Mala era una giovane ebrea polacca
che era stata catturata in Belgio e che parlava
correntemente molte lingue, perciò a Birkenau
fungeva da interprete e da portaordini, e come
tale godeva di una certa libertà di spostamento.
Era generosa e coraggiosa; aveva aiutato molte
compagne, ed era amata da tutte.
(Primo LEVI, I sommersi e i salvati)
Primo LEVI, nato 100 anni fa, il 31 luglio 2019, introduce così, con grande sensibilità, al libro di Frediano Sessi, scrittore e saggista mantovano che nel 2013 ha scritto una biografia anche su di lui e prima su Anna Frank.
Uscito per i tipi di Marsilio editore, poco fa, nella collana Specchi, l’esemplare libro di Sessi è una bella quintessenza di testimonianze che raccontano di una piccola grande donna, MALA ZIMETBAUM, che molto fece per i sopravvissuti di Auschwitz e da loro, soprattutto, è ricordata.
E forse, proprio per questo, la sua figura, sin dall’immediato dopoguerra, ha ispirato ricostruzioni e pellicole cinematografiche.
Come già fu per le prigioniere a Birkenau, Mala diviene anche per i contemporanei un simbolo della resistenza al male di cui Auschwitz fu l’imprescindibile punta di diamante.
Per dirla con Margaret Atwood:
“C’è la storia, poi c’è la storia vera, e poi c’è la storia di come la storia è stata raccontata.
Poi c’è quello che resta fuori dalla storia. Che è parte della storia”.
MALA (Malka) ZIMETBAUM: verità o leggenda ? Frediano Sessi tenta di mettere ordine in una vicenda in cui vita vissuta ed eco della leggenda si confondono. Dall’arrivo di Mala ad Anversa insieme alla famiglia di origini polacche, all’arresto e alla prigionia, prima nei luoghi di reclusione del Belgio occupato, poi ad Auschwitz-Birkenau, fino alla fuga dal Lager insieme al giovane polacco Edek Galinski e al tragico epilogo.
Ma necessario, per noi, oggigiorno, come lo fu ieri per le donne ebree e non ebree prigioniere a Birkenau, è il suo ricordo.
Tanto da non poterne far a meno…
E la lezione di vita di Mala, secondo Sessi è:
“(…) La sua ricerca di libertà, come atto di coraggio per recuperare proprio con la libertà, come aveva già fatto aiutando le sue compagne di prigionia, quella parte di dignità che sentiva persa e ostaggio dei suoi carcerieri.
Il suo vivere quotidiano in Lager è il segno di un amore incondizionato per l’umanità e insieme aspirazione a una vita felice. Non si può vivere felici – ci avverte Mala – se la condizione degli altri accanto a noi è di sofferenza e dolore.
Nel Lager, in condizione estreme Mala cerca di non perdere la sua dignità di donna e applicando la virtù dell’altruismo, accende anche per noi una luce nuova nel buio o nelle nebbie di una società che spesso ci invita a ricercare solo l’interesse individuale”.
Maria Cristina Nascosi Sandri