Amedeo Modigliani e il dolce affetto che lo legò alla poetessa russa Anna Achmatova

Altritaliani

In occasione del centenario della morte di Amedeo Modigliani, seppellito a Parigi al Cimitero del Père-Lachaise, la sua città natale di Livorno gli dedica una bella mostra fino al 16 febbraio. Pubblichiamo per conto nostro con piacere lo scritto di Rita Bompadre che si è ispirata alla lettura di due libri di Anna Achmatova : “Amedeo Modigliani e altri scritti” (SE Edizioni) e “Le Rose di Modigliani” (Il Saggiatore). Ambedue ci riportano indietro nella Parigi dei primi del Novecento dove si incontrarono e raccontano implicitamente dell’intenso legame affettivo e intellettuale che li unì per qualche tempo.

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La natura indelebile del mito è la lontananza. Amedeo Modigliani (Livorno 1884 – 1920) non ha conseguito in vita la meritata affermazione della sua arte, né ha potuto assistere al successo delle sue opere, né diventare artista degno di ammirazione, ma ha avuto il privilegio di riuscire postumo a se stesso.

Postumi infatti furono i consensi, postumi i meriti e i giudizi estetici della critica ufficiale che, solo dopo aver reso indifferenza ed incomprensione, interpretava l’originalità e l’importanza dell’artista. All’uomo precedeva il mito, evocato per suggestione della memoria di una vita difficile e tormentata, di un destino infelice, di un’esistenza maledetta segnata da vizi ed eccessi.

A Parigi, dove giunge nel gennaio del 1906, Modigliani vive una avventurosa stagione bohémienne, rovinata dalla frequente mancanza di soldi, spesso spesi in alcool e hashish. Nonostante la sua produzione artistica si avvale di numerosi ritratti che restano invenduti perché nessuno sembra interessato al suo lavoro, solo con qualche “dessins à boire” (disegni realizzati negli abituali caffè che frequenta e assunti a merce di scambio), ottiene a volte ricompense.

È un artista eccentrico, raffinato e scostante, isolato e volutamente lontano dall’avanguardia. Modigliani è solo. Non ha radici, non è più tanto italiano, quanto parigino. Egli è solo nel luogo delle sue idee, in un tempo senza tempo, indipendente dal tempo della storia, appartenente al tempo del mito. Le sue opere rivelano una grazia appropriata e intuitivamente poetica, un sentimento interiore che dipinge sulla tela un’atmosfera calda e malinconica di intenso lirismo, testimoniano un’eleganza e una nobiltà misteriose, imprevedibili ed indefinibili. La sua immediatezza espressiva possiede una letteraria, commovente, rarefatta, sinuosa e ricercata magia che affattura i sensi.

Nell’aprile del 1917 conosce Jeanne Hébuterne, figura fondamentale che lo accompagnerà oltre l’irrimediabilmente sfrenato stile di vita, diventerà compagna e musa per oltre venticinque ritratti, nei quali si coglie una corposità quasi impalpabile, leggera ed angelica. Tragicamente la grazia e la delicatezza appaiono contemporaneamente al brusco declino esistenziale di Modigliani; la miseria, l’alcool e la droga alimentano profondamente il disordine e l’irrequietezza delle sue scelte.

Senza la retorica di una biografia romanzata, passionale e disperata, si racconta che la vita di Modigliani fu rovinata dalla paura di essere un fallito e si ricordano alcuni episodi emblematici: Modì che scappa all’inaugurazione della sua mostra, che getta i soldi nella Senna, che rifiuta un appuntamento con un importante mercante d’arte americano dicendo: “Io non ho appuntamento con nessuno”.

Pittore istintivo e contraddittorio, “maudit”, seduttore suscettibile, impaziente egocentrico, autore di una sensualità vibrante consumata nell’ardore e nella sregolatezza della sua breve vita.

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Anna Achmatova

In qualche modo lo intuì Anna Achmatova, la poetessa russa con la quale instaurò un’intensa relazione intellettuale ed affettiva nel 1910 e a documento di questo legame esiste il volume: “Amedeo Modigliani e altri scritti” pubblicato dalla Casa Editrice SE, Milano 2004. Spesso la memoria dell’amore è più forte e più viva di qualsiasi dichiarazione critica.

“…Probabilmente io e lui non si capiva una cosa fondamentale: tutto quello che avveniva era per noi la preistoria della nostra vita: la sua molto breve, la mia molto lunga. Il respiro dell’arte non aveva ancora bruciato, trasformato queste due esistenze e quella doveva essere l’ora lieve e luminosa che precede l’aurora. Ma il futuro che com’è noto, getta la sua ombra prima di attuarsi, batteva alla finestra, si nascondeva dietro i lampioni, intersecava i sogni e spaventava con la terribile Parigi baudelairiana che si nascondeva in qualche posto, lì accanto. E tutto il divino scintillava in Modigliani solo attraverso una tenebra. Era diverso, del tutto diverso da chiunque al mondo...”.

Testimone delle sue influenze culturali: “…Si occupava di scultura, lavorava in un cortile vicino al suo atelier…le pareti del suo laboratorio erano ricoperte da ritratti di incredibile lunghezza (dal pavimento al soffitto)…  In quel tempo Modigliani sognava l’Egitto, mi portò al Louvre perché visitassi la sezione egizia… disegnò la mia testa in acconciatura di regina egizia…”.

Sul suo operato lo scultore statunitense J. Epstein rivela una curiosità: “…Modigliani di notte sistemava delle candele in cima a ogni scultura: l’effetto era quello di un tempio primitivo”.

In un altro passo del libro, nostalgico ed illuminato da una indimenticabile complicità sincera, la poetessa rivive i suoi incontri con Modigliani:

“…. Mi portava a vedere le vieux Paris derrière le Panthéon, di notte, quando c’era la luna. Conosceva bene la città…amava errare per Parigi di notte e spesso ascoltando i suoi passi nel silenzio assonnato della via mi avvicinavo alla finestra e attraverso la gelosia seguivo la sua ombra che indugiava sotto le mie finestre. Ciò che era allora Parigi già all’inizio degli anni Venti si chiamava “vieux Paris e Paris d’avant-guerre”…

“…Fu lui a farmi conoscere la vera Parigi…Quando c’era la pioggia (a Parigi piove spesso) Modigliani camminava con un enorme ombrello nero molto vecchio. Talvolta sedevamo sotto questo ombrello su una panchina del Giardino del Lussemburgo, pioveva, una calda pioggia estiva, vicino sonnecchiava le vieux palais à l’italienne, e noi a due voci recitavamo Verlaine che tanto amavamo e sapevamo a memoria, felici di ricordare le stesse poesie…”

“…Una volta non fummo chiari nel darci appuntamento, ed io passando da lui non lo trovai a casa. Decisi allora di aspettarlo qualche minuto. Tenevo tra le braccia un mazzo di rose rosse. La finestra sulle porte chiuse del laboratorio era aperta. Non sapendo che fare mi misi a gettare rose nell’atelier. Poi, senza aspettare Modigliani, me ne andai. Quando ci incontrammo egli mi manifestò il suo stupore, come avevo potuto penetrare nella stanza chiusa se la chiave l’aveva lui? Gli spiegai quello che avevo fatto. “Non è possibile, erano sparse per terra così bene!”.

Anna Achmatova parla di una collezione privata di ritratti a lei dedicati:  “…Mi disegnava non dalla natura ma a casa mia e questi disegni me li regalava. Ne ho avuti sedici…”.

“…Negli anni convinta che un tale artista dovesse esser celebre, brillante, chiedevo di Modigliani a coloro che tornavano da Parigi, la risposta era sempre la stessa: non lo conosciamo, non ne abbiamo sentito parlare”.

“…Per molto tempo mi parve che non avrei sentito altro di lui…e invece sentii molte altre cose…”.

“…Quando, facevo parte della direzione dell’Unione degli Scrittori, nello studio di Aleksandr Nikolaevič Tichonov, allora erano di nuovo possibili i rapporti postali con l’estero e Tichonov riceveva molte riviste e libri stranieri, qualcuno, durante una riunione, mi passò il numero di una rivista d’arte francese. L’aprii. Una fotografia di Modigliani…una croce…un grande articolo tipo necrologio… Seppi dall’articolo che egli era un grande artista del XX° secolo (ricordo che veniva, in quell’articolo, paragonato a Botticelli), che su di lui c’erano molte monografie inglesi ed italiane…”.

“…Sempre circondato da un compatto anello di solitudine…ripeteva sempre: On communique. Spesso diceva: Il n’y a que vous pour réaliser cela”.

Rita Bompadre
Centro di Lettura “Arturo Piatti” (MC)

N.d.r. Amedeo Modigliani  avrebbe anche tratto spunto dalla figura di Anna Achmatova quando dipinse la cariatide “Mademoiselle Grain de Café”.

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Rita Bompadre
Rita Bompadre è operatrice culturale, scrittrice, poetessa. Vive e lavora a San Ginesio (Macerata). Socio Onorario dell’UNS - Unione Nazionale Scrittori e Artisti - Roma. Iscritta all’Albo degli Scrittori Italiani ed Europei - UNS Roma. Iscritta all’Albo dell’Ordine degli Scrittori Fernando Palazzi - Roma Gruppo Cultura Italia. Iscritta alla S.I.A.E. Sezione OLAF N° di posizione: 151750 nella qualifica di Autore Opere Letterarie dal 2004. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: “Collezione privata” (Bravi Edizioni, Macerata 1999), “Blu notte” (Bravi Edizioni, Macerata 2002), “Ad arte” (Bravi Edizioni, Macerata 2006). Ha partecipato con le sue opere a Reading poetici e Rassegne Nazionali di Poesia. Ha ottenuto Premi assoluti e Riconoscimenti al Merito Poetico in importanti concorsi letterari nazionali. Suoi scritti sono presenti in riviste e antologie poetiche nazionali ed internazionali. Dal 2019 è presente in varie testate on line con le recensioni di libri. Vedi anche: https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

2 Commentaires

  1. Ringrazio Rita Bompadre per aver ben delineato la personalità del nostro grande Amedeo Modigliani e per avermi fatto conoscere il suo rapporto intellettuale e affettivo con la poetessa russa Anna Achmatova.
    Cordiali saluti
    Rosella Centanni

    • Grazie a Lei per aver apprezzato il mio articolo. In occasione del centenario dalla morte di Amedeo Modigliani è importante riproporlo. Cordiali saluti, Rita Bompadre

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