione proiettato come installazione. Là una galassia di punti luminosi in movimento riflette, di tanto in tanto, splendenti meteoriti tra le quali scintilla questa piccola creatura nell’atto di prendere corpo e venire alla luce sulla terra.
TvBoy, tra Urban art e icone contemporanee
Artista italiano della giovane generazione nato a Palermo ma cresciuto a Milano diventa uno degli street artist più noti del presente. Come Banksy incarna perfettamente il suo essere contemporaneo affrontando nell’arte tematiche urgenti e imprescindibili nella nostra società quali razzismo, discriminazione, ambiente, la violenza o l’immigrazione con uno stile implicitamente satirico e provocatorio. Sempre e comunque nelle sue opere si passa attraverso un metissage di forme e stili che spaziano dall’arte urbana alla pop art attingendo anche dai fumetti e dai videogiochi per produrre icone costantemente rivisitate tra passato e presente.
Così “The pearl earing selfie” (la ragazza con orecchino) appare come un rifacimento pop e contemporaneo del noto ritratto di Vermeer utilizzando una tecnica mista tra stencil per i contorni e pittura ad olio all’interno della tela. Riflessione implicita sull’uso pervasivo delle tecnologie e dei social nella società odierna la ragazza del ritratto appare, nella versione di TvBoy, di fronte a uno specchio intenta a scattarsi un selfie con il proprio smartphone. Nel forte realismo i contorni del volto riprendono perfettamente quelli dell’originale; la bellezza e la vivacità dello sguardo sembrano volgersi ammalianti allo spettatore, ma la nuova versione acquisisce visibilità immediata come fenomeno di comunicazione di massa e insieme critica implicita all’uso esasperante dei nuovi media.
Si tratta per questa generazione di artisti contemporanei di prendere la storia controcorrente ponendosi tra continuità e rottura rispetto ad essa attraverso i capolavori immortali dell’arte classica e moderna nella volontà di rileggerli, reinterpretarli in una visione ironica del presente. E ancora diffondere le proprie opere senza la mediazione di gallerie o dei canali ufficiali ma invece sui muri della città o su pagine indipendenti del web per raggiungere direttamente il grande pubblico. Così troviamo tra i lavori più noti dell’artista il celebre bacio di Francesco Hayez rivisto ai tempi del coronavirus con tanto di mascherine sul volto e amuchina gel sulle mani tra i due amanti. E ancora sono baci per lanciare un messaggio di amore universale a favore della battaglia per una piena libertà sessuale nei baci tra celebri icone pop come Messi e Ronaldo o tra le protagoniste della serie spagnola “La casa di carta”.
Prevalenti, infine, restano le tematiche sociali nel lavoro di TvBoy a cui egli vuole dare voce con ironia e provocazione contro assuefazione prodotta, al contrario, dall’usuale bombardamento televisivo. In alcune delle sue opere più note ritroviamo il tema dei diritti umani, l’emergenza dell’immigrazione in Europa o la lotta contro il razzismo. Così il ritratto del bambino annegato in mare durante la traversata del Mediterraneo ricompare con la pagella in tasca bocciando l’UE nel far fronte all’emergenza. Ancora, si staglia indelebile il volto di Giovanni Falcone leader della lotta antimafia nella sua esortazione ad “andare avanti” mentre Gino Strada tiene in mano il cartello stradale dalla scritta “stop war” o ancora una bambina contro un muro dipinge in vernice bianca il simbolo della pace impressa su “Hope”.
Banksy, lo “street artist” più controverso del mondo
Come non concludere questo excursus sulle voci controcorrente dell’arte oggi senza soffermarsi sul celebre e misterioso paladino della street art Banksy; lui, attento osservatore delle dinamiche sociali nell’arte contemporanea sceglie di mantenere l’anonimato ma i suoi graffiti e stencil sono diventati immagini-simbolo uniche della nostra contemporaneità.
Basti citare tra i suoi soggetti ricorrenti apparsi sui muri di svariate città nel mondo e entrati nell’immaginario comune gli animali emblema come gli iconici ratti (rats) che invadono simbolicamente i muri degli edifici con i loro messaggi colanti in inchiostro rosso – graffiti o stencil – in parole di marcata satira sociale contro l’establishment. Oppure, ancora, i messaggi ufficiali dell’autorità o dei colossi economici dominanti (Macdonald) sovvertiti riscrivendo ironicamente la verità della versione non ufficiale; infine le rivisitazioni iconoclastiche di note personalità del XX secolo come la regina Elisabetta o Churchill. Sono parte ormai dell’immaginario comune stencil come “girl with a baloon”, la bambina con il palloncino rosso simbolo di speranza e libertà, “flower thrower”, il soldato che getta fiori contro l’esercito o ancora “Ronald and Mickey Mouse”, satira ironica sulle atrocità della guerra in Vietnam vista attraverso il tema dell’innocenza violata.
Nella litografia “Fought the law” Banksy, parafrasando l’immagine di cronaca dell’attentato al presidente americano R. Regan nel 1981, pone sé stesso nei panni di Hinkley, l’uomo delirante che sparò cinque colpi di arma da fuoco senza causare vittime ne riuscire nell’atto. Dietro all’uomo ferito a terra braccato dai membri dei servizi segreti con una scia di vernice rossa colante ai piedi compare la scritta:“I fought the law and I won” dove ancora una volta si rimarca la rivolta dello street artist al discorso ufficiale e insieme l’opposizione alla violenza cieca delle autorità. Tuttavia, l’uomo a terra, suo alter ego, lascia cadere qui non un’arma da fuoco bensì un pennello intriso di vernice rossa suggerendo chiaramente che gli artisti di strada appaiono come criminali agli occhi della legge e come tali sono trattati. Ancora una voce controcorrente afferma in pochi tratti rapidi e immediati la sua dichiarazione di poetica; Banksy, l’outsider per eccellenza, è colui che utilizza come armi pennelli e colore, bombolette spray e vernici in tenaci dichiarazioni di satira fuori dai canali ufficiali – del mercato e dell’arte- riaffermando costantemente la sua innocenza e disincantata ironia.
Elisa Castagnoli
Palazzo Albergati
Via Saragozza, 28
40123 Bologna
Date al pubblico
11 novembre 2022 – 07 maggio 2023
www.palazzoalbergati.com