Lo scrittore Sebastiano Vassalli, candidato al Premio Nobel nel 2015, scomparve proprio in quell’anno. Uno straordinario modo per ricordarlo è il suo romanzo: Marco e Mattio, che ha al centro Venezia et le Dolomiti Val di Zoldo nel periodo napoleonico. Parte da una storia vera e si mescola poi ad una fantastica, ora fulcro di una Mostra itinerante, “Il romanzo di una valle. La storia editoriale di Marco e Mattio”, voluta per richiamare alla mente uno dei primi casi clinici della psichiatria moderna. Si inaugurerà il 14 marzo a San Servolo, isola di Venezia, al Museo di quello che fu l’Ospedale Psichiatrico (uno dei primi d’Europa). [Apprendiamo oggi 9 marzo che l’evento è stato purtroppo posticipato a data da destinarsi.]
Protagonista è Mattio Lovat, internato nel manicomio veneziano e poi morto di un male antico chiamato pellagra nel periodo napoleonico, dopo un tentativo di autocrocifissione, onde combattere, sacrificandosi, quello che credeva fosse l’Anticristo, cioè Napoleone Bonaparte. La sua vicenda di vita e di malattia s’intreccia al ricordo storico della Serenissima e della sua caduta con tutte le implicazioni del genere. Nato nelle Dolomiti a Casal di Zoldo nel 1761, Mattio morì a Venezia nel 1806.
Tale progetto culturale, lanciato dal comune di Val di Zoldo, porta d’accesso al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, luogo d’elezione di Vassalli, che lì ambientò il noto romanzo Marco e Mattio, è stato condiviso dai comuni di Belluno e di Longarone, dalla Fondazione di San Servolo, dal Ministero Istruzione Università e Ricerca-Ufficio scolastico regionale per il Veneto, in collaborazione con il Laboratorio di Editoria dell’Università Cattolica, del Centro Novarese di Studi letterari e di EduCatt.
La mostra accende le luci proprio su come il romanzo nasce in un luogo specifico, e su come i luoghi danno vita al romanzo. Corredata da appunti, foto, documenti, libri e corrispondenze epistolari di Sebastiano Vassalli e di altri testimoni, è stata allestita proprio nella sede dell’Ospedale Psichiatrico, a cura di Valentina Giusti e Roberto Cicala della Università Cattolica, e sarà inaugurata il 14 marzo – situazione sanitaria permettendo! – dalla nota scrittrice Antonia Arslan dell’Università di Padova e da Roberto Cicala alla presenza della moglie del defunto scrittore. Resterà aperta fino al 30 aprile.
Le “storie oscurate dalla Storia” hanno sempre interessato lo scrittore genovese Sebastiano Vassalli. Dopo il Seicento del suo più famoso romanzo: La chimera, Premio Strega del 1990, sceglie nel 1992 di scrivere dell’epoca napoleonica per raccontare la vicenda di “Marco e Mattio”.
È stato un matto che si è sacrificato per salvare il mondo, ma ne valeva la pena? È questo l’interrogativo sotteso alla narrazione di questo libro e l’autore pensa che Mattio rappresenti il polo positivo al contrario dell’altra storia parallela, inventata, quella del personaggio Marco, misterioso, antagonista, apparso, se vogliamo, già nella letteratura europea come l’incarnazione dell’ebreo errante o del demonio stesso.
Egli insegna a Mattio come liberarsi dalla nausea di vivere su questa terra, entro orizzonti esclusivamente umani, estraneandosi e vagabondando tra i corpi celesti mentre contempla il cielo. Mattio avrà almeno la possibilità, nonostante tutto, “di guardare il cielo stellato”, ribadisce l’autore e aggiunge: “La curiosità per la vita al di fuori dell’uomo, nelle erbe, negli insetti, nelle montagne, nei mondi lontani, è il legame che unisce tra loro i protagonisti della mia storia e li unisce al loro autore. È questa la ragione che mi ha spinto a cercarli e a farli rivivere”.
La vicenda drammatica, studiata e seguita dallo scrittore Vassalli, profondamente attento ai Casi umani sui generis (si era interessato alla psichiatria), pone ancora interrogativi circa il modo di vivere pericolosamente come Napoleone e di morire inutilmente, come Mattio per una causa inesistente
Gae Sicari Ruffo